di Alessandro Iacuelli

Chi ha interesse ad uccidere gli orsi del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise? Cosa si cela dietro l'azione criminosa commessa da mani ignote? Interrogativi ai quali non si sa rispondere. O non si vuole. O magari si cerca di dare le risposte più evasive e fuorvianti possibili. Due cuccioli di orso marsicano trovati morti. Un primo esame dei corpi fatto dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato porta ad un'ipotesi agghiacciante: uccisi a bastonate. Il direttore del Parco Nazionale, che è lì per fare in modo che quotidianamente venga applicato lo slogan dell'Ente - "Qui la natura è protetta" - si affretta invece a dichiarare che le morti siano avvenute per cause naturali. La dichiarazione stride con la perizia autoptica sui corpicini martoriati. Ecco allora la correzione. I due cuccioli di orso sono stati uccisi da un orso maschio adulto. In modo da rendere la sua compagna disponibile per un ulteriore accoppiamento. Zoologicamente ed etologicamente falso. Il periodo degli amori per l'Orso bruno, nell'Appennino, cade tra maggio e giugno. E' in questa stagione che i maschi compiono più frequentemente lunghi spostamenti alla ricerca delle femmine, l'Orso bruno non è territoriale e le aree vitali hanno dimensioni variabili in relazione a diversi fattori ambientali. Non solo. L'orsa ha una gestazione con diapausa. La diapausa è una strategia evolutasi in alcune specie per massimizzare il successo riproduttivo. In questo modo il periodo degli amori e la nascita dei piccoli cadono nei momenti più favorevoli, in funzione della disponibilità di risorse, dell'esposizione ai fattori climatici avversi, ed in relazione alla storia evolutiva ed al patrimonio genetico della specie. Di conseguenza il periodo migliore per accoppiarsi è la tarda primavera o l'inizio estate, come in effetti avviene, ma il processo di diapausa blocca lo sviluppo embrionale ai primi stadi e fa in modo che possa riprendere in autunno solo se la madre ha potuto accumulare un sufficiente strato di grasso che le consente di far fronte al letargo e ad un processo energeticamente molto dispendioso, come lo sviluppo e l'allattamento dei piccoli.

Sembrava finita qui, invece è andata avanti. Un terzo orso, adulto, viene ritrovato morto. Il 3 ottobre un quarto orso adulto viene ucciso e si perdono le tracce di una femmina adulta, nonostante fosse munita di radiocollare. Il danno è enorme. In Abruzzo se ne contano circa 45-75 esemplari, di Orso Bruno Morsicano, e sono gli ultimi del mondo. Le uniche presenze sono nei Parchi d'Abruzzo, Maiella, Sirente-Velino, Monte Genzana, Gran Sasso e anche nell'alto Molise. Perdere 5 esemplari in pochi giorni significa muoversi ulteriormente verso l'estinzione.

Sempre il 3 ottobre, arriva anche il ritrovamento di due cinghiali, uno morto da circa 2 giorni ed uno agonizzante, probabilmente anch’essi colpiti da avvelenamento, a poca distanza dal luogo in cui sono state rinvenute le carcasse degli orsi morti. Lo ha comunicato Antonio Cavaioli, responsabile del Comando tutela ambientale del Corpo forestale, dopo aver ascoltato un allevatore del posto. Un terzo cinghiale agonizzante, ritrovato poco dopo, è morto nel pomeriggio, per probabile avvelenamento. E la strage continua anche tra le capre, che pascolano libere in ampie aree di territorio. Le capre vengono avvelenate appositamente, in modo da essere a loro volta, e loro malgrado, avvelenatrici di lupi, volpi, orsi e cinghiali.

Da giorni, al confine tra i comuni di Pescasseroli e Gioia dei Marsi, gli agenti del Corpo Forestale e le guardie del Parco, 54 uomini in tutto, stanno perlustrando circa 1.200 ettari di boschi. "Siamo alla ricerca", ha dichiarato Cavaioli, "sia di eventuali altri esemplari di fauna selvatica che potrebbero essere morti in circostanze analoghe, sia di elementi probatori utili alle indagini". Gli investigatori non escludono il possibile ricorso a tecniche genetiche su eventuali tracce umane. "Anche un mozzicone di sigaretta", dicono alla Forestale. Il coordinamento interforze, diviso per
competenze, vede assegnata la parte tecnico scientifica al Servizio sorveglianza del Parco e l’attività investigativa al Corpo forestale dello Stato.

"Il veleno con cui sono state contaminate le capre per eliminare lupi e orsi sembra essere stricnina". Lo afferma il Wwf che aggiunge, in un comunicato: "siamo convinti che ci siano delinquenti senza scrupoli capaci di procurarsi facilmente sostanze pericolose, spargere micidiali veleni sul territorio, anche vicino alle case.

Tra gli orsi morti c'è anche Bernardo, un'autentica leggenda del Parco, l'orso simbolo dell'area protetta, quello fotografato e filmato mille volte mentre si aggira pacioso fra le stradine di San Sebastiano dei Marsi a caccia di mele e magari di qualche gallina. Fra le case basse e con i tetti spioventi di Gioia dei Marsi, il paesino circondato dai monti dove sono stati trovati gli orsi morti, e San Sebastiano, un borgo isolato fra i boschi, all'improvviso tutto si tinge di giallo: un assassino di orsi si aggira sui monti della Marsica. Chi sia e perché uccida, è ancora un mistero, e non è affatto detto che il caso sia risolto in tempi brevi. Gli uomini della Forestale e il personale del Parco Nazionale stanno facendo di tutto per capirci qualcosa. Indagano come se si trovassero alle prese con un serial killer, perfino muovendosi come si muoverebbero i tecnici della polizia scientifica. Aspettano i risultati degli esami tossicologici eseguiti sulle carcasse degli animali, per poi comparare le sostanze trovate negli organismi con quelle usate dagli allevatori e gli agricoltori della zona. Seguono con apprensione anche i movimenti degli altri esemplari muniti di collare elettronico.

Nell’indagine c’è un elenco di sospettati: se non per nome, sicuramente per categorie. Ci sono gli allevatori, che potrebbero essere entrati in azione perché stufi delle incursioni che decimano le loro bestie. Decisi a neutralizzare non solo gli orsi, che a dire il vero sono quelli che fanno meno danni, dato che il 90% della loro alimentazione è costituita da vegetali, ma soprattutto i lupi e le volpi, avrebbero disseminato di bocconi avvelenati le piste battute dagli animali. Questa ipotesi francamente ci appare fin troppo fantasiosa. Gli allevatori sanno benissimo che il loro destino è legato a doppio filo con quello del Parco. Sanno benissimo che per tutelare i propri interessi devono tutelare quelli del Parco. La fine del Parco significherebbe la loro fine. Oltretutto, è da quasi un quarto di secolo che il Parco provvede a versare indennizzi economici per i danni provocati dalla fauna selvatica.

La seconda ipotesi chiama in causa i cacciatori, quelli di frodo: capita spesso che episodi di rivalità degenerino nell’avvelenamento dei cani, e qualche esca potrebbe essere finita fra le fauci degli orsi, oltre che di alcuni lupi e cinghiali trovati morti nei giorni scorsi.

La terza pista battuta dagli investigatori porta alle trame oscure, e mai provate, che verrebbero ordite per boicottare le attività del Parco Nazionale, fra l’altro alla vigilia di importanti nomine ai vertici dell’Ente. A dar credito a un presunto complotto è il presidente, Giuseppe Rossi: "Questa tragedia rappresenta un atto mirato, c’è chi vuole colpire l’idea stessa del Parco protetto, di un parco di cui l’orso marsicano è il simbolo". Il Parco Nazionale, che come organizzazione e strutturazione è il più avanzato d'Europa, al punto che gli altri parchi nazionali, anche in altri continenti, ne seguono le linee guida organizzative e gestionali, è da molto tempo oggetto di "attenzioni" non precisamente ambientaliste.

L'attacco al Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise non è iniziato oggi. Già dal 2001 qualcuno ha iniziato a sparare ai camosci. Poi, nel quinquennio occupato dal precedente governo, l'allora ministro dell'Ambiente Matteoli ha costantemente mosso guerra contro l'Ente che amministra il Parco. L'obiettivo? Trasformare intere fette di area protetta, dal Monte Greco alla Camosciara, in una sequenza infinita di piste da sci e impianti di risalita, con tanto di strutture per l'innevamento artificiale, e relativo prosciugamento della falda acquifera, aree lottizate da dichiarare edificabili con infiniti alberghi e residence. Forse, il giallo di questi giorni è solo una tappa successiva dell'attacco al Parco Nazionale, da parte di chi vede come unica forma di sviluppo la distruzione di ogni area protetta, senza alcun equilibrio.


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