di Liliana Adamo

“Quegli aerei sono bidoni”, perentorio il Premio Nobel Dario Fo, ma lo è anche Fulvio Gagliardi, dell'Aeronautica militare. A chi servono gli F35? Cento aerei d’attacco, non certo destinati a cause “pacificatorie” sparse qua e là per il mondo. Aerei che costano miliardi, acquistati in un paese che, per ordinamento giuridico, ripudia la guerra.

Di nuovo in auge l’affaire F35, dopo che la spending review di Cottarelli li aveva inseriti nel conto spese in esubero e immediatamente recuperati dal Presidente Napolitano. E il governo è costretto a temporeggiare, rifilando l’ennesima “inchiesta”, senza peraltro aggiungere elementi decisivi a ciò che già si conosce: i cacciabombardieri Lockheed Martin rappresentano un’incombenza pleonastica, un bluff colossale, uno di quegli sciali pubblici che più scialo non si può.

Perdere tempo con un’altra indagine? Se proprio vogliamo tralasciare l’impegno che il nuovo governo si è assunto nei confronti del Parlamento in conformità a inchieste ormai consolidate da quindici anni, si dovrebbe evincere senza ulteriore sforzo cosa possa significare per la nostra economia quel contratto d’acquisto sottoscritto dall’allora governo Berlusconi.

Si scelse l'acquisto prevedendo chissà quali pericoli immaginari e soprattutto, la congrua spesa di 99/106 milioni di euro per ogni aereo (9 miliardi circa per l’intera flotta, senza contare spese di manutenzione e management, stipendi per piloti, collaudatori, hangar e altri servizi aggiuntivi). Basterebbe consultarsi con quel milione di’italiani rimasti senza lavoro, cassaintegrati, esodati e avere risposte in merito.

Resta un dato inconfutabile, cioè che l’F35 così com’è impostato, è sostanzialmente difettoso, a conferma dei test giunti direttamente dal Pentagono, con risultati acquisiti e pubblicati sui giornali di mezzo mondo. In Italia, La Repubblica li esibiva già dieci anni fa, come Spiegel online, il magazine tedesco, sosteneva esplicitamente che, in termini d’efficacia nelle performances, il jet ordinato dalla nostra Difesa sarebbe addirittura inferiore al “vecchio” prototipo! Gli stessi collaudi effettuati nel quartier generale della Difesa americana, hanno fatto registrare un’enormità di difetti, tali da renderne problematici costruzione e uso; difetti, tra l’altro, non recuperabili perché legati in modo indissolubile al progetto definitivo avanzato dalla Lockheed.

E se non bastasse, Fulvio Gagliardi, ex ufficiale dell’Aeronautica militare, aveva già presentato un’istanza di “dissuasione”, raccogliendo lo scorso anno, trentamila firme contro l’acquisto dei caccia americani. Attenzione, non parliamo di un accanito pacifista che si rivolge al sito Change.org, ma di un profondo conoscitore in materia, brillante ingegnere aeronautico, esperto dei più importanti programmi militari europei (Tornado, Eurofighter, ecc.): “Lo scenario operativo degli F35 può essere al massimo quello degli Usa di una decina d’anni fa…” .

E ancora: “Abbandonando il programma F-35, diciamo l’anno prossimo, potremmo avvalerci di uno europeo che coinvolga i veri Paesi d’Europa quali Italia, Germania, Francia e Spagna, possiamo mettere sul piatto della bilancia il know-how che abbiamo acquisito e partecipare da leader. Questo sarebbe il vero programma per un aereo di sesta generazione costruito su un requisito operativo più aggiornato e veramente nostro. Le prime spese di definizione e sviluppo saranno più basse e potremmo rinviare spese più grosse a quando la nostra economia sarà più forte…”.

Come spesso accade, al senno si presta poco ascolto. Se il “piano” Renzi aveva in serbo l’abolizione di un progetto ormai obsoleto legato all’acquisto d’aerei inutilizzabili e difettosi, la notizia è subito rimbalzata presso alcuni “centri di potere” innervosendo alti gradi del nostro apparato militare e gli americani, così che il Capo dello Stato, nella persona di Giorgio Napolitano, si prepara a un nuovo colpo di mano a difesa dei F35, rischiando nientemeno lo scontro con il Parlamento. Attraverso il Consiglio Supremo di Difesa, il Presidente fa sapere che l’attuazione della legge 244 (approvata nel 2012), non prevede sia lo stesso Parlamento ad avere il veto sulle spese della Difesa. In pratica, quei soldi non si toccano.

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