di Tania Careddu

Quelli ad alta velocità aumentano (del 276 per cento rispetto al 2007) ma quelli che si muovono sui binari della rete ordinaria, gli intercity e i treni regionali si sono ridotti, in seguito ai tagli, pari al 26,2 per cento, dal 2010 a oggi, sui trasferimenti da parte dello Stato al servizio ferroviario in questione. Al di fuori dell’alta velocità - sono state introdotte altre quattro corse sulla Roma-Milano - il parco treni circolante, soprattutto nel tacco dello Stivale, è troppo scarso, vecchio e lento rispetto alle necessità.

Per capienza, per età, per la carenza di orari adatti all’utenza pendolare, per la (scarsa) frequenza dei convogli e per le condizioni delle stazioni. Per di più, in sedici regioni sono aumentate le tariffe e diminuiti i collegamenti in quindici di queste.

Quelle con i treni più vetusti sono l’Abruzzo, dove i più vecchi hanno più di quindici anni, la Basilicata e la Sicilia, forse la peggiore, in cui la linea ferroviaria presenta quattrocentoventinove corse contro le duemila e trecento della Lombardia. E, come non bastasse, negli ultimi quindici anni si sono ridotte del 41 per cento, con treni che viaggiano sempre più lentamente, tanto che gli attuali tempi di percorrenza sono addirittura superiori a quelli di venti anni fa.

La tratta più inadeguata del 2016, la Roma-Ostia Lido che, spostando circa centomila tra studenti e lavoratori (e con un bacino d’utenza tale che si potrebbero raddoppiare i pendolari se il servizio fosse di qualità) è sempre soggetta a guasti tecnici tra corse che saltano e ritardi periodici, priva di personale ferroviario, informazioni e biglietterie. Per non parlare, poi, della linea metropolitana della Capitale, soprattutto la B, utilizzata da oltre trecentoquarantacinque mila passeggeri che soffre di problemi tecnici, proponendo tempi d’attesa medi di quindici minuti.

E, cambiando la tratta, che si chiami Circumvesuviana, Reggio Calabria-Taranto, Genova-Acqui Terme, Treviso-Portogruaro, Bari-Martina Franca-Taranto, Pescara-Roma, pur con le dovute differenze il disagio non muta. Soppressioni delle corse che arrivano a quasi il 50 per cento dei treni giornalieri, servizio interrotto per l’esigenza di effettuare svariati interventi di manutenzione, rallentamenti vari ed eventuali.

Per non dire dei livelli di comfort dei pendolari: desolanti vista l’assenza di climatizzatori nella stragrande maggioranza delle carrozze, dei guasti frequenti a finestrini, porte e servizi igienici.

Manca, secondo quanto denuncia il rapporto Le dieci linee pendolari peggiori, redatto da Legambiente, una strategia di potenziamento complessivo, al di fuori dell'alta velocità, che permetta di migliorare l’offerta a partire dalle grandi città e dalle situazioni più difficili sulle linee secondarie, in particolare del Sud.

Perché se è innegabile che in alcune Regioni, attraverso i contratti con Trenitalia, stia avvenendo un miglioramento del parco treni circolante con mezzi nuovi, il problema è che sono troppo pochi quelli in circolazione e talmente datati e fiacchi da essere la causa dello scarso utilizzo del trasporto ferroviario.

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