di Maurizio Coletti

Nel traballante percorso del Governo Prodi, ci si imbatte spesso in aspetti che non è fatica considerare mostruosi. È il caso del decreto per il ripiano dei debiti delle regioni sulla sanità. Il decreto, dal titolo: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario”, porta la firma di Prodi, Padoa Schioppa, Livia Turco e Lanzillotta. Vi si legge che si risaneranno i debiti pregressi delle ASL. Ma il bello viene dopo: nell’allegato è scritto chiaramente che “per consentire il puntuale accertamento della massa passiva ... per un periodo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive relativamente ai debiti sanitari di cui al presente articolo nei confronti dei soggetti debitori ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori ed i tesorieri, i quali possono disporre delle somme per i fini degli enti e le finalità di legge” Detto in altre parole, i creditori delle varie ASL non possono nemmeno intraprendere le classiche azioni legali per il recupero delle somme dovute a fronte delle loro prestazioni. Le quali sono di diverso tipo: forniture di apparecchi, di garze, di farmaci, di lampadine, di carta igienica e di molto altro; ma, anche, di prestazioni di ricovero e di trattamento. Una delle conseguenze di questo mostro è che si rende ancora più difficile la vita al già comatoso sistema di interventi sulle dipendenze patologiche.

Quasi tutti sanno che i Servizi Pubblici specializzati (altro ambito morente) non riescono a fare fronte alle domande di intervento: “vecchi” utenti (gli eroinomani, per esempio), consumatori problematici di cocaina, di droghe di sintesi, alcoolisti, giocatori d’azzardo e consumatori di farmaci dopanti. In Italia esiste da decine d’anni un pezzo del sistema chiamato, misericordiosamente, “privato-sociale”.

Si tratta, come è noto, di Comunità Terapeutiche, centri Diurni, programmi di riduzione del danno ed altro. Questo pezzo del sistema è complementare e (quasi dappertutto e abbastanza bene) cooperante con i SerT. È stato chiesto loro, negli ultimi dieci anni, di svecchiarsi, porsi all’altezza delle sfide attuali, abbandonare un approccio naif e basato su un volontariato che non garantiva (e non garantisce tuttora) la necessaria professionalità, adeguare strutture, personale, programmi.

A fronte di questo sforzo, le rette giornaliere per programmi terapeutici concordati con i SerT e con pazienti inviati dal Servizio Pubblico sono vergognose: si va dai 30 ai 60€ al massimo. Tutto compreso: vitto, alloggio, terapia.

Questo comparto di intervento, in momenti determinati, è posto in palmo di mano dai politici di turno: “Che brava gente!! Ammirevole! Grazie di esistere!”. Poi, al momento di riconoscere professionalità, risultati e, conseguentemente, costi, beh iniziano i problemi. I vergognosi amministratori delle ASL tagliano, risparmiano, abbandonano. Ora, con questo decreto, viene anche a rendersi più difficile un tentativo di recupero di crediti sacrosanto e, già di suo, fondato su ingiuste basi.

L’Amministrazione scompare e chi volesse intraprendere azioni legali (le stesse che lo Stato mette in atto con chi è suo debitore di imposte, multe ed altro) non lo può fare. Così, chi volesse vendere i crediti maturati alle organizzazioni di recupero di crediti vedrà aumentare gli interessi richiesti sulle somme a livelli vertiginosi (si parla del 25%!!!).

Ora, dal Governo Prodi il mondo degli operatori e delle strutture delle tossicodipendenze si aspettava altro. Possiamo capire che non ci sono le condizioni nella stessa maggioranza per una legge avanzata sui diritti di consumatori di sostanze. Possiamo, anche, capire che non ci siano gli spazi per una qualche riformetta del settore. Possiamo capire che non sono tempi per un investimento straordinario. Possiamo accettare, a denti stretti, che ci dicano che queste non sono priorità strette. Siamo stati (e siamo tuttora) in attesa di almeno qualche segnale incoraggiante di”tendenza”, di indicazione di sensibilità. Ma quelli che restano indigesti ed insopportabili, sono i passi indietro.

Altre due chicche, per finire: dalle restrizioni per recuperare i crediti sono “salvati” gli operatori dei Servizi Pubblici: precari o stabili, si aggiunge. E quelli che lavorano nelle strutture citate sopra? I Sindacati, in attesa del Primo Maggio non hanno niente da dire? La CGIL Funzione Pubblica è davvero la “finzione pubblica” come qualcuno maliziosamente dice?

Ultimo: da dove vengono i soldini per il ripianamento? Cinquanta milioni di euro dalla cooperazione allo sviluppo (D’Alema già ha protestato); cinquanta milioni di euro dalla ricerca in sanità (giusto perchè si accusava altri Governi non fare nulla per il settore ricerche); tranta milioni di euro ciascuno dal Fondo per la famiglia, da quello per le non autosufficienze, da quello per le politiche giovanili. Altri spicci dal Fondo per lo spettacolo (giusto per dire: evviva la cultura!). Così, il sociale finanzia il sanitario. Bene! Bravi! Bis! No, forse bis è meglio di no...


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