di mazzetta

Tramonta il sogno di un secondo mandato per Sergio Gaetano Cofferati, la crisi di rigetto di Bologna verso il suo sindaco sembra ormai irreversibile. Dopo i primi anni nei quali sembrava che l’unica fronda in città fosse quella della cosiddetta sinistra radicale, siamo ormai giunti alla resa dei conti tra il sindaco che volle farsi principe e la città che non ha mai sopportato gli autocrati. Ad accendere il game over sullo schermo di Cofferati è una robusta fronda interna ai DS locali, venuta allo scoperto con i pronunciamenti di Silvia Bartolini (ex candidata sindaco, sconfitta da Guazzaloca ai tempi) e Felicia Bottino dentro al partito e con l’insorgere contro il sindaco di numerose associazioni, che ai DS hanno sempre fatto riferimento. Da ultimo anche il filosofo Bonaga, che ha ritenuto di doversi pronunciare in modo netto contro la possibile ricandidatura del Sindaco, dichiarando la sua “delusione” a mezzo stampa. Pur esprimendosi con toni che non sono certo ultimativi e proponendosi come aiuto ad un sindaco in vistosa difficoltà, anche questi ultimi intervenuti nel dibattito cittadino sono stati presi a male parole da Cofferati, il quale ci ha pensato un po’ su e poi ha comunicato che si tratta di gente che complotta riunendosi in segreto (?) e che a motivarli è la fame di poltrone. Toni pesanti, con i quali il sindaco sostiene di difendere l’amministrazione dall’ingerenza del “partito”, ma che in realtà segnalano null’altro che la mancanza di argomenti di un uomo sordo alle critiche e politicamente ottuso. Non è difficile rileggere, con il senno di poi, la parabola di Cofferati fino a questi giorni. Eletto grazie ad una campagna elettorale durante la quale l’associazionismo bolognese ha speso molto per portarlo ovunque e mostrarlo nella miglior luce possibile, nonostante fosse stato di fatto “calato” in città da quei partiti che non lo volevano tra i piedi sulla scena nazionale (e si è capito perché), fin dal giorno della festa per la vittoria Cofferati indossò la maschera del Principe di Bali, rendendo noto che intendeva governare e non discutere di come governare.

Purtroppo Cofferati non è riuscito nel suo intento, non è riuscito a governare con efficacia e non è nemmeno riuscito a conservare il sostegno di quanti lo avevano votato. Confinato in una dimensione locale, fece subito capire che avrebbe cercato in ogni maniera di ottenere una visibilità nazionale a spese della città e dei suoi amministrati. Anche fuori da Bologna è giunta l’eco delle sue più discusse iniziative: dall’accanimento contro PRC e Verdi (poi usciti dalla giunta) a quello contro i baraccati, i lavavetri, i tifosi del Bologna, i bevitori di birra nella notte e gli osti che la servono e, infine, contro i gestori delle polisportive di quartiere, accusati di essere “abusivi” e dediti alla “illegalità”. Nella legalità Cofferati aveva trovato un argomento forte con il quale proporsi agli elettori, ancora più forte in considerazione del fatto che la popolazione (non solo quella cittadina) è molto anziana ed intimorita da anni di propaganda di centrodestra sui barbari alle porte. Tutto questo senza dare segno di voler intaccare ben altre e prospere illegalità quali affitti in nero, inquinamento atmosferico, condizioni di sicurezza sul lavoro. Tutte questioni che ricordano quali siano le illegalità nella condizione quotidiana per gran parte dei bolognesi.

Nonostante il trambusto, la situazione sul versante della legalità non ha segnalato significativi miglioramenti, mentre in parallelo andava al massacro il gradimento del sindaco presso settori sempre più vasti della cittadinanza. A peggiorare ulteriormente la situazione, “il principe” si è chiuso in un singolare autismo comunicativo; non risponde agli inviti al confronto, non risponde alle lettere aperte che sempre più cittadini ed associazioni gli inviano, non risponde alle sollecitazioni dei partiti e nemmeno a quelle della società civile; il che in una città nella quale il dialogo con le amministrazioni è sempre stato facile, non è piaciuto.

Alla fine se ne sono accorti anche i DS, che negli ultimi due anni avevano taciuto in tutte quelle occasioni nelle quali le parole di Cofferati erano suonate alle orecchie dei bolognesi come le unghie che graffiano la lavagna. Gutta cavat lapidem, goccia dopo goccia anche la pazienza dei diessini locali si è erosa fino a che i malumori dentro al partito, a stento trattenuti dalla dirigenza, non sono tracimati con grande fragore sulle pagine dei quotidiani locali, anche quelli fedelissimi come La Repubblica e l’Unità che fino all’altro ieri coprivano Cofferati, minimizzando le occasioni di frizione con la città.

Cofferati dice che a dare retta alla fronda diessina, la sinistra bolognese perderà le prossime elezioni, mentre i suoi avversari dicono di aver dovuto uscire allo scoperto proprio per evitare che alle prossime elezioni, lasciando le briglie sciolte al Principe di Bali, ci si ritrovi a raccogliere macerie. Questa seconda interpretazione sembra più vicina alla realtà di quella del sindaco, visto che in città sono ormai in gran numero quelli che hanno espresso l’intenzione di astenersi dal voto (o addirittura votare contro) se la sinistra dovesse ripresentare un candidato tanto alieno ai costumi cittadini e, soprattutto, tanto presuntuoso ed isolato dai suoi amministrati.

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