Il governo trova una scappatoia per uscire dal pantano della prescrizione, ma il rischio d’incostituzionalità rimane dietro l’angolo, insieme al ditino accusatore di Matteo Renzi. Il lodo Conte bis - su cui convergono M5S, Pd e Leu - prevede un doppio binario: dopo il processo di primo grado, la prescrizione prosegue per gli assolti, mentre si blocca per i condannati; poi, al termine dell’appello, se la condanna viene confermata la prescrizione muore definitivamente, mentre in caso d’assoluzione l’imputato la recupera con una specie di bonus. Sembra un pasticcio, vero? Perché è un pasticcio.

Innanzitutto, non si capisce in che modo questa soluzione salvi la legge dalla falce della Consulta. La presunzione d’innocenza, il diritto alla difesa e quello alla ragionevole durata del processo sono princìpi costituzionali validi per tutti i cittadini, mentre il lodo Conte bis - di fatto - limita queste garanzie a chi viene assolto in primo grado. Di certo, il problema non si risolve concedendo una prescrizione posticcia agli assolti in secondo grado, perché a quel punto l’imputato può aver già subìto un processo di durata irragionevole.

In altri termini, se il diritto del cittadino è già stato violato, il riattivarsi della garanzia è completamente inutile. Le uniche eccezioni sono i (pochi) procedimenti in cui il Procuratore generale si oppone all’assoluzione pronunciata in appello: in quel caso il ricorso in Cassazione diventa impossibile se il reato è prescritto. D’altra parte, questo non basta a sanare la violazione dei diritti costituzionali dell’imputato fra il primo e il secondo grado di giudizio.

Sul versante politico, in ogni caso, il compromesso firmato Conte è un esercizio di equilibrismo che terrà insieme la maggioranza almeno per qualche altro mese. Martedì la norma sarà inserita nel decreto Milleproroghe e sostituirà la disciplina prevista dalla legge Bonafede (che blocca sempre la prescrizione dopo il primo grado). Una volta approvato l’emendamento in commissione, il ministro della Giustizia presenterà in Consiglio dei ministri la sua riforma del processo penale. Nel frattempo, la sospensione della legge Bonafede sulla prescrizione farà decadere gli emendamenti di Lucia Annibali (Italia Viva) e di Enrico Costa (Forza Italia), che chiedono il rinvio delle regole entrate in vigore il primo gennaio. Quanto al Milleproroghe, va approvato entro il 18 febbraio alla Camera ed entro il 28 al Senato, pena la decadenza, perciò è scontato che il governo porrà una doppia questione di fiducia.

In questo modo, la maggioranza pensa di aver imbrigliato Renzi. Un decreto ad hoc per il lodo Conte bis avrebbe fatto il gioco dell’ex Premier, dandogli tempo e spazio per alimentare polemiche e ricatti. Di fronte alla trovata dell’emendamento al Milleproroghe, invece, il leader di Italia Viva è costretto votare sì, piegandosi al volere degli alleati. Se facesse cadere il governo - lo sanno tutti - si autocondannerebbe alla scomparsa, visto che il suo partito galleggia ancora intorno al 4%.

Renzi però ha già pronto il contrattacco: subito dopo l’entrata in vigore del Milleproroghe presenterà un disegno di legge (di cui sarà primo firmatario) per cancellare il lodo conte Bis e tornare alle regole della legge Orlando. Senza Iv, la maggioranza rischia di non avere i voti per bocciare la proposta al Senato, ma comunque il Pd si troverà nell’imbarazzo di dover rinnegare la legge di un suo dirigente di punta. E tutto questo fra marzo e aprile, ossia in piena campagna elettorale per le regionali di primavera.

Certo, se nel frattempo il governo riuscisse a mettere in tavola qualche nuovo progetto, il rilancio di Renzi sulla prescrizione potrebbe anche uscire dal cono di luce. Ma visto l’attivismo dell’esecutivo negli ultimi mesi, non c’è da sperarci.

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