Francia, armi e austerity

di Michele Paris

La presentazione del bilancio pubblico per l’anno 2026 del primo ministro, François Bayrou, ha dato un’anticipazione piuttosto chiara delle misure drastiche di riduzione della spesa sociale che attendono non solo la Francia, ma anche molti degli altri paesi europei che hanno abbracciato con entusiasmo insensato le politiche ultra-dispendiose di riarmo per far fronte alla minaccia-fantasma...
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Trump e le frustrazioni ucraine

di Michele Paris

La stampa ufficiale negli Stati Uniti e in Europa sta favorendo e preparando accuratamente il cambiamento di rotta forse definitivo di Donald Trump sull’approccio alla guerra in Ucraina e sulla natura dei rapporti tra Washington e Mosca. L’esaurimento della pazienza del presidente americano nei confronti di Putin sarebbe determinato, secondo questa versione, dall’ostinazione del capo del Cremlino nel respingere tutte le – ragionevoli – proposte della Casa Bianca per arrivare a una tregua temporanea. Vista l’intrattabilità del presidente russo, presumibilmente determinato a conquistare tutta l’Ucraina e l’intera Europa, a Trump non resterebbe che tornare all’unica opzione possibile, quella della guerra “fino...
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di Michele Paris

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha dato di fatto il proprio via libera questa settimana alla mega-fusione tra American Airlines e US Airways che dovrebbe far nascere nelle prossime settimane la più grande compagnia aerea del pianeta. La decisione ha lasciato relativamente sorpresi analisti e commentatori, dal momento che solo tre mesi fa il governo di Washington aveva bloccato l’annunciata fusione da 17 miliardi di dollari, sostenendo che l’accordo avrebbe danneggiato i passeggeri con una probabile riduzione del numero di voli offerti e l’aumento delle tariffe.

A determinare l’inversione di rotta dell’amministrazione Obama è stato il raggiungimento di un’intesa per evitare la causa avviata ad agosto in base al dettato della legge anti-trust americana e che si è risolta in concessioni del tutto trascurabili da parte delle due compagnie.

Come ha reso noto lo stesso Dipartimento di Giustizia nella giornata di martedì, cioè, la nuova compagnia aerea ha accettato di cedere un numero modesto di slot - le finestre di tempo che i voli hanno a disposizione per completare le operazioni di decollo e atterraggio – attualmente detenuti presso gli aeroporti Reagan di Washington e La Guardia di New York.

Nel primo aeroporto, American Airlines e US Airways rinunceranno a 52 slot ma continueranno comunque a coprire il 57% dei voli totali, mentre nel terzo aeroporto di New York la diminuzione nel numero dei voli sarà soltanto del 2%. Le due compagnie faranno a meno anche di un’altra decina di slot suddivisi tra gli aeroporti Chicago-O’Hare, Boston-Logan, Miami e Los Angeles International, nonché Dallas-Love Field, dove peraltro li hanno già da tempo affittati ad altri operatori.

Complessivamente, la compagnia che uscirà dalla fusione perderà appena 112 voli su 6.500 che prevede di operare giornalmente. Che l’accordo con il Dipartimento di Giustizia risulti in pratica una vittoria per le compagnie lo pensano in molti, visto che gli slot e i gate che dovranno cedere con ogni probabilità sarebbero stati eliminati comunque dal nuovo piano industriale previsto dalla fusione per ridurre i costi operativi.

Secondo quanto affermato al Wall Street Journal dall’avvocato esperto in materia di anti-trust, Jeffrey Shinder, “è forse esagerato sostenere che quello del Dipartimento di Giustizia sia stato un semplice buffetto” ai danni delle due compagnie. Tuttavia, “l’accordo di certo non ha posto alcun rimedio alle questioni fondamentali” che stavano dietro al tentativo del governo di bloccare la fusione.

Tali questioni rimaste sostanzialmente irrisolte includono sia la possibilità che le tre grandi compagnie rimanenti - United-Continental, Delta e la nuova American Airlines - possano collaborare sui livelli delle tariffe da applicare sia la perdita di una compagnia “indipendente” come US Airways che contribuiva a mantenere una certa concorrenza.

Il ministro della Giustizia americano, Eric Holder, ha invece cercato di far passare l’accordo, che lascia in gran parte intatto il piano di fusione, come un successo per i passeggeri. A suo dire, infatti, negli aeroporti interessati si apriranno spazi per concorrenti low-cost, con il risultato di maggiore competitività e tariffe più basse.

Tra le altre condizioni dell’accordo c’è anche l’obbligo per la nascente compagnia di conservare tutti i suoi attuali hub per almeno tre anni e di operare almeno un volo al giorno nei prossimi cinque anni verso le città dei sei stati che si erano uniti al Dipartimento di Giustizia nell’avviare la causa anti-trust (Arizona, Florida, Michigan, Pennsylvania, Tennessee e Virginia). La già ricordata cessione degli slot a New York e Washington, però, determinerà la perdita di collegamenti aerei diretti tra queste due metropoli e un certo numero di città più piccole degli Stati Uniti

La nuova compagnia - che prenderà il nome di American Airlines Group e sarà guidata dall’attuale CEO di US Airways, Doug Parker - avrà inoltre la garanzia di continuare a operare le rotte aeree più trafficate e redditizie, come ad esempio i voli che collegano New York-La Guardia con Boston-Logan e Washington-Reagan.

La fusione tra American Airlines e US Airways è solo la più recente tra le principali compagnie aeree - americane e non solo - e segue, per quanto riguarda gli Stati Uniti, quelle tra Delta e Northwest nel 2008, tra United e Continental nel 2010 e tra Southwest e AirTran nel 2011. Malgrado la pretesa del governo americano che ci sarà maggiore concorrenza nel prossimo futuro, in seguito alla nascita di American Airlines Group quattro colossi dei trasporti aerei monopolizzeranno, secondo alcune stime, circa l’80% dei voli domestici negli Stati Uniti.

Questa tendenza non promette nulla di buono per i costi che i passeggeri dovranno sostenere. Infatti, secondo uno studio dell’American Antitrust Institute, dopo la fusione tra Delta e Northwest le tariffe dei voli operati dalla prima su molte tratte sono aumentati del 20% e addirittura del 30% su svariati collegamenti aerei dopo la fusione tra United e Continental.

Soprattutto, lo strumento della fusione, così come della bancarotta, viene utilizzato dalle grandi corporation in tutti i settori come la strada più breve per abbattere i propri costi attraverso la riduzione di stipendi e benefit dei dipendenti e ingenti tagli di posti di lavoro.

La stessa American Airlines o, meglio, la compagnia AMR a cui essa fa capo assieme a American Eagle Airlines ed Executive Airlines, aveva aperto le pratiche di fallimento nel novembre 2011, giungendo ad annunciare pochi mesi più tardi l’eliminazione di 13 mila posti di lavoro, pari al 18% del totale. Il giudice fallimentare aveva poi approvato la fusione con US Airways nell’ambito del piano di ristrutturazione della compagnia.

Al progetto hanno fornito il proprio appoggio anche i sindacati, i quali hanno infatti preso parte ad una vera e propria campagna pro-fusione assieme a 8 sindaci di grandi città americane e a 183 membri del Congresso di Washington.

Le organizzazioni sindacali - tra cui l’International Association of Machinists (IAM), impossibilitata a chiudere un nuovo contratto con US Airways dopo due anni di trattative - sono state convinte soprattutto dalla promessa che nessuno dei circa 100 mila dipendenti complessivi delle due compagnie perderà il proprio posto di lavoro dopo la fusione.

Visti i precedenti, tuttavia, appare estremamente improbabile che la nuova dirigenza possa mantenere a lungo il proprio impegno.

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