di Tania Careddu

Corruzione: abuso di potere pubblico per vantaggio privato dove gli interessi individuali sono anteposti a quelli collettivi. In Italia, sebbene questa risulti maglia nera nelle classifiche internazionali ed europee e i cittadini la considerino un problema molto serio, la corruzione in sanità rimane un fenomeno oscuro in termini quantitativi: i dati sono spesso obsoleti, imprecisi e parziali e le statistiche ufficiali arrivano con anni di ritardo. Gli effetti, però, secondo quanto si legge nel "Libro Bianco sulla Corruption in Sanità" pubblicato da ISPE-Sanità, sono molto chiari: è il settore in cui i cittadini pagano, anche con la vita, i suoi costi più elevati.

Il problema, come evidenzia il Libro Bianco, “non riguarda le regole, che pure esistono, ma gli uomini, perché la società italiana non è educata a percepire e rifiutare la corruzione, così come debole è il senso di legalità”, per cui “i funzionari pubblici, i politici, i faccendieri corrotti gestiscono la sanità pubblica come una grande torta da spartire, nel pieno disprezzo delle procedure e il mondo sanitario, salvo rare eccezioni, preferisce tacere o guardare altrove”.

Per questa consensualità, tipica di questo crimine, per l’assenza di vittime dirette e per la commistione con altri fenomeni di mala amministrazione, la corruzione è presto fatta. Si deve poi considerare che il sistema sanitario italiano presenta, per sua stessa natura, situazioni di vulnerabilità. L’asimmetria informativa tra utente e Sistema sanitario, la complessità del sistema in analisi e, in aggiunta, la struttura delle aziende sanitarie che, per bilanci e dimensioni organizzative, si presta a un tasso di disorganizzazione fisiologico, favorisce la corruttela.

Una disfunzionalità e insieme una complessità che, abbinati a una buona dose di burocrazia e decentralizzazione, diventano terreno fertile per il conseguimento di vantaggi illeciti. Questi sono poi ulteriormente facilitati dall’oggettiva incertezza del mercato in oggetto, intesa come difficoltà di prevedere, al fine di allocare le risorse, la diffusione di malattie così come i costi e l’efficacia delle cure, la debolezza del quadro normativo, spesso contradditorio, in cui versa il settore, la corruzione in sanità è (pre)definita.

E’ in questo quadro che nasce e prospera la “Corruption”, nell’accezione anglosassone che considera anche gli sprechi, le disfunzioni e le inefficienze, che può incidere sulle scelte di spesa pubblica che vengono conseguentemente orientate verso settori più remunerativi invece che più necessari o sulla scelta dei beneficiari di queste risorse.

Cinque gli ambiti maggiormente permeati da fenomeni corruttivi: nomine, (vedi ingerenza politica), conflitto di interessi, carenza di competenze, discrezionalità, insindacabilità; farmaceutica, (con l’aumento artificioso dei prezzi) e poi nei brevetti, nella falsa ricerca scientifica, nelle prescrizioni fasulle o non necessarie, nei rimborsi inutili.

A questi si aggiungono tortuosi procedimenti amministrativi, costituiti, tra l’altro, da gare d’appalto non necessarie, procedure non corrette, carenza di controlli. Per completare il quadro emergono negligenza, dirottamento verso la sanità privata, omessi versamenti; per non parlare del maggiore fenomeno d’inquinamento del sistema che è rappresentato dalle politiche di accreditamento ad oltranza per la sanità privata, che comportano la mancata concorrenza, l’omesso controllo dei requisiti, lo scarso turnover e le prestazioni inutili.

Il tutto con un danno economico che raggiunge cinque miliardi e mezzo circa di euro, pari al 5 per cento della spesa sanitaria pubblica. Senza considerare la perdita del 16 per cento che deriverebbe dai potenziali investimenti esteri che invece, di corruzione, proprio non ne vogliono sapere. Un affare tutto italiano?

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