di Cinzia Frassi


Dai giocattoli all'agricoltura, la chimica fa parte del nostro vivere quotidiano. Ogni giorno entriamo in contatto con moltissime sostanze chimiche e molte risultano in vario modo pericolose per la salute umana e per l'ambiente. Il 13 dicembre 2006 il Parlamento Europeo ha approvato con 529 voti favorevoli, 98 contrari e 24 astensioni, il nuovo regolamento sulle sostanze chimiche denominato Reach (Registration, Evaluation and Authorization of Chemicals), che entra ufficialmente in vigore dal 1 giugno 2007. Si tratta di un testo frutto di un lungo dibattito che ha visto in particolare l'impegno di ambientalisti, Verdi e sinistra radicale per una valutazione prioritaria di salute ed ambiente sulle istanze economiche e sociali. Il relatore del regolamento Guido Sacconi, subito dopo l'approvazione, pur giudicando il testo "non perfetto", si è detto "molto soddisfatto del risultato delle votazioni". Le nuove norme del regolamento sulle sostanze chimiche riguarderanno circa 30.000 sostanze e dovrebbero essere in grado di preservare e tutelare la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente.
Ma c'è un problema: l'industria ha dato dura battaglia preoccupata dei risvolti economici che una normativa troppo rigorosa avrebbe prodotto, quindi il testo iniziale è stato smussato di parecchi principi giudicati in sostanza troppo costosi. Per questo il fronte ambientalista non si sente soddisfatto dei risultati ottenuti, cioè compromessi tali da vanificare gli obiettivi originari del regolamento. Parecchi in effetti gli aspetti che appaiono svuotati; sono quelli concernenti le finalità di tutela concreta ed effettiva della salute e dell'ambiente come valori prioritari, aspetti che erano importanti per segnare un cambiamento netto con il passato.

Prima di tutto va ridimensionata la sensazione che il regolamento intervenga su tutte le sostanze chimiche, interessando invece solo 30.000 delle 100.000 sostanze in circolazione. Ciò accade per il fatto che la normativa che entrerà in vigore a giorni si disinteressa di sostanze importate o prodotte in Ue in piccole quantità, cioè meno di una tonnellata all'anno. Si introduce un sistema di registrazione e di valutazione delle sostanze chimiche che interessa quelle "esistenti" e quelle introdotte sul mercato. In Italia chiamerà a rapporto oltre 2.000 imprese del settore chimico e oltre 100.000 imprese di trasformazione industriale.

Le chemicals sono tenute, pena la non registrazione della sostanza quindi l'impossibilità della sua commercializzazione, a raccogliere informazioni complete e dettagliate sulle sostanze chimiche fabbricate, importate o utilizzate in quantità superiore a una tonnellata l'anno, previsione che comporta quindi l'inversione dell'onere della prova: il produttore dovrà dimostrare che la sostanza non nuoce alla salute o all'ambiente. Si introduce l’obbligo di valutazione dei rischi connessi all'uso della sostanza che si sostanziano anche nell'obbligo di presentare un dossier tecnico per ciascuna sostanza registrata. Inoltre, ogni produttore deve fornire all'utilizzatore la Scheda Dati e Sicurezza - SDS - per le sostanze pericolose, che indichi i rischi di esposizione e le misure per la gestione del rischio così identificato.

Le richieste di registrazione dovranno essere inviate all'Agenzia Europea a ciò preposta e istituita dal regolamento, con sede a Helsinki. L'Agenzia è investita di tutte le competenze relative alla registrazione delle sostanze chimiche individuate dal regolamento e dei compiti che riguardano la valutazione e le restrizioni alla commercializzazione di sostanze chimiche giudicate pericolose. Avrà inoltre il compito di fornire agli Stati membri consulenza e assistenza scientifica e tecnica circa le questioni relative alle sostanze chimiche che sono di sua competenza a norma del regolamento e terrà aggiornata una banca dati sulle sostanze registrate.

Il punto centrale di criticità ruota attorno al blando accoglimento del principio di precauzione e di sostituzione delle sostanze pericolose. Le sostanze soggette a procedura di autorizzazione sono quelle che, in base ai criteri di classificazione, sono considerate cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione, nonché persistenti, bioaccumulabili e tossiche (TBT) oppure molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB) e per quelle che aggrediscono il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche. Per le sostanze per le quali è possibile stabilire una soglia di sicurezza nell'uso, l'autorizzazione è rilasciata se il rischio per la salute umana o per l'ambiente è adeguatamente controllato e documentato nella relazione sulla sicurezza chimica redatta dal richiedente.

Per le sostanze per le quali non sia possibile stabilire una soglia di sicurezza, l'autorizzazione è possibile "solo se risulta che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi" che il suo uso comporta e "se non esistono sostanze o tecnologie alternative". Ma se esistono alternative che cosa succede? Niente, non è stata introdotta alcuna disposizione che comporti la sostituzione automatica ed obbligatoria tout court con alternative più sicure.

Stesse considerazioni anche per quanto riguarda i metodi alternativi alla sperimentazione animale. Il regolamento “promuove” metodi alternativi ma, ahimè, non obbliga. Ci si deve accontentare di una - si spera - gestione efficace di meccanismi per evitare la duplicazione di test su animali già oggetto di sperimentazione. Secondo le associazioni in difesa degli animali, il regolamento comporterebbe l’esecuzione di test di sostanze già in uso da anni, comportando il sacrificio di un numero di animali compreso tra i 20 e i 50 milioni, lasciando inutilizzate tecniche alternative di sperimentazione.

Si deve considerare anche che tutte le informazioni che verranno raccolte dall'Agenzia e che le saranno fornite autonomamente dal produttore o importatore di sostanze chimiche, non contribuiranno automaticamente a informare adeguatamente i consumatori: questi potranno infatti averle solo su richiesta e limitatamente a quelle maggiormente problematiche. L'entrata in vigore del regolamento inoltre è solo l'inizio di un percorso di attuazione che vede tempi di attuazione a regime molto lunghi che arrivano fino al 2018.

Risultano invece, guarda caso, già determinabili e preoccupanti i costi dell’impatto del regolamento europeo per il mondo produttivo e industriale che lo ha giudicato capace di produrre da subito un aumento dei prezzi dei prodotti finali. Inoltre, sembra già quantificato il costo che il Ministero della Salute spenderà per l’adeguamento alle previsioni del Reach e che si aggira intorno ai 2,1 milioni di euro. L’industria chimica europea, che nel 2002 vantava profitti pari a circa 15 miliardi di euro, lamenta costi per circa 2,3 miliardi di euro in 11 anni. Altrettanto determinabile tuttavia anche la voce, prioritaria su salute ed ambiente, che declina tutti gli aspetti del Reach: accontentare chi fa profitti nel settore chimico europeo.

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