di mazzetta

Quasi tutto quello che compriamo si porta dietro una serie di avvertimenti e suggerimenti precauzionali “per la sicurezza del consumatore”. Dal cibo fino ai semplici sacchetti di plastica (non sono un giocattolo, rischio di soffocamento) sembra che gran parte di quello che compriamo sia potenzialmente pericoloso, tanto da rendere necessarie avvertenze che sfidano l'ovvio (“non ingerire” c'è scritto anche sui cuscinetti a sfera d'acciaio).

Poi quando si arriva a certi oggetti di consumo, le cautele evaporano. È successo a lungo per le sigarette, per le auto, succede ora per i telefoni cellulari e i dispositivi wireless in generale. Dispositivi che hanno un mercato enorme, destinato a essere sempre più importante nei decenni a venire. Eppure se i cellulari provocano un'incidenza di gravi malattie appena statisticamente rilevante, questi diventano necessariamente milioni di casi nel mondo, non esattamente un caso “raro”.

Dopo venticinque anni dall'introduzione sul mercato dei cellulari si dice che non esiste ancora uno studio epidemiologico sugli effetti dell'uso dei cellulari sulla salute. Un'assenza clamorosa, se si pensa che, oltre a un lungo lasso di tempo, sono a disposizione circa quattro miliardi di utenti di cui si conosce tutto, dall'età al sesso, fino alle abitudini d'uso del terminale e agli spostamenti.
Nonostante questa mancanza sospetta, molti - scienziati - hanno dichiarato che i cellulari non sono dannosi per la salute e non provocano tumori: semmai, i cellulari sono pericolosi alla guida.

Una linea condivisa e sostenuta da quasi tutti media, ma se non ci sono ancora gli studi, come si fa a dichiarare che non sono pericolosi? Se non si può dire che siano pericolosi, poiché non ci sono studi, come si può supportare la conclusione contraria? Un atto di fede o di convenienza? Gli studi esistono in realtà, ce ne sono diversi, anche se incredibilmente pochi e modesti se confrontati con la base statistica a disposizione. Il dottor Henry Lay, dell'università di Washington, ha fatto due conti e ha notato che il 67% delle ricerche indipendenti ha trovato prove della pericolosità dei cellulari, mentre solo il 28% delle ricerche sponsorizzate dai big del settore ha esposto risultati dello stesso segno, ma meno evidenti.

Gli unici limiti alle emissioni elettromagnetiche dei cellulari (e dei cordless e degli altri dispositivi wireless) in vigore sono stabiliti sulla presunzione indimostrata che queste emissioni non siano dannose per la salute (si dice per la loro particolare frequenza): si tratta quindi di limiti posti primariamente per evitare interferenze con altre apparecchiature. Eppure, la nocività delle emissioni elettromagnetiche è nota e si sa che i loro effetti possono essere devastanti, quanto basta a molti per adottare comportamenti precauzionali anche in assenza di una certificazione scientifica. Lo stesso consiglio per l'uso dell'auricolare, diffusissimo e sposato anche dalle autorità sanitarie, non deriva da leggende urbane, ma da solide basi teoriche ed empiriche.

L'unico rapporto internazionale (Interphone), finanziato da governi e compagnie costruttrici e svolto con i dati di ventotto paesi, doveva uscire nel 2006, ma ancora non si è visto. Si sono viste solo conclusioni parziali, tra le quali quella per la quale i cellulari proteggerebbero dal cancro, se usati per un certo tempo. Conclusione che tuttavia le compagnie non hanno pubblicizzato, probabilmente considerata rivelatrice di grossi problemi metodologici nello studio.

Un gruppo di scienziati di quattordici paesi, che si occupa dell'inquinamento elettromagnetico, ha inviato al presidente americano Obama un rapporto ("Cellphones and Brain Tumors: 15 Reasons for Concern, Science, Spin and the Truth Behind Interphone") e una supplica per la revisione dello studio Interphone, chiedendo perché l'amministrazione obblighi i produttori a mettere avvisi precauzionali sulle confezioni dei prodotti.

Nello stesso studio Interphone, diversamente dalle conclusioni tratte fino ad ora, ci sono dati che testimoniano la relazione tra uso dei cellulari e l'insorgenza del cancro, aumento che cresce di un fattore quattro se si usa il cellulare sempre dalla stessa parte. Lo stesso studio Interphone parla di un raddoppio del rischio dopo dieci anni di uso del cellulare, senza distinguere tra uso intenso o meno. Durante la ricerca è stata raccolta un'enorme mole di dati, ma Interphone dice che “non sono ancora disponibili” per la maggior parte, sono disponibili solo quelli che dicono che i cellulari proteggono dai tumori.

Dallo stesso studio (e confermato da altri) emerge in particolare che l'uso in età prepuberale può provocare danni gravi e aumentare ancora di più (esponenzialmente) il rischio d'insorgenza di tumori. È bene notare che lo studio Interphone non riguarda altre patologie, come la possibile insorgenza di leucemie o di modificazioni a livello del DNA, effetti già legati dalla medicina alle emissioni elettromagnetiche, e nemmeno i danni al nervo uditivo, che sembrano in crescita negli ultimi anni o altre lesioni al sangue o ai tessuti.

L'unico effetto riconosciuto unanimemente e ufficialmente è quello del riscaldamento dei liquidi nei tessuti per effetto delle microonde emesse dai cellulari, cioè il riscaldamento di parte della testa dopo un contatto prolungato con l'apparecchio. Effetto che, pur riconosciuto, non ha portato le compagnie ad inserire alcun avvertimento nelle confezioni, in fondo la nostra testa soffre escursioni termiche molto più rilevanti durante la vita.

Nonostante molti medici consigliano ormai di non tenere il cellulare vicino alla testa, al cuore e ai genitali e di usare per quanto possibile auricolari collegati con un cavo, questi consigli non appaiono quasi mai nelle istruzioni degli apparecchi, in nessuna confezione è riportata una qualsiasi allusione ai tumori o a gravi patologie.

Restando alle avvertenze riportate negli studi conosciuti, il terminale aumenta la sua pericolosità con la riduzione della distanza dell'apparecchio dal corpo, con l'aumento dell'uso e proporzionalmente all'intensità delle emissioni dell'apparecchio. Rilevante in questo senso è la distanza dal primo ripetitore, che condiziona l'intensità del segnale che emesso e altrettanto rilevante è la durata dell'impiego del terminale. Chi telefona a grande distanza da un ripetitore è investito da radiazioni molto più forti di chi si trova in sua prossimità.

Non a caso uno dei bachi più rilevanti dello studio Interphone è proprio nell'aver classificato come “forti” utenti dei cellulari quanti usino il telefono più di cinque minuti al giorno che è un espediente statistico utile a diluire eventuali picchi nella diffusione del tumore tra chi, ad esempio, sta al telefono un paio d'ore o più al giorno. Le cronache hanno già confermato l'ipotesi, registrando casi di tumori devastanti nel lato della testa usato per telefonare da utenti che ne facevano un uso molto intenso, tra questi recentemente anche l'ultimo senatore Kennedy.

Lo studio Interphone oltre ad essere in ritardo è evidentemente sovvertito dalle compagnie, che hanno tutti gli interessi a minimizzare i possibili pericoli, l'appello sopra ricordato accusa apertamente le compagnie di aver sabotato le ricerche e di averle dirottate. Accusa forte anche delle dichiarazioni di alcuni ricercatori coinvolti che hanno denunciato errori e manipolazioni

La denuncia ha avuto scarsa eco negli Stati  Uniti e quasi nessuna altrove, in Italia siano prossimi allo zero, eppure proprio di recente un tribunale italiano ha riconosciuto il rapporto causa-effetto tra il tumore di un denunciante e l'uso del telefonino,  per farlo si è basato su uno studio epidemiologico svedese. Che evidentemente esiste.

Gli autori della denuncia fanno riferimento al “principio di precauzione” così come definito dalla UE e alle richieste di nuove indagini provenienti dalla stessa UE per chiedere a Obama un cambiamento deciso nella politica dell'amministrazione americana, l'amministrazione Bush er del tutto schierata al fianco dei produttori fino alla plateale negazione delle evidenze scientifiche e ai (poi rivelati) taroccamenti degli studi governativi in loro favore. Nella realtà le compagnie si sono “generosamente” offerte di finanziare queste ricerche per poterle controllare, non c'è nessun altro studio epidemiologico simile a Interphone, ma indipendente, in corso. Un'anomalia più che evidente.

Eppure lo stesso leader della Cellular Telecommunications Industry Association’s (CTIA) ha ammesso che dagli studi della sua associazione (dei produttori) emergerebbe un raddoppio del rischio di tumori, un aumento del neuroma acustico direttamente proporzionale all'esposizione dopo almeno 6 anni di uso del cellulare e “il rinvenimento di danni genetici nel sangue esposto alle radiazioni dei cellulari”.

Accertato è anche l'effetto negativo sulla fertilità, secondo gli studi disponibili la vicinanza di un apparecchio riduce del 59% gli spermatozoi vitali, ma non lo dice nessuno e non c'è nessuna avvertenza  in merito sui prodotti, altri studi hanno testimoniato un aumento del rischio di tumori ai testicoli, mentre non esistono studi sull'influenza dei cellulari sull'apparato riproduttivo femminile, le consumatrici sono ancora più impressionabili.

Parallelamente le compagnie assicurative tendono sempre in maggior numero ad escludere la copertura di patologie insorte a causa dell'esposizione a sorgenti elettromagnetiche, se tra venti o trenta anni ci sarà un aumento dei casi di tumori, loro non pagheranno, ma se non c'è rischio che senso ha questa esclusione?

Molti paesi (Francia, Russia, Gran Bretagna, Germania, Israele e India) hanno posto limiti all'uso dei cellulari da parte dei bambini e nelle aree scolastiche, senza alcuna contestazione da parte delle compagnie produttrici, ma senza che questo facesse apparire alcuna avvertenza nelle confezioni dei cellulari, che spesso riportano una curiosa e unica dicitura, quella che dichiara che il cellulare rispetta i limiti delle emissioni se tenuto a 1.5 o addirittura a 2.5 centimetri dal corpo. Quindi, se tenuti in una tasca o all'orecchio, questi apparecchi non rispettano i limiti, ma questo non c'è scritto. Nel nostro paese lo Stato latita e i bambini non li protegge nessuno se non la coscienza e le possibilità dei genitori.

Tutti fatti, leggi, ed avvenimenti in palese contraddizione con il “non è dimostrato che i cellulari facciano male”, che per inciso è la stessa tattica negazionista usata prima dai produttori di sigarette e poi dalle grandi corporation che distribuiscono idrocarburi, che fino a ieri negavano l'esistenza del “climate change” e oggi che è accertato e riconosciuto da tutta la comunità scientifica internazionale, cercano di negare che ne siano responsabili le emissioni dei carburanti fossili.

Nell'aprile del 2009 la UE ha votato a stragrande maggioranza un approccio completamente diverso al problema e il finanziamento di nuovi studi, proprio per aggirare lo scandalo Interphone, ma i produttori hanno fatto finta di nulla e i media non hanno colto l'occasione per avvisare gli utenti dei rischi

Il rapporto inviato a Obama, pubblicato l'estate scorsa, si chiude chiedendo ai media di focalizzare l'attenzione sul problema, ma non l'ha fatto nessuno, anche i grandi giornali che hanno parlato di questo allarme si sono limitati a riassumerne le conclusioni senza richiamare la responsabilità delle aziende produttrici o senza fare altro per richiamare l'attenzione dei consumatori sui gravi rischi incombenti, anche in Italia non ne ha parlato nessuno.


 

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