di Mariavittoria Orsolato

L’ultima martire della famiglia, quella che già in molti avevano ribattezzato “la ragazza del lago”, e che i sommozzatori hanno ripescato senza vita domenica mattina a Marone, si chiamava Agnese Schiopetti. Era una giovane mamma ed è stata strangolata e poi buttata nelle acque del lago d’Iseo proprio dal padre del suo bimbo, l’uomo con cui aveva deciso di condividere le gioie e i dolori della sua precaria vita da cameriera. La confessione del marito, un cuoco ventottenne originario di Brescia, va ad aggiungere mestamente l’ennesima tacca alla lunga lista delle vittime di violenza domestica, violenza che per le donne tra i 16 e i 44 anni è - a livello globale - la prima causa di morte: più del cancro, più degli incidenti stradali e della guerra. La morte di Agnese è fin troppo simile a quella di Marianna Manduca, di Barbara Cicioni, di Maria Rosa Nugnes: tutte donne uccise dai propri compagni, tutte tradite da quel modo assoluto e totalizzante di amare che ne ha distorto la percezione dei segnali di pericolo. Una carezza in un pugno, cantava Celentano. Nell’Italia degli strombazzati Family Day, la violenza domestica tocca 3 donne su 10, il 90% delle quali - per paura, per orgoglio, per disillusione - non denuncia l’abuso alle autorità competenti, chiamando la cosa in un altro modo o addirittura non chiamandola affatto. Lo spot in cui si vedeva una ragazza intenta ad inventare una scusa plausibile per giustificare l’occhio tumefatto l’abbiamo visto tutti; quello che però non riusciamo a vedere è la dimensione di abbandono in cui queste donne sono costrette a vivere. Maria Antonietta Multari si era fatta forza ed aveva denunciato l’ex fidanzato che non voleva accettare la rottura e la perseguitava con minacce di ogni sorta; dai carabinieri c’era andata più di una volta ma lo scorso agosto Luca Delfino, già sospettato di un altro omicidio di matrice passionale, è riuscito lo stesso a portarle via la vita con 40 coltellate.

Perché purtroppo quando una moglie si presenta al commissariato di paese per chiedere protezione dal marito spesso si sente dire: “ Signò, ma le sembra il caso di andare a rovinare un matrimonio? Suo marito avrà bevuto un bicchiere in più del solito o magari l’avete fatto ingelosire! Perché non ne parla con lui? Vedrà che oggi si renderà conto di quello che fatto e non lo farà più”. E così la violenza, lo stupro, l’umiliazione, vengono indirettamente perpetrati dall’inazione di coloro che dovrebbero prevenirli e debellarli.

Sarà il retaggio cattolico che ci portiamo addosso come un fardello, sarà che troviamo più confortante per le nostre coscienze pensare che il pericolo si annidi solo in chi parla una lingua diversa dalla nostra, ma pare che nel 2008 gli italiani non abbiano ancora realizzato ed accettato che la violenza, spesso e volentieri, attecchisce e si compie proprio nei luoghi degli affetti, là dove il potere maschile è considerato normale a livello condiviso. L'indagine Istat datata 2006 ricalca lo spirito machista del belpaese, denunciando che il 62% delle donne è maltrattata dal partner o da persona conosciuta, che diventa il 68,3% nei casi di violenza sessuale e il 69,7 % per lo stupro. "Da anni ripetiamo che è la famiglia il luogo più pericoloso per le donne. È lì che subiscono violenza di ogni tipo fino a perdere la vita", denuncia "Nondasola", la Casa delle Donne di Reggio Emilia a cui si era rivolta Vjosa Demcolli uccisa in tribunale dal marito da cui aveva deciso di separarsi. "Da noi partner e persone conosciute sono i colpevoli nel 90 per cento delle violenze che vediamo.

E purtroppo c'è un aumento", dice Marisa Guarnieri presidente della Casa delle Donne Maltrattate di Milano. "All'interno delle mura domestiche la violenza prende spesso le sembianze di un autentico annientamento, spiega Giovanna Zanolini, avvocato civilista, volontaria all’Unione Donne Italiane di Modena. Si comincia isolando la donna dal contesto amicale, poi proibendole l'uso del telefono, quindi si passa alle minacce e così via in una escalation che non ha fine". Nell’ottica di assicurare alle vittime di violenza una più efficace e permanente tutela, anche nel processo, erano state introdotte Governo Prodi alcune modifiche al sistema
processuale penale. Come il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa - omologo degli americanissimi ordini restrittivi - che, a quanto afferma il sito del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, “offre finalmente uno strumento efficace per interrompere quei reati, come lo stalking ( molestie psicofisiche continuative ) che turbano in maniera significativa la normali condizioni di vita delle vittime, rendendo possibile, poi, l’intervento della magistratura prima che si consumino reati più gravi.”. Le ultime parole famose.

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