“Quindici anni fa, il 4 febbraio 2002, in Afghanistan, un drone americano lanciava un missile Hellfire contro tre uomini, uccidendoli. Quello era il primo attacco effettuato da un velivolo a pilotaggio remoto con armi a bordo. Il drone era sulle tracce di Osama bin Laden ma, con ogni probabilità, le vittime non erano terroristi, bensì uomini intenti a recuperare rottami di metallo”, si legge nel dossier sugli APR militari italiani, Droni, redatto dall’Osservatorio sulle spese militari italiane – Milex.

 

 

Raccolgono vasti consensi negli ambienti politici e militari grazie alla loro economicità finanziaria e politica, presentando decisivi vantaggi di ordine politico-comunicativo, appunto, operativo ed economico. Per cui, in Europa, costituendo una tecnologia dual-use – militare e civile – possono essere finanziati dai fondi dell’Unione europea tanto che, dal 2001, la ricerca sui droni è stata ammessa ad altrimenti inaccessibili programmi di finanziamento.

 

In Italia, l’impatto economico complessivo dei droni – da quelli americani Predator e Reaper al progetto nostrano P1HH – finora usati dal Belpaese solo in missioni di ricognizione, è stato di poco meno di settecento milioni di euro, di cui i due terzi sono stati spesi per l’acquisto dei Predator e dei Reaper statunitensi.

 

Ma, in piena campagna elettorale, il ministero della Difesa ha avanzato la proposta di fabbricare droni armabili (Piaggio Aerospace e Leonardo) come degni successori di quelli americani “predatori e mietitori”. La procedura di armamento è, dunque, avviata: se le Camere approvassero la richiesta della Difesa, non solo le spese per programmi di droni militari raddoppierebbero arrivando ad attestarsi su circa mille e quattrocentotrentaquattro milioni di euro fino al 2023 ma l’Italia si aprirebbe a una flessibilità di impiego bellico infinitamente maggiore rispetto all’uso dei tradizionali cacciabombardieri pilotati.

 

Sebbene allo stato attuale non si disponga di inchieste specificamente centrate sull’Italia, da alcune rilevazioni emerge che gli abitanti del Belpaese, però, manifestano uno scarso e decrescente sostegno ai droni armati: meno di un terzo degli italiani è favorevole alle esecuzioni mirate mediante i droni mentre il 55 per cento vi si oppone, con una tendenza alla riduzione del consenso che, nel 2014, registra il picco più basso con il 74 per cento dei contrari.

 

Ma tant’è: stando al report "Assistenza mortale", stilato da Amnesty International, il governo italiano, nel 2016, ha accordato agli Stati Uniti l’autorizzazione a lanciare droni armati dalla stazione aeronavale siciliana di Sigonella, limitandola, però, agli attacchi difensivi per proteggere le forze speciali impegnate in operazioni contro il gruppo armato autoproclamatosi Stato islamico in Libia. A oggi, però, è opaca la trasparenza in merito alle norme disciplinanti tale supporto fornito dai paesi europei al programma statunitense di utilizzo letale dei droni.

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