di Rosa Ana De Santis

Il Ministro Alfano, chiede il vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, e il presidente del Gruppo Forza Italia a Palazzo Madama, Paolo Romani, deve riferire sulla missione “Mare Nostrum”. Per molti un conto aperto, insostenibile e un taxi low cost per gli immigrati. Dal 18 ottobre 2013 - quando l’operazione è partita - ad oggi, sono stati salvati oltre 20 mila migranti.

Forze Armate e di Polizia insieme per attività di controllo militare, ma soprattutto per azioni umanitarie. Costi altissimi: dai sei ai nove milioni di euro se non di più.

Mentre da Lega e alcuni di Forza Italia arriva il monito a sospendere quella che si sarebbe rivelata un’attrazione facile per i clandestini quindi, altri, come l’On. Carfagna, ne difendono il valore e l’utilità.

L’operazione non è una ricetta, né tantomeno un costo trascurabile per il nostro governo, ma la questione sospesa sulla richiesta di diritto d’asilo e l’ecatombe ripetuta dei morti in mare non permettono al momento altre strade: i naufraghi vanno salvati e la Corte Europea ha già ampiamente condannato l’Italia per certe condotte sui respingimenti nonché su detenzione nei centri di espulsione e le orride condizioni cui tutti gli immigrati sono sottoposti senza preventive procedure di analisi dei loro casi e delle loro domande di asilo.

Ad oggi il bilancio dell’operazione grava sui conti della Difesa. Magari la commessa dimezzata (ma sarà così?) degli F35 potrà portare a spostare risorse su questo fronte di nobile e prioritario impegno per salvare vite umane in fuga.

Un dato è certo: l’Europa condanna, ma non c’è alcuna sinergia concreta di azione né di spesa con l’Italia che per sua collocazione geografica diventa il primo approdo dei disperati verso l’Occidente, ma non può diventare l’unico soggetto geopolitico ad affrontare un dramma umanitario che per numeri e imponenza supera la capacità di accoglienza dentro i confini nazionali. Una stima per difetto del governo parla di seicentomila ingressi. Persone e storie che spesso vanno altrove, spesso vengono accompagnate alla frontiera, spesso rimangono invischiate nelle carte infinite della burocrazia.

“Mare Nostrum” è nata in ogni caso per tamponare un’emergenza umanitaria e non come politica per l’immigrazione. Questo sfugge ai suoi detrattori schierati. Altrettanto è vero però che, se pur non fallimentare nei suoi propositi, la missione rischia di collassare per deficit economico e perché tutta la procedura post-sbarco arranca per limiti di risorse, per organizzazione e per i limiti intrinsechi ad una legge che ha criminalizzato la clandestinità.

Mare Nostrum porta soprattutto alla luce la debolezza dell’Italia nel consesso europeo. Non aver convinto che il dramma nelle acque di Lampedusa è stato ed è un dramma umanitario, un affronto per tutto il Vecchio Continente, è una sconfitta politica e non solo culturale.

C’è chi rievoca gli accordi bilaterali e chi pensando ai pasticci libici di Berlusconi con Gheddafi, cerca disperatamente migliori esempi per l’agenda di lavoro di Matteo Renzi e dei suoi Ministri. Nella moda del giovanilismo politico non c’è tema, più di questo dei migranti, che obblighi proprio le nuove generazioni a misurarcisi con coraggio e senso di sfida.

Le premesse “culturali” sulla cittadinanza per ius soli, con cui Renzi ha iniziato il suo impegno di governo, fanno ben sperare. Poco di peggio potrà accadere dei resti di povertà e di memoria: foto,  ciabatte, stoffe lise senza nome che la risacca spinge sulle coste più belle e ricercate del turismo italiano.


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