di Luca Alberini

I libri pesano. Quelli di storia anche di più. E quando si viene obbligati a mettere in cartella anche Hiltler e i suoi monologhi, le fragili spalle dei ragazzi del liceo possono non reggere lo sforzo. E quelle dei loro genitori neppure. Ma per Angela Pellicciari, docente di storia e filosofia presso il liceo romano "Lucrezio Caro", quartiere bene dei Parioli, la storia si studia dalle "fonti dirette", senza mediazioni e propaganda insita nei testi dei vari De Felice o Hosbawn della situazione. Così ha cominciato correggendo "Il manifesto" di Karl Marx, ha rivisitato il dibattito tra Gramsci e Mussolini sulla massoneria ed infine ha affrontato di petto la carestia in Ucraina di staliniana memoria, tutto per arrivare al pezzo forte: affrontare fascismo e nazismo. Testo consigliato: "Le conversazioni di Hitler", raccolte da Martin Bormann ed edite da Franco Freda, in cui spicca un'inquietante frase di prefazione: "Dinanzi alle parole e ai detti memorabili dei Capi e dei Maestri, i semplici devoti devono stare in raccoglimento e osservare il silenzio". La prof ha così spiegato la sua scelta: "Il testo chiarisce come non solo gli ebrei ma tutti i cattolici fossero nel mirino del Furher". Perché questa, dice lei, è "una schifezza da sempre nascosta", manifestando tuttavia stupore davanti a chi le ha sommessamente fatto notare che il termine poco si addiceva a focalizzare la realtà di uno sterminio di massa. "E invece no - ha interloquito lei, piccata - questa è la vera cultura". Ora, questa parola, pronunciata da cotanta revisionista, ha fatto subito venir in mente l'incompatibilità tra la prof e la materia. Ma i genitori dei ragazzi non sono arrivati a tanto. Hanno solo chiesto che in aula, a parlare di nazismo, fosse anche invitato uno come Piero Terracina, scampato ad Auschwitz, in pratica una storia su due gambe che camminano ancora.

Non c'è stato verso: valgono i documenti, non certo la memoria annebbiata di un povero vecchio che fa leva solo "sull'emotività, non certo sui fatti". Viene quasi da piangere, ma guai a contraddirla. Perché Angela Pellicciari ha idee molto chiare su di sé: "Sono una persona eccezionale". Sfoggia un pedegree di grande prestigio, con laurea alla Pontificia Università Gregoriana in storia ecclesiastica, scrive per La Padania, Il Foglio, non lesina articoli per la "Fondazione liberal" del polista Ferdinando Adornato e collabora al mensile "Studi Cattolici". Una delle sua più recenti fatiche: "Islam e cristiani, destini inconciliabili", è stato ovviamente edito dal quotidiano del Carroccio con grande risalto di caratteri e di spazio.

Dunque, per sua stessa ammissione, una "storica pura, che guarda alle fonti". E anche alle alzate di mano. Come quando, all'inizio dell'anno, ha chiesto ai suoi alunni chi fosse credente e chi no, senza che questo abbia nulla a che vedere con la "libertà di insegnamento", altra bandiera con cui suole pubblicamente avvolgersi per ribattere a chi l'accusa di fare insegnamento ideologico. E chi la contesta? "Tutti di sinistra". La sua grande passione? La figura di Isabella di Castiglia, colei che sollecitò l'arrivo dell'Inquisizione in Spagna e che sconfisse i musulmani nel 1492, ovunque ritratta mentre brandisce tra le mani il crocifisso. La sua prossima pubblicazione? Un libro sulle "favole che raccontano sul Risorgimento", testo già in predicato di essere imposto agli studenti appena sfornato dalla tipografia. Se non arriverà prima l'ispezione chiesta a gran voce al ministero dai genitori degli studenti e dagli studenti stessi, che non ce la fanno più a reggere la passione revisionista e l'oltranzismo cattolico della prof, saranno guai.

Ma in realtà la Pellicciari rischia al massimo qualche giorno di sospensione dal servizio. Poi tornerà a scuola, forse in un'altra classe, anche se il suo modo di fare sta facendo proseliti. Sui muri del liceo sono già apparse scritte e slogan di estrema destra, tipo "mai più antifascismo" e "fascismo è libertà". Il preside della scuola, davanti alle proteste, ha alzato le braccia: più di un'ispezione non si può chiedere. Peccato. Perché ci vuole molto più di una semplice e inconcludente ispezione per sradicare l'arroganza e la vergogna. E l'ignoranza, anche quando è sommersa di spirito vandeano.

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