Prenderli in giro è troppo facile, non ne vale la pena. Piuttosto, è il caso di chiedersi chi siano, da dove vengano e cosa li spinga a credere in tutte quelle assurdità. Certo, c’erano anche i neofascisti di Forza Nuova, ma non solo. Le persone che sabato scorso hanno sfilato a Roma contro la “dittatura sanitaria” del governo erano perlopiù gente comune.

La lista delle sigle in campo era abbastanza lunga: hanno sfilato i No Mask, i No Vax, Italia Libera, il Popolo delle Mamme, le Madri in rivolta, i No5G, i Risveglisti, gli eretici e probabilmente anche qualcun altro. Le persone in strada, però, erano davvero poche: gli organizzatori ne avevano annunciate cinquemila, ma alla fine erano meno della metà, circa duemila. Secondo la Questura, 1.500.

Come da copione, nessuno portava la mascherina e il distanziamento sociale non veniva rispettato. Si sapeva da prima che sarebbe finita così, perciò probabilmente la manifestazione non andava autorizzata nell’interesse superiore della salute pubblica. Sarebbe stato possibile anche interromperla in corsa, ma a quel punto ci sarebbe stato il rischio di disordini che avrebbero aggravato ulteriormente la situazione.

L’età media dei manifestanti era piuttosto alta e il campionario di scemenze assai variegato: il Covid non esiste, è tutta una montatura di Big Pharma, la mascherina serve a imbavagliarci; e poi ancora i microchip, il 5G, le menti malefiche di Georges Soros e Bill Gates a orchestrare tutto insieme al club Bilderberg. Uno psicanalista parlerebbe di rimozione e spostamento. 

Gli insulti si sprecavano (al governo, al Presidente della Repubblica, al Papa), così come i richiami alla patria e alla religione. Eppure, di politico in quel carosello non c’era quasi nulla. Magari potessimo catalogarli tutti sotto un’etichetta partitica, liquidarli come fascistoidi analfabeti e via. Perlomeno sapremmo come inquadrarli: avrebbero un’identità, farebbero riferimento a una visione del mondo, a un’ideologia, a dei valori sbagliati ma espliciti. Invece questa gente è espressione dell’esatto contrario.

Il mini-corteo romano - così come quelli ben più affollati scesi in piazza a Berlino e a Londra - ha dato voce alla dispersione, all’esclusione, al vuoto. Non avendo alcun riferimento culturale né politico cui appigliarsi, alcune persone si lasciano andare a un’ostilità generica e rabbiosa contro tutto e tutti. Dopo di che, condiscono la loro opposizione assoluta con una buona dose di fantasia complottista, che è la strada più semplice per non sentirsi persi davanti alla complessità del reale.

Queste manifestazioni di strada, con il loro corollario di farneticazioni, sono quindi uno dei tanti sintomi prodotti dalla società post-ideologica, atomizzata, priva di identità e di coesione. “Noi siamo il popolo”, si leggeva sullo striscione più grande dei manifestanti romani, ed era proprio quello l’indizio più utile a capire la situazione. Erano solo duemila poveretti confusi, arrabbiati e disorientati, ma avevano bisogno di sentirsi “popolo”. Perché? Perché quando queste persone erano giovani parlare di “popolo” aveva ancora senso, mentre oggi non è più così. Il popolo è esploso e quello che ne rimane è una nube di frammenti dispersa a caso nell’atmosfera. Per alcune persone, questo è semplicemente insopportabile.  

  

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