Che i luoghi formativi incidano sullo sviluppo dei bambini è cosa nota. Meno risaputo è che sono determinanti sulla possibilità di sottrarli (insieme alle loro famiglie) da una potenziale condizione di povertà. Potrebbe apparire bizzarro ma per sconfiggerne l’ineluttabilità non è necessario avere i requisiti per aprire un conto bancario quanto, piuttosto, fare i conti con l’accessibilità o meno ai servizi socio-educativi.

 

Essere ricchi di scuole con palestre, di asili nido, di biblioteche e di istituti scolastici ben funzionanti e raggiungibili agevolmente salva da un destino (intergenerazionale) di indigenza. Ma l’Italia, a otto anni dalla data stabilita per il raggiungimento dell’obiettivo fissato a Barcellona che indicava almeno al 33 per cento la copertura dei servizi di prima infanzia entro il 2010, è ancora lontana dalla ricchezza, sfiorando la media nazionale del 23 per cento, avendo trecentosettantacinquemila posti disponibili su un milione e mezzo di bambini fino a due anni, distribuiti su tredicimila strutture.

 

E’ ancora più drammatico se disgrega il dato a livello locale, secondo quanto riporta il dossier Povertà educativa, redatto da Con i bambini, per le profonde differenze territoriali economiche e sociali tra le diverse aree del Paese: solo quattro regioni raggiungono la percentuale auspicata mentre tutte quelle del Mezzogiorno, eccezion fatta per la Sardegna, si collocano al di sotto della media.

 

Nei comuni montani, la percentuale di posti sul totale dei residenti è la più bassa d’Italia - Foggia, Caltanissetta, Siracusa e Reggio Calabria le province più svantaggiate - con alcuni virtuosismi nelle province di Prato, di Trieste, di Ravenna, di Aosta, di Siena e di Biella.

 

Nei comuni capoluogo, gli indici di copertura sono, manco a dirlo, più alti che altrove, soprattutto in quelli del centronord, con l’eccezione di Cagliari e Roma che hanno indici spesso superiori a quelli delle città centro-settentrionali, e sono bassi nei comuni a basso reddito.

 

Quanto alla presenza di biblioteche, la Valle d’Aosta e il Molise registrano il rapporto maggiore tra presenza di queste strutture e numero dei bambini sopra i sei anni: tra le regioni sopra i tre milioni di abitanti, il Piemonte è la prima, la Puglia l’ultima.

 

Su quasi sette milioni di studenti, sono poco più di cinque milioni quelli che hanno a disposizione una palestra nelle scuole, le quali nel 73 per cento dei casi sono ubicate in zone con qualche rischio sismico e in Basilicata, in Molise, in Umbria, in Abruzzo e nelle Marche si trovano tutte in zone a rischio sismico elevato.

 

Le scuole calabresi e campane, insieme a quelle siciliane, sono le meno raggiungibili d’Italia con i mezzi pubblici, compresi gli scuolabus. Poveri bambini.

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