di Fabrizio Casari

Come previsto ma con velocità imprevista, ottenuta la fiducia delle Camere, Letta si è recato a rendere omaggio a Berlino. Nemmeno un passaggio veloce al Quirinale, che non è tempo di proconsoli: direttamente a corte, a riferire e a chiedere, rigorosamente in ginocchio, un via libera al suo programma e, soprattutto, un’apertura, anche minima, verso una nuova fase.

Solo così, infatti, il neonato governicchio potrebbe trovare un qualche sostegno dai mercati. Unione bancaria, fiscale, economica, politica: le parole con le quali Letta prova a dimensionare strategicamente un governo che non ha nemmeno spessore tattico, sono puro artificio retorico, termini obbligati per distrarre dalla polvere accumulata sulle ginocchia. Che la Cancelliera Merkel si faccia convincere a invertire o anche solo modificare le politiche rigoriste, che hanno garantito il maggiore surplus della storia per la Germania a danno delle altre economie europee appare decisamente comico.

La partita vera si gioca su due tavoli, uno a breve e l’altro a medio termine. Si gioca nell’immediato sulla richiesta di aiuti per ovviare alla ridotta liquidità se si volesse operare sulla riduzione o abolizione dell’IMU, come chiede Berlusconi, azionista di maggioranza del governo insieme ad operazioni contabili (già suggerite da Monti) per migliorare il quadro d’insieme nei parametri tra debito e PIL.

L’altro si gioca su una riduzione delle misure di tenuta sotto controllo del debito che causano recessione; viene declinata sotto forma di sostegno alla ripresa, ma in realtà si tratta di un’impresa disperata, stabilito che la forza politica dell’Italia, della stesa Francia e degli altri paesi europei non trova terreno unitario, essendo ancora dominante il virus monetarista che impedisce di affrontare il differenziale tra PIL e debito aumentando il primo invece che riducendo il secondo.

Le politiche per la crescita, lo sanno tutti, prevedono un allentamento della psicosi inflattiva, giacchè non vedono un punto o due in più d’inflazione come minaccia mortale; anzi, lo ritengono inevitabile per costruire la ripresa economica, unico volano per migliorare nel breve, medio e lungo termine, la condizione dell’economia europea. Prevedono altresì un sostegno diretto all’occupazione, necessario per riequilibrare socialmente i diversi paesi e fondamentale per far ripartire i consumi, unico volano per ricostruire il ciclo vitale di produzione, distribuzione e consumo.

Non c’è più spazio per manovre recessive e, pur essendo urgente un riordino della spesa pubblica con il taglio di quella improduttiva (fatta di corruzione, sprechi e clientele, enti inutili e consulenze d’oro, dotazioni costose e vergognose), è arrivato il momento di considerare il recupero dell’attività produttiva con investimenti pubblici e la riduzione del cuneo fiscale (unica via praticabile per la riduzione del costo del lavoro) per i privati che riaprano il mercato del lavoro, cui prima la speculazione poi i dotti incapaci dei Monti-boys hanno sferrato pugnalate mortali.

Sarà il governo di Letta nipote ad approntare le misure necessarie? I curricula di molti dei suoi ministri sfuggono con destrezza al rigore delle competenze con il quale ci hanno decantato negli ultimi venti anni la cosiddetta autoregolamentazione del mercato del lavoro. In un paese nel quale persino il personale ausiliario nei servizi deve esibire titoli e certificazioni, il governicchio Letta propone senza cenno di vergogna ancelle improbabili del merito.

A cominciare dalla signora Lorenzin, spedita ad amministrare una delle due gambe fondamentali della spesa pubblica, la sanità, senza avere non solo le competenze specifiche, ma nemmeno la cultura generica, essendo priva di laurea e di ogni altro certificato che ne attesti cultura generale e competenze tecniche, a meno di non voler considerare la sua attività di segretaria di Paolo Bonaiuti come formativa per governare l’Italia.

La Meg Ryan de’ noantri (l’attrice americana ci perdonerà) dovrà gestire una macchina da circa 110 miliardi di Euro l’anno senza aver avuto mai nessuna esperienza nel settore.

Lo stesso dicasi per Nunzia Di Girolamo, ormai nota come signora Boccia, che va ad occuparsi di un altro settore strategico, quello dell’agricoltura, vitale per la ripresa produttiva e per altre “banalità”, tipo la riduzione del differenziale tra import ed export. Quale competenza ha nel merito la signora? Nessuna. Non si tratta di non voler difendere la democrazia paritaria nei generi, ma le stesse donne impallidiscono a leggere funzioni e curricula. E l’elenco potrebbe estendersi lungamente.

Dunque Letta potrà recarsi in Europa a dire che serve l’unità di tutti i governi per invertire il ciclo e, contemporaneamente, dimostrare come l’Italia per prima non crede che i governi siano il luogo più alto della capacità politica e gestionale di un paese. Accettare i diktat del PDL sui nomi, oltre che sulla linea politica, è in fondo la premessa per accettare le bacchettate tedesche al primo segno di movimento delle dita per liberarsi dalla morsa. Sono il primo e il secondo tempo di una partita già persa. In fondo, la differenza tra un cristiano e un democristiano è tutta qui: il cristiano s’inginocchia davanti a dio, il democristiano davanti a tutto.


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