di Mario Braconi

Rama Yade, Segretario di Stato (Vice-ministro degli esteri) francese con delega per i Diritti Umani, l’ha detto chiaramente: il suo Paese, che dallo scorso Luglio è presidente di turno dell’Unione Europea, intende dare una più concreta attuazione ai diritti umani, in particolare combattendo l’omofobia. Va detto, a beneficio dei più distratti e tanto per sottolineare la peculiarità antropologica della destra nostrana, che la Yade, pur essendo socialista, rappresenta un governo conservatore. La ministra di origine senegalese, a margine di un incontro UNESCO - ONG tenutosi a settembre a Parigi, ha proposto di celebrare il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (10 dicembre 2008) presentando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una bozza di Dichiarazione Politica finalizzata alla depenalizzazione del reato di omosessualità; in quell’occasione la Ministra ha ricordato che in ben 90 paesi il sesso tra persone consenzienti dello stesso sesso è un reato punibile con multe, anni di reclusione in carcere, assoggettamento a punizioni corporali di vario genere e perfino con la morte - impiccagione, schiacciamento, lapidazione - ogni stato ha le sue sadiche preferenze. E’ utile ricordare che, benché le cosiddette Dichiarazioni Politiche presentate presso le Nazioni Unite non siano vincolanti anche quando vengano approvate, esse di solito costituiscono una piattaforma sulla quale i protagonisti delle varie campagne incardinano le attività che conducono alla preparazione di una ben più formale Risoluzione: anche quest’ultimo documento non è vincolante, ma ha un notevole potenziale politico e di persuasione morale. Era una Dichiarazione Politica simile a quella che Yade ha in mente, l’embrione della Risoluzione per la moratoria contro le esecuzioni capitali (A/RES/62/149) approvata dall’Assemblea Generale il 18 dicembre dello scorso anno, grazie al meraviglioso lavoro dei nostri connazionali impegnati sul fronte abolizionista.

E’ stata proprio la potenziale pericolosità di una Dichiarazione politica a favore della depenalizzazione dell’omosessualità a scatenare l’attacco preventivo di Celestino Migliore, Osservatore permanente del Vaticano presso le Nazioni Unite, la cui reazione scomposta, isterica e comicamente autolesionista, ha regalato ai giornalisti progressisti di tutto il mondo diverse ore di emozioni. La chiesa non può che guardare con sospetto a qualsiasi attività politica che abbia come obiettivo “trasformare scelte personali in nuovi diritti”, anche se tali scelte non ledono nessuno.

Sostiene Migliore che l’ONU non debba depenalizzare l’omosessualità; a dispetto del susseguirsi di penosi tentativi di ridimensionare l’enormità delle parole di monsignore, il loro significato è inequivocabile: la Chiesa ritiene che l’omosessualità debba restare un reato, con buona pace di chi ha la sventura di nascere o diventare omosessuale in Cecenia o in Arabia Saudita o in Iran: queste persone potranno vivere la loro sessualità solo a rischio della vita o del carcere.

Accanto alle vergognose ed incomprensibili parole, probabilmente allo scopo di stemperarne la devastante portata, le agenzie riportano la seguente citazione di Migliore: “Il Catechismo della Chiesa cattolica dice, e non da oggi, che nei confronti delle persone omosessuali si deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Immaginarsi lo smarrimento dello sventurato credente e praticante alle prese con l’irresolubile aporia filosofica di una dottrina che stigmatizza la discriminazione nei confronti di un’intera categoria di persone, accettando (se non perorando) la repressione poliziesca e/o criminale della medesima categoria: grande deve essere il suo sconcerto. Quanto a noi, che nutriamo fiera avversione verso le chiese politiche di ogni tipo, restiamo talmente perplessi che ormai ci risulta di scarsa consolazione perfino il mantra con i quale spesso ci culliamo in simili circostanze: “Era lecito attendersi qualcosa di diverso?”.

Per tornare al merito, vale la pena ricordare, a proposito della tolleranza della chiesa verso gli omosessuali, che le nuove regole per accedere al sacerdozio prevedono uno screening di omosessualità. Prescindiamo per carità dalle questioni che giustamente solleva il giornalista e attivista gay Peter Tatchell del Guardian: chi effettuerà i test? Essi sono validati da un qualche organismo professionale? Qual è la loro affidabilità scientifica? Rispettano i diritti di candidati vulnerabili? Concentriamoci invece sul fatto che “il candidato, per essere respinto, non deve necessariamente praticare l’omosessualità. Potrebbe anche essere senza peccato. Ma se la sua tendenza omosessuale fosse profondamente radicata, egli non può essere ammesso al servizio sacerdotale”. E con questo abbiamo superato la barriera del suono: non è peccato solo un atto tra adulti consenzienti; è peccato anche una tendenza, di cui non si ha alcuna colpa, anche volendo ammettere che l’atto conseguenza dell’indole lo sia.

E’ possibile che la crociata anti-gay della chiesa cattolica costituisca semplicemente una declinazione dell’incontrollata irrazionalità naturalmente insita nella condotta degli oltranzisti; non va sottovalutata però un’altra tesi, ventilata dal giornalista Michele Brambilla sulle colonne de Il Giornale berlusconiano, notoriamente più papista dell’Osservatore Romano. Secondo l’ingegnosa ricostruzione di Brambilla, potenziali nuove leggi che equiparino la famiglia tradizionale a quella omosessuale possano indirettamente avvantaggiare la Chiesa, dato che il 90% dei preti pedofili si sono rivelati omosessuali. In altre parole, la chiesa non vorrebbe sostenere una misura che potrebbe essere considerata un escamotage per consentire l’impunità ai suoi stessi religiosi (in gran parte omosessuali) che si sono macchiati del crimine in assoluto più odioso. Il pezzo di Brambilla meriterebbe un premio per aver ideato una struttura logica degna di un Machiavelli e uno per la malafede: si noti il pericoloso passaggio che tenta subdolamente di far passare l’equazione omosessualità-pedofilia, cose molto diverse tra loro. Di omosessualità, infatti, la chiesa sa poco; ma di pedofilia, va detto, se ne intende.


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