Il Movimento 5 Stelle ha presentato ricorso contro l’ordinanza con cui la settimana scorsa il Tribunale di Napoli ha sospeso vertici e statuto. Non era la strada indicata da Beppe Grillo, che avrebbe preferito una trafila più lunga: il primo passo doveva essere una votazione su Rousseau per eleggere il nuovo comitato di garanzia, che poi avrebbe modificato lo statuto permettendo, infine, l’elezione del nuovo presidente. Alla fine, però, ha prevalso la linea di Giuseppe Conte, deciso a imbarcarsi nella battaglia legale piuttosto che rischiare di impantanarsi in tanti, troppi passaggi burocratici.

Il ricorso poggia su un documento firmato dall’ex capo politico Luigi Di Maio e ripescato nella casella di posta elettronica dell’ex reggente Vito Crimi. Il messaggio risale al novembre del 2018 e contiene un verbale nel quale si afferma che alle successive votazioni online gli iscritti da almeno sei mesi non avrebbero potuto votare.

 

“In qualità di capo politico – scriverebbe Di Maio – propongo che lo stesso criterio per l’accesso al voto degli iscritti applicato alle votazioni e alle consultazioni su Rousseau venga esteso anche per le votazioni che hanno come oggetto la convocazione dell’Assemblea degli iscritti. Potranno quindi prendere parte a tutte le future convocazioni dell’Assemblea gli iscritti da almeno sei mesi con documento certificato”. Crimi avrebbe risposto esprimendo “parere favorevole” a nome del Comitato di garanzia.

Secondo il Movimento 5 Stelle, questo carteggio dimostra che la votazione dello scorso agosto – quella che ha eletto Conte presidente – non è irregolare, come invece sospettano i giudici proprio a causa dell’esclusione di 80mila iscritti su 170mila.

Tutto risolto? Purtroppo per i grillini contiani, la faccenda rischia di non essere così semplice. In base all’articolo 669 del Codice di procedura civile, il giudice può “su istanza di parte modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare”. Tradotto: il ricorso è ammissibile solo se Conte è venuto a conoscenza del regolamento dopo l’ordinanza del Tribunale.

Per questo Crimi, in un’intervista pubblicata domenica su Repubblica, si lancia in un’acrobazia fenomenale: sostiene che quel regolamento “era noto a tanti attivisti”, ma, guarda caso, non all’ex Presidente del Consiglio: “No, non glielo avevo detto. Era una prassi talmente consolidata, che lo davamo tutti un po’ per scontato. Mi sono dimenticato di farlo presente a Giuseppe, mi sembrava superfluo”.

C’è poi un altro aspetto poco chiaro: visto che per molti era un’ovvietà, non si capisce per quale motivo il regolamento (ammesso che tale si possa considerare uno scambio di email) non sia mai stato menzionato durante il dibattimento che ha portato all’ordinanza di sospensione. Sembra addirittura che le parti abbiano riconosciuto l’inesistenza di un regolamento specifico per la convocazione delle votazioni online.

Non solo: per l’elezione di Conte serviva la maggioranza assoluta degli iscritti, per cui – senza considerare quelli con un’anzianità inferiore a sei mesi – non era possibile raggiungere il quorum richiesto.

Tutto ciò considerato, anche se i giudici dovessero accogliere l’istanza di revoca dell’ordinanza, questo provvedimento sarebbe a sua volta impugnabile. È quindi prevedibile che la questione non si risolverà in fretta, lasciando il Movimento 5 Stelle a navigare acefalo e fratturato verso le amministrative di primavera. A proposito: le liste chi le scrive?

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