La finta scoperta della Palestina

di Fabrizio Casari

Prima Parigi, poi Londra, quindi Toronto, forse Berlino. Sembrano essersi tutti convinti i governi europei e il canadese, di dover riconoscere la Palestina come Stato. Dunque con un procedimento formale, che include l’ufficializzazione delle relazioni diplomatiche bilaterali con tutto ciò che organizzativamente comporta, a cominciare dall’apertura dei rispettivi uffici diplomatici...
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Breve storia di una famiglia

di Luciano Marchetti

Con Breve storia di una famiglia, il regista cinese Lin Jianjie firma un esordio sorprendente, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2024. Il film, a metà tra dramma familiare e thriller psicologico, esplora con sguardo lucido le fragilità emotive e i contrasti sociali della Cina post-politica del figlio unico, tracciando un ritratto intimo di una famiglia della media borghesia il cui equilibrio apparente viene incrinato dall’arrivo di un outsider. La vicenda ruota attorno a Shuo, quindicenne taciturno e indipendente, cresciuto in un contesto segnato dalla violenza e dall’abbandono dopo la morte della madre e con un padre alcolizzato. Quando stringe un’amicizia inaspettata con Wei, figlio unico di una famiglia...
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di Sara Seganti

Gli occhi sono puntati su Jersey. E’ una piccola isola alle dipendenze della corona inglese diventata meta di quei fondi d’investimento spregiudicati al tal punto da essere ribattezzati “fondi avvoltoio”, intenti a compiere speculazioni sul debito sovrano di paesi poveri e fortemente indebitati. Jersey è prima di tutto un paradiso fiscale e, in secondo luogo, anche un buco nella rete di protezione legale che l’Inghilterra ha voluto garantire a quei 40 paesi poveri entrati nel programma di alleggerimento del debito promosso dalla comunità internazionale.

La legge inglese, approvata nel marzo 2011 e tra le prime del suo genere, vieta di intentare cause legali per speculare sui debiti sovrani di quei paesi poveri fortemente indebitati ma non si applica ai suoi territori d’oltremare. Pertanto i fondi avvoltoi si sono spostati nelle zone franche e, proprio in un tribunale di Jersey, il prossimo mese, si deciderà della sorte di 100 milioni di dollari che la Repubblica Democratica del Congo rischia di essere costretta a pagare al fondo d’investimento FG Hemisphere a fronte di un debito iniziale di 37 milioni, circa un terzo della cifra richiesta adesso, in valore reale.

La Repubblica Democratica del Congo, il secondo paese più povero del mondo, ha contratto un debito con lo stato bosniaco quando era governata dal dittatore Mobutu Sese Seku negli anni ’80. FG Hemisphere ha rilevato questo debito e sta cercando da alcuni anni di rifarsi dell’investimento, fino ad arrivare al tentativo, qualche tempo, fa d’impossessarsi dell’ambasciata della Repubblica Democratica del Congo a Washington, senza però riuscirci.

Il fenomeno non è nuovo, ma sta assumendo proporzioni inquietanti. Negli ultimi anni, 54 fondi d’investimento privati hanno intentato cause legali contro paesi poveri fortemente indebitati chiedendo risarcimenti per 1,5 miliardi di dollari, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale. Allo stato attuale, i fondi avvoltoi hanno già ricevuto indennizzi per almeno 1 miliardo di dollari.

Queste compagnie d’investimento private hanno acquistato, o più spesso hanno rilevato da altri stati, una parte del debito sovrano di un paese nel caos o in guerra, comunque in stato di “shock” per usare la terminologia di Naomi Klein. Non appena la congiuntura economica si fa più favorevole, quando cioè gli investitori tornano ad operare nel paese in questione, spesso incoraggiati dai programmi di alleggerimento del debito a livello internazionale, i “fondi avvoltoio” riescono a rientrare del loro investimento iniziale maggiorato da elevati interessi e commissioni. Il tutto sempre in dollari, aggravando ancora di più il già pesante fardello sulle spalle di paesi dalle valute deboli.

Fondi avvoltoi a parte, sono alcuni anni che la piaga del debito del terzo mondo ha riscosso l’attenzione del grande pubblico grazie a campagne d’opinione e testimonial, anche molto criticati, come Bono degli U2. In molti, comunque, hanno lavorato per portare a conoscenza del grande pubblico la gravità della situazione debitoria che rinchiude, tra interessi elevati, corruzione, condizionamenti politici e assenza di sviluppo, quei paesi poveri fortemente indebitati all’interno di un orizzonte senza speranze.

I 48 paesi più poveri totalizzano circa 168 miliardi di dollari di debito che non possono permettersi di ripagare. La morsa del debito non fa che acuire l’estrema povertà in cui versano le genti di paesi già poveri e colpisce le risorse naturali, oppure provoca la privatizzazione dei servizi, l’apertura di mercati o, più semplicemente, l’eliminazione di servizi di base come sanità e istruzione.

Le istituzioni multilaterali come Banca mondiale e Fondo monetario, tra i maggiori responsabili di questo stato di cose, hanno preso atto della situazione e negli ultimi anni hanno avviato un primo programma di alleggerimento del debito selezionando 40 paesi poveri altamente indebitati - “HIPC” – ai quali paesi donatori e istituzioni multilaterali hanno cancellato parte del debito, per un totale di 110 miliardi di dollari dal 1996 a oggi.

Una cifra ragguardevole, ma ancora insufficiente per far ripartire economie così minate, soprattutto visto che i creditori privati non hanno nessun vincolo, né nessun incentivo, a partecipare al programma di alleggerimento del debito.

La morsa del debito è uno dei maggiori strumenti di ricatto e controllo dei paesi poveri e il meccanismo dei prestiti del fondo monetario è noto per essere una delle concause del sottosviluppo di molti paesi del sud del mondo.

Dittatori, regimi oppressivi e funzionari corrotti sono gli interlocutori con cui le istituzioni internazionali hanno spesso portato avanti i programmi di prestiti al terzo mondo. Una storia costellata di furti, di debiti contratti illegalmente, di progetti fallimentari che non hanno innescato nessuno sviluppo.

Non è possibile separare la questione politica dalla questione del debito. Jubilee Dept Campaign, una delle organizzazioni più attive su questo fronte, coltiva la speranza che possano ancora funzionare le influenze politiche e, perciò, chiede al governo inglese uno sforzo di pressione sui territori d’oltremare, nella speranza che dal Regno Unito possa partire un’ondata di leggi a livello internazionale per bandire una pratica che ha tutti i connotati del banditismo finanziario.

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