Cos’hanno in comune il reddito di cittadinanza e le commedie sexy all’italiana? Oltre a Lino Banfi quale nume tutelare, da qualche giorno i due universi condividono un possibile esito comico. Tutto comincia con una scoperta. Dopo averci riflettuto bene, la Lega ha realizzato che il sussidio pentastellato potrebbe indurre gli italiani a truffare lo Stato in un modo particolarmente difficile da smascherare. Cioè divorziando o separandosi per finta.

 

In sostanza, una coppia felicemente sposata potrebbe mettere fine al matrimonio solo per incassare due redditi di cittadinanza da single anziché uno da famiglia (la differenza vale alcune centinaia di euro al mese). Oppure, ancora peggio, la messinscena potrebbe garantire il sussidio a chi non ne avrebbe diritto, perché il suo Isee familiare eccede la soglia prevista dalla legge.

 

 

Sembra un’assurdità, ma è più che plausibile. Non ci vuole poi molto: basta una domanda congiunta di separazione alla cancelleria del tribunale e qualche documento. Senza contare che dal 2015 è in vigore in Italia la legge sul divorzio breve, grazie alla quale è possibile archiviare un matrimonio dopo soli sei mesi di separazione (prima erano il doppio, nel migliore dei casi). Non serve più nemmeno andare in tribunale: è sufficiente una negoziazione assistita con l’aiuto di un avvocato, oppure basta andare al Comune di residenza di uno dei due coniugi o in quello dove è stato celebrato il matrimonio. E voilà: due redditi invece di uno (o invece di zero).

 

Ora la domanda è: come farà lo Stato a difendersi da quella che sembra una truffa perfetta? Per fortuna di tutti noi, le meningi leghiste hanno partorito una soluzione a dir poco brillante. Un emendamento al decretone presentato in commissione al Senato stabilisce che, per chiedere il reddito di cittadinanza, gli ex coniugi dovranno certificare di non risiedere più nella stessa casa.

 

Come? Con “apposito verbale della polizia municipale”. Dall’obbligo sono esentate le coppie separate o divorziate prima dello scorso settembre, perché – ovviamente – è inverosimile che la simulazione truffaldina sia avvenuta con tanto anticipo.

 

A questo punto si pongono due problemi. Primo: come la mettiamo con i separati in casa? Li proibiamo per legge? È verosimile che una persona con difficoltà economiche non possa permettersi di andare a vivere da sola senza il supporto finanziario dell’ex coniuge: non è paradossale escludere proprio questa categoria dal reddito di cittadinanza?

 

Secondo, ed è qui che arriviamo alla commedia sexy, come dovrebbero avvenire i controlli della polizia municipale? Immaginate la scena: un vigile suona alla porta, entra e inizia a perlustrare casa in cerca del presunto ex coniuge. Guarda sotto al letto, dentro l’armadio, nella doccia, magari sul cornicione. Proprio come il marito sospettoso che torna a casa prima del previsto per sorprendere la moglie con l’amante, nella più tipica scena dei B movie all’italiana. Quelli con Lino Banfi – che oggi ci rappresenta con orgoglio all’Unesco – Edwige Fenech, Pippo Franco, Gloria Guida, Alvaro Vitali e altri eroi di questo rango.

 

Solo che, nel caso del reddito di cittadinanza, chi mente sui requisiti è punito con una pena da 2 a 6 anni di carcere. E non c’è mica tanto da ridere.

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