Si fatica a capire quale sia la strategia politica di Enrico Letta per il futuro del Pd. Fin qui, l’unica certezza è che il nuovo segretario intende imprimere un’accelerazione sul versante della comunicazione. Rispetto alla soporifera bonarietà da curato di campagna di Nicola Zingaretti, l’ex Premier ha capito che per non sparire in una coltre di noia deve contrapporsi agli avversari/alleati. Il principale bersaglio è Matteo Salvini, attaccato sabato da Letta con il seguente Tweet: “Molto bene. Il decreto Sostegni interviene su salute, scuola, turismo, cultura e aiuta lavoratori e imprese. Bene Draghi. Bene i ministri. Male, molto male che un segretario di partito tenga in ostaggio per un pomeriggio il Cdm (senza peraltro risultati). Pessimo inizio Salvini”.

 

L’intenzione è lodevole, perché stare al governo con Salvini lasciando spazio alla sua campagna elettorale permanente e solitaria sarebbe un suicidio. Il problema riguarda i contenuti. Purtroppo, non è vero che il leader leghista non ha ottenuto risultati: ancorché depotenziato, il condono fiscale nel decreto Sostegni c’è eccome. E il cappello sul provvedimento è quello della Lega, che può continuare a presentarsi come l’eroico salvatore degli evasori fiscali italiani.

Quale sarebbe invece il successo del Pd? Il rinvio del blocco dei licenziamenti fino all’autunno per le aziende che non possono accedere alla cassa integrazione ordinaria? Forse. Peccato che nessuno sia stato in grado di presentare questo provvedimento come una vittoria del Partito Democratico a difesa dei lavoratori più a rischio. Il povero ministro Orlando ha il carisma e le capacità comunicative di un casello autostradale, e quando va in televisione non è nemmeno capace di spiegare la questione in termini semplici e comprensibili a tutti.

Più in generale, il Pd targato Letta può anche aver maturato una generica volontà di contrapposizione alla Lega, ma non ha ancora capito che per farlo dovrebbe avere nel proprio programma di governo almeno due o tre punti di sinistra. Lo ius soli è sul serio “una questione di civiltà”, ma buttare il tema sul tavolo in modo superficiale significa bruciarlo. Secondo la maggior parte delle persone, “ius soli” significa che le africane incinte sbarcano in modo irregolare in Italia, partoriscono e il loro bimbo diventa automaticamente italiano. Com’è ovvio, “ius soli” non vuol dire questo, ma negli ultimi anni nessuno nel Pd è riuscito a spiegarlo in modo chiaro agli italiani.

Eppure, al di là di questo, fra i vari temi che poteva rilanciare in questo momento, com’è possibile che Letta abbia pensato proprio allo “ius soli”? È stato come dare un’arma carica a Salvini e a Meloni dicendo: “Prego, sparatemi pure”. E infatti i capi della destra hanno immediatamente impallinato il leader dem sottolineando che – con le imprese che falliscono, i lavoratori che perdono il posto, il virus che stermina centinaia di persone al giorno – il Pd “pensa a regalare la cittadinanza ai clandestini”. Anche un bambino di otto anni avrebbe previsto questo esito.

Si può obiettare che Letta ha proposto anche altri temi. Ad esempio? Il voto ai sedicenni, la parità di genere, il freno al trasformismo parlamentare. A parte il primo punto, su cui si può discutere, le altre due proposte sono sacrosante. Il problema è che sono di buon senso, non di sinistra. Non hanno nulla a che vedere con le condizioni dei lavoratori, con i servizi pubblici, con la tutela dei deboli, con la lotta alla povertà.

Infine, il tema delle alleanze. Da quello che si è capito fin qui, Letta vorrebbe ricreare una specie di maxi-Ulivo dal Renzi a Leu, passando per gli altri cespugli di centro e per il M5S. E visto che nel frattempo ha anche archiviato il proporzionale, probabilmente pensa di poter riunire queste forze in un carrozzone da traghettare tutto insieme alle politiche del 2023.

Idea balzana quant’altre mai, visto che Italia Viva non ha alcuna intenzione di tornare con i grillini e punta a riunire i sedicenti “moderati riformisti” mettendo insieme +Europa, Azione e il resto del pulviscolo centrista (con il sogno di sedurre Forza Italia, quasi insignificante nel centrodestra ma ancora oggetto dei desideri renziani).

Alla fine della fiera, quindi, il dubbio rimane. È davvero questa la strategia di Letta per rilanciare il Pd? Se lo è, la destra ha di che festeggiare.

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