di Camilla Modica

Ormai, di quanto accade sui treni italiani in pochi si stupiscono. Chiunque, che sia studente, lavoratore pendolare o semplice vacanziere, è in grado di raccontare una quantità infinita di aneddoti e disservizi. Da pulci e zecche all’inconfondibile tanfo dei bagni, da condizionatori e riscaldamenti non funzionanti a carrozze stipate di gente fin dalla stazione di partenza. Tutto questo senza neanche stare a perdere tempo per ribadire di vagoni sporchi, sedili pieni di macchie, inevitabili ritardi, coincidenze perse e via dicendo. A parlarne, ormai, sembra quasi di sparare sulla Croce rossa, non fa più notizia. A meno che non si verifichino incidenti, la cui colpa è inevitabilmente attribuita all’“errore umano”. Questa volta però, per l’assurdo viaggio subito sabato scorso da 450 persone, non c’è alcun errore umano a cui appellarsi. C’è, in compenso, un piano di rinnovamento delle reti e dei mezzi che continua ad essere rinviato perché i soldi non ci sono, dicono i dirigenti della Rfi (Rete ferroviaria italiana), la società a cui spetta gestione e manutenzione delle infrastrutture. O meglio, quelli che ci sono – frutto di una politica di continuo aumento dei biglietti – devono andare per direttissima alla macchina mangia soldi dell’Alta velocità. Così, poco prima che il presidente del Consiglio Romano Prodi facesse il suo primo viaggio sui binari della Tav da Bologna a Milano, le Fs hanno mostrato tutta l’efficienza di cui sono capaci. Ben venti ore per percorrere cinquecento chilometri, da Lecce a Roma. Oltre quattrocento persone bloccate per undici ore nelle campagne casertane, tra Capua e Pastoraro, con il riscaldamento fuori uso e la notte incombente.

Il locomotore dell’Eurostar, partito da Lecce alle 12.17, si blocca nel pomeriggio, dopo cinque ore di viaggio. E bloccati rimangono per ore e ore anche i suoi passeggeri. La Protezione civile, a detta del suo stesso direttore Guido Bertolaso, viene avvisata solo cinque ore dopo, nonostante il maltempo e una situazione climatica avrebbero dovuto facilmente lasciare intuire le difficoltà d’intervento. I binari ghiacciati, infatti, hanno reso impossibile trascinare il treno alla stazione di Capua con un altro locomotore. Solo dopo numerosi tentativi, le Ferrovie hanno pensato di avvicinare un altro treno all’Eurostar, facendo trasbordare i passeggeri dall’uno all’altro e trasportandoli alla stazione più vicina. Qui, finalmente, hanno potuto bere, mangiare qualcosa e, soprattutto, riscaldarsi con delle coperte. Coperte che però, a detta dei malcapitati, non erano sufficienti per tutti. Prima di riuscire a riprendere la via per Roma, i 450 hanno dovuto nuovamente salire e scendere da un altro treno, rivelatosi anch’esso non in grado di andare avanti. L'Eurostar è rimasto fermo per circa 11 ore nei pressi di Capua, nel casertano. A complicare ulteriormente la situazione il sistema di riscaldamento fuori uso quando la temperatura esterna era sotto lo zero. I passeggeri sono riusciti solo in mattinata a riprendere il viaggio verso Roma dopo aver effettuati due trasbordi.

Solo alle 4.30, a bordo di un più modesto interregionale, è stato ripreso il viaggio per la tratta finale, arrivando nella capitale alle 7.30, invece delle 18.30 previste. Tredici ore di ritardo e nel mezzo tutto quello che si può immaginare. Il treno veniva da un inferno, con tutto il ghiaccio e la neve che c’è stata in Puglia - ha rivelato Moretti - e noi siamo stati gli unici a garantire il servizio, mentre strade e aeroporti venivano chiusi. Siamo intervenuti in massa con difficoltà operative per il freddo cane per cui la gente aveva difficoltà a lavorare. Abbiamo cercato di garantire ogni assistenza, arrivati a Roma abbiamo dato il viaggio aereo a chi aveva perso il volo, taxi, e rimborsato i biglietti al 100 per cento senza accampare pretesti, ma - ha sottolineato - assumendoci la nostra responsabilità. Ci sono errori? Certo - ha ammesso infine Moretti - perché un treno non si deve mai fermare, ma abbiamo cercato di fare del nostro meglio».

Sulle cause, l’amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, ha dichiarato: “Quando questo treno è arrivato nell’innesto con l’alta velocità, purtroppo, non sappiamo ancora se anche per i problemi vissuti nella tratta pugliese, non è riuscito a commutare con i sistemi tecnologici dell’alta velocità”. Che dire? Certo, la situazione, con la neve e il ghiaccio non era facile da gestire. Certo, l’imprevisto può sempre capitare. Però sia il tipo di causa sia la poca organizzazione messa in piedi subito dopo l’incidente, sono perfettamente in linea con un’azienda che di razionalizzazione ed efficienza ne dimostra poca. Feroce la reazione dei passeggeri. Le associazione dei consumatori minacciano di mettere in piedi la prima class action della storia italiana (resa possibile da una norma contenuta nell’ultima finanziaria) se le Ferrovie non indennizzeranno ogni passeggero con cinquecento euro.

Intanto Romano Prodi ha dato il via, con un viaggio sui nuovi binari dell’alta velocità da Bologna a Milano, al conto alla rovescia: entro 365 giorni esatti il Paese avrà il suo primo tratto di Tav. O almeno dovrebbe, salvo ulteriori ritardi. “Si, 365 giorni, speriamo in bene”, ha ironizzato lo stesso premier. Countdown mostrato in pompa magna da un display davanti alla stazione di Bologna. Prodi è a dir poco ottimista: “Spero che cominci una nuova epoca nei trasporti italiani”. Accanto alle tante perplessità ambientali, logistiche e non solo, resta da vedere in quanti vorranno/potranno comprare i biglietti dei treni Av pur di risparmiarsi 40 minuti di viaggio. E in quanti non decidano, prima o poi, di tornare alla vecchia cara auto, considerando che per l’anno nuovo le Fs hanno già annunciato il proprio regalino: un ritocco dei biglietti del 10 per cento.

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