Come già aveva fatto la scorsa settimana la Camera, anche il Senato ha dato via libera alla nuova legge elettorale denominata “rosatellum”. Prende il nome da Ettore Rosato, il parlamentare PD che l’ha presentata offrendo il suo nome ad una legge visibilmente pensata e voluta a livelli ben più alti del suo.

La nuova legge è infatti il suggello dell’alleanza di governo tra il PD di Renzi e il Centro-destra di Berlusconi; ma non siamo di fronte ad un disegno strategico di Grosse Koalition, che avrebbe una sua – per quanto orrida – dignità. Siamo semplicemente all’applicazione (molto meno nobile) del Patto del Nazareno, versione più autentica del “partito della Nazione” della quale il “rosatellum” è solo il presupposto tecnico.



Va sottolineato l’atteggiamento degno del Presidente del Senato, che si è speso in ogni modo, nell’ambito delle sue funzioni, per evitare che il voto di fiducia obbligasse i peones a fare quadrato per imporre una legge che, per definizione, dovrebbe essere prodotto di una discussione ampia delle due Camere. A voto ultimato, giustamente Grasso ha scelto di abbandonare il gruppo del PD, compiendo un gesto di coerenza politica e morale ormai raro. Tutt’altro va sottolineato, invece, riguardo a Gentiloni, che ha scelto di porre la fiducia su una legge che è, per norma e consuetudine, una legge ad esclusiva prerogativa parlamentare. Aveva sempre negato di volerlo fare, ma pare che fare il contrario di ciò che si promette sia segno identitario del potere renziano.

La legge approvata è profondamente antidemocratica e vìola il principio della sovranità elettorale, perché costruisce a tavolino il peggior risultato di una consultazione: quello di impedire che chi ha più voti vinca, garantendo che chi perda possa sommarsi e restare in sella. Questa è la scommessa politica di Renzi.

La legge contiene peraltro alcuni elementi di incostituzionalità, a cominciare dalla limitazione oggettiva della libertà di scelta nell’esercizio del voto (proibito il voto disgiunto), dal non poter esprimere le preferenze e non poter scegliere quali candidati votare (listino bloccato). Sul piano della tecnica elettorale la legge è pensata per un duplice obiettivo politico: impedire una vittoria del M5S ed una affermazione significativa di MDP-Art.1.

Come tutte le manifestazioni di cretinismo parlamentare, vi è il convincimento che la tecnicalità del meccanismo del voto possa sopperire alla crisi politica che caratterizza il mesto incedere del renzismo e il crepuscolo del berlusconismo.

Stupisce la logica con la quale il PD ha deciso di suicidarsi, dal momento che, stando alle indicazioni venute dal voto referendario di domenica scorsa, nel Nord del paese l’armata renziana non otterrà nemmeno un collegio. Difficile che ne ottenga in Sicilia, che da sola elegge il 10% del Parlamento; potrà contare su Emilia, Toscana, Umbria e Lazio e, con qualche difficoltà in più, Calabria, Basilicata e Molise. D’altra parte, risulta decisivo lo stesso meccanismo elettorale, che nega il voto disgiunto e, con esso, la possibilità di costruire una coalizione a sinistra, di ampliare cioè il campo.

Quanto alla presunta necessità del "voto utile", conviene ricordare che se davvero l'obiettivo fosse quello di fermare le destre, la legge elettorale avrebbe dovuto permettere la più ampia delle coalizioni senza la coercizione del voto di lista. E' stato fatto tutto il contrario proprio perchè l'obiettivo non è la battaglia contro la destra ma il governo con essa.

Il bisogno di schiacciare ciò che sta alla sua sinistra si rivelerà il boomerang peggiore del renzismo, perché ciò che sta alla sua destra non ha peso elettorale specifico. Per la stessa logica, invece, Forza Italia sarà il dominus del centro-destra, facendo il pieno dei voti sia nell’area più becera attraverso Lega e Fratelli D’Italia che nell’area della destra meno urlante.

A questa seconda area si rivolgerà il rinnovato Berlusconi, capace di raccogliere anche il voto moderato che Renzi individuava come obiettivo strategico per ampliare il consenso del PD e per il quale ha deformato identità l’identità di sinistra e progressista del suo partito.

Certo, si ritiene in quel del Nazareno che l’accordo con Berlusconi garantirà il sequel del governicchio. Da anni ormai gli ascari del berlusconismo come Verdini, con il ricorso quotidiano al voto di fiducia garantiscono tanto la sopravvivenza del governo a guida PD come anche l’ammortizzazione di eventuali scosse di dignità parlamentari e la legge approvata garantirà che il meccanismo già sperientato con successo sarà riproposto anche nella prossima legislatura.

E che l’accordo di co-governo tra Renzi e Berlusconi sia blindato è confermato dal fatto che mentre Forza Italia e Lega offrivano i loro parlamentari per il voto di fiducia sul “rosatellum”, il governo s’impegnava a garantire il sostegno a Mediaset nello scontro finanziario e giudiziario con Vivendi. Uno delle molteplici maglie della rete d’interessi che lega i due leader e che ha consentito agli ultimi due governi di vivere e agli interessi di Berlusconi di prosperare.


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