di Laura Bruzzaniti

Negli Stati Uniti entreranno presto in vigore norme più severe per la pubblicità e la messa in vendita della medicine. Il Senato americano ha approvato la scorsa settimana un disegno di legge che attribuisce alla Food and Drug Administration poteri di controllo in materia di etichettatura e pubblicità dei farmaci. Se il disegno diventerà legge, come sembra probabile, la FDA potrà inoltre bloccare la vendita di farmaci che si rivelano pericolosi. Il disegno di legge sembra rispondere alle preoccupazioni dei consumatori americani che, dopo i casi di medicine pericolose verificatesi negli ultimi anni, si sentono poco protetti nei confronti di case farmaceutiche con sempre meno scrupoli e tecniche di vendita sempre più aggressive. L’ultimo caso è della scorsa settimana: la Purdue Pharma ammette, di fronte ad una District Court della Virginia, di aver ingannato medici e consumatori per vendere di più. L’azienda, specializzata nella produzione di antidolorifici, ha ammesso la propria colpevolezza per il reato di etichettatura ingannevole e fraudolenta (misbranding) del farmaco OxyContin, antidolorifico oppiaceo messo sul mercato nel 1996. In che cosa consisteva l’inganno? Nel far credere a medici di base e pazienti che OxyContin, grazie alla sua formula a lento rilascio, non inducesse dipendenza. O meglio, che il rischio di dipendenza fosse minore rispetto ad altri antidolorifici di origine oppiacea, come il Vicodin, non venduto in Italia ma piuttosto diffuso negli Stati Uniti.

Nel corso del procedimento giudiziario, la malafede della Purdue Pharmaceutics (difesa dallo studio legale dell’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani) è emersa in tutta la sua gravità: ricerche di mercato avevano dimostrato che i medici avrebbero avuto delle resistenze a prescrivere l’OxyContin proprio a causa del rischio dipendenza e, proprio per superare queste resistenze, la campagna di marketing era stata focalizzata sulla formula a rilascio graduale che, si affermava ingannevolmente, avrebbe minimizzato i rischi.

Gli informatori scientifici seguivano un training apposito, dove imparavano a rispondere alle perplessità e ai giusti timori di medici di base scrupolosi. Grazie ad una campagna marketing in grande stile, tra il 1995 e il 2001 le vendite dell’Oxycodin sono aumentate di venti volte, arrivando a circa 1 miliardo di dollari l’anno.

Intanto, arrivano le prime denunce di pazienti che sviluppano dipendenza dal farmaco, mentre adolescenti e tossicodipendenti si accorgono che se masticate, ridotte in polvere e sniffate, oppure iniettate in vena (invece che inghiottite con acqua come indicato), le pasticche di OxyContin danno un effetto simile a quello dell’eroina. Già nel 2001 il consumo di Oxycontin è così rilevante da essere collegato, in alcune zone della Virginia, all’aumento della criminalità e della tossicodipendenza negli adolescenti e ad alcune morti. L’Oxycontin si guadagna il nomignolo di hillbilly heroin, che tradotto suona più o meno come “eroina dei montanari”.

L’ammissione di colpevolezza della Purdue Pharma porta con sé una delle multe più alte mai comminate per un caso simile: 600 milioni di dollari. Un segnale importante ma troppo debole, secondo Public Citizen, organizzazione di consumatori americana: la Purdue avrebbe dovuto pagare una multa molto più alta, considerato che l’OxyContin è stato una delle 25 medicine più prescritte negli ultimi anni, per un totale di 9.6 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2006.

E perché i tre manager che si sono dichiarati colpevoli pagheranno solo 34.5 milioni di dollari di multa, senza scontare un giorno di carcere? “I danni alla collettività che provengono da questi spacciatori di droga con il colletto bianco sono molto più seri di quelli provocati dagli spacciatori di strada. Perché la giustizia applica un diverso standard?” si chiede Public Citizen. Già. Perché?

Il caso OxyContin riguarda il problema più vasto del marketing dei farmaci negli Stati Uniti. L’Attorney General per i Consumatori lo scorso anno ha introdotto un programma - finanziato con le multe inflitte alle industrie farmaceutiche - per diffondere tra consumatori e medici un uso più consapevole delle medicine. Nell’ambito di questo programma, ventotto università hanno avviato recentemente corsi per insegnare ai medici a difendersi ad armi pari dai rappresentanti di medicine, studiando il marketing e le tecniche di vendita utilizzate dai rappresentanti scientifici del farmaco.

Un aspetto più specifico del problema è collegato alla presenza massiccia sui media statunitensi di pubblicità di medicine, anche di quelle che necessitano di prescrizione. Al punto che, sottolineano le associazioni di consumatori, capita che il paziente che si vede prescrivere un farmaco generico dal proprio medico si senta trattato da malato di serie B e chieda il farmaco che ha visto in televisione.

Quaranta associazioni e duecento tra medici e professori universitari hanno firmato un appello che chiede al governo di vietare la pubblicità diretta ai consumatori di farmaci che necessitano di prescrizione. L’essenza della campagna è ben sintetizzato sul sito web (www.stopdrugads.com). “Vuoi che i venditori di farmaci continuino a dirti che sei malato?”

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