di Cinzia Frassi

Si è risolto con una confessione l’ennesimo sconcertante delitto. Raffaella Castagna, sua madre Paola Galli, il piccolo Youssef e la vicina di casa Valeria Cherubini sarebbero stati uccisi da Olindo Romano e Rosi Bezzi. Erano vicini di casa e proprio non andavano d’accordo. Pare che a scatenare i coniugi brianzoli sia proprio l’insostenibilità dei rapporti di vicinato, costellati negli ultimi anni da liti, ripicche, insulti, minacce e perfino una querela. I coniugi avrebbero agito insieme servendosi di due coltelli e di una spranga. Sarebbe stata proprio Rosa ad uccidere il piccolo Youssef perché piangeva, non senza prima colpirlo ad un braccio e alle manine. Olindo e Rosa hanno continuato a vivere la loro vita come sempre per un lungo mese dopo la mattanza.La confessione dei coniugi arriva soprattutto per le prove decisive raccolte a loro carico dai Carabinieri del Ris nell’abitazione dei Romano. Non solo, ci sono le macchie di sangue dell’unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio nell’auto dei coniugi. Inoltre, l’alibi che si erano costruiti si frantuma davanti ad una frase: “Sì, ero qui, ho visto arrivare i pompieri”. Se la lascia scappare Olindo la sera stessa del massacro ad un’emittente privata di Como. Non potevano trovarsi a cena, lontano dal luogo del delitto, come avrebbero sostenuto in seguito.
Le confessioni arrivano a notte fonda, mercoledì davanti ai Pm che si sono occupati dell’inchiesta e del procuratore capo lariano Alessandro Lodolini. C’erano tutti, segno che probabilmente si aspettavano di poter ascoltare ciò che sapevano dalla voce dei coniugi Romano.
E così è andata. Un delitto cruento ed efferato che ancora una volta ha visto i media battere la pista dello straniero cattivo, il nemico, il violento. Azouz Marzouk, non appena messo piede in Italia, al rientro dal suo viaggio in Tunisia, è stato immediatamente interrogato e soprattutto additato da Tv e stampa come il probabile colpevole. Ma pure se non fosse stato colpevole, qualcosa c’entrava. Questo il tenore della cronaca italiana del delitto. Ora il marito di Raffaella Castagna, il padre del piccolo Youssef grida il suo odio. Riferendosi ai carnefici dice che non hanno scampo e che non se ne andrà dall’Italia fino a che non verrà fatta giustizia. Oggi giustizia per quest’uomo significa solo uccidere chi ha ucciso:“Se non lo fanno altri li uccido io” dice. Perché ormai, in Italia, persino uno straniero non crede alla certezza del diritto.

E il movente? Bisticci tra vicini di casa. Pare assurdo, eppure sembra proprio così. Proprio non si sopportavano. Dalle confessioni dei coniugi Romano sembra che poco per volta abbiano raggiunto il culmine della loro rabbia a causa dei vicini troppo rumorosi, per i giochi del bambino, per le frequentazioni di casa Marzouk. Un poco per volta la situazione si è scaldata al punto da far esplodere la rabbia omicida di Olindo e Rosa. Un movente che si traduce nell’incapacità, forse patologica, di gestire i comportamenti reattivi a sollecitazioni che troppo spesso oggi scatenano mattanze simili tra persone che per vari motivi si vedono tutti i giorni.

Vengono denominati delitti di prossimità quelli che si consumano tra le mura domestiche, in famiglia, o nella fascia di conoscenti più prossimi, come i vicini di casa. Il rapporto annuale sugli omicidi in Italia dell’Eures segnala negli ultimi anni una diminuzione degli omicidi legati alla malavita ed alla criminalità organizzata. Più della metà dei delitti si consumano all’interno della famiglia o tra amici e conoscenti dell’ambiente di lavoro o del vicinato. Un dato significativo che dovrebbe costringere a qualche riflessione. Le cause scatenanti di queste azioni criminali puntano direttamente al perimetro più circoscritto del vivere quotidiano. Una casa, un condominio, un portone che vede le stesse persone avvicendarsi giorno dopo giorno. Ambienti che siamo abituati a percepire come rassicuranti e familiari che diventano proprio il terreno fertile che scatena la “normalità” e la trasforma in furia omicida. Senza rimorsi. E’ difficile riuscire a comprendere come l’individuo non sia più in grado di gestire disagi, stress, frustrazioni se non lasciandole implodere nell’alveo di quel perimetro quotidiano, spesso per sfogare un senso di persecuzione.

Il criminologo, Francesco Bruno, direttore del Dipartimento di Scienze Psichiatriche, Medicina e Psicologica dell'Università La Sapienza di Roma, commenta il movente di Erba e spiega che, “anche se non ci sono precedenti di tale efferata violenza la patologia dell'uccisione da parte di un vicino nei confronti di un altro, per problemi di amministrazione, rumori molesti, parcheggio o altre futilità, è tristemente nota e frequente. Il paranoico uccide chi rappresenta nella propria mente, il
persecutore. Questa volta però, l'omicidio è di dimensioni enormi e ha coinvolto una mamma, un bambino, familiari e vicini”. Bruno continua chiedendosi cosa c’è in queste famiglie che fa scoccare la scintilla e dice “Si deve tentare di capire tutto ciò, e di rispondere a queste domande che fanno capo a delle situazioni di inimmaginabile allarme sociale.

Perché è davvero raccapricciante lo scenario delle quattro vittime subito dopo la strage, in quella casa. Piero Castagna, fratello di Raffaella, dà una possibile risposta: “Nessun movente e' ammissibile, ma questo è forse uno dei più assurdi".




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