di Tania Careddu

Non solo padri. Anzi, sebbene la cronaca declini i casi al maschile, i dati della statistica ufficiale mettono in luce che a essere maggiormente penalizzate, in seguito alla separazione, sono soprattutto le madri. Cioè, il rischio di scivolare in condizioni di povertà per le ex mogli è più alto che per gli ex mariti. Questo è quanto emerso dalla prima indagine sul tema, contenuta nel Rapporto sulla povertà 2014 della Caritas, False partenze.

A risentire delle difficoltà, causate dal nesso tra rottura del rapporto coniugale e forme di povertà, ci sono gli aspetti materiali, relazionali e psicologici. Cosicché i bisogni intercettati dai centri Caritas e dai consultori, si possono raggruppare in tre macro categorie: il bisogno di ritrovare se stessi; la necessità di avere un tetto; la mancanza di un luogo sano dove poter incontrare i figli.

Coloro che affrontano una separazione, subiscono un crollo dell’identità, slatentizzando dei “veri e propri buchi esistenziali”, tanto che, a detta delle educatrici che lavorano nei progetti della Caritas, consistenti in servizi di accoglienza temporanea per uomini con un vissuto di separazione in situazioni di disagio abitativo e relazionale, nel cercare di ricostruire “il loro vissuto, la loro storia professionale attraverso il curriculum vitae, ci si rende conto che sono state cancellate molte parti della loro vita, interi anni”.

Perché, sostengono, “la separazione ti mette di fronte a un cambio totale delle abitudini: perché finché sei a casa, hai un posto dove andare a dormire, hai chi ti prepara da mangiare, pur stando male, hai comunque un’identità (apparente ndr). La separazione ti lascia solo, soprattutto in un mondo maschile di cinquantenni che magari non sanno farsi da mangiare, stirare o fare una spesa sensata. La separazione è la dichiarazione di solitudine e tu non sei pronto. Poi si incastra tutto, è un concatenarsi di questioni: banalmente, come fai a presentarti a un colloquio o al lavoro se non ti sei fatto una doccia prima, se non hai dormito?” E così, “non sono in grado di far fronte alle spese di mantenimento e allo stesso tempo di provvedere a una sistemazione abitativa”.

Per questo si nota un dimezzamento della percentuale di coloro che vivono in una casa di proprietà, una diminuzione di quella delle persone in affitto, un affaticamento rispetto agli oneri di spesa fissi, tipo mutuo o pagamento delle bollette, e un aumento delle situazioni di precarietà abitativa.

O, ancora, di avere un luogo, che non sia un centro commerciale o un luogo pubblico, dove poter incontrare i propri figli e soddisfare il bisogno di essere genitori in un ambiente accogliente.

Il cammino è difficile per favorire la continuità dei legami genitoriali, da reinventare, specialmente per i padri che, a differenza delle madri, notano un peggioramento dei rapporti e sono obbligati a ridefinirli in assenza della (precedente e consolidata) quotidianità.

Da qui, un senso di inadeguatezza del ruolo genitoriale e senso di colpa. Non solo: i genitori separati sono più soggetti ad ansie nevrotiche, fobie, depressioni, mancanza di fiducia in se stessi e negli altri, senso di solitudine. In questi casi, mettersi in coda alla Caritas non basta. Purtroppo.

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