Kirk: dall’omicidio alla repressione

di Michele Paris

L’assassinio di settimana scorsa in un campus universitario dello Utah dell’attivista trumpiano di estrema destra, Charlie Kirk, sta diventando la giustificazione per una nuova stretta repressiva dei diritti democratici in America e di un’autentica caccia alle streghe tra gli oppositori dell’amministrazione repubblicana. Senza attendere dettagli più precisi sugli (eventuali) orientamenti...
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Droni russi e bugie polacche

di Mario Lombardo

Sullo sconfinamento dei droni russi in Polonia nelle prime ore di mercoledì non sono ancora emerse notizie chiare né prove certe, ma il governo di Varsavia e il resto della NATO non hanno come al solito esitato a lanciare una nuova ondata di attacchi e denunce contro Mosca per la presunta aggressione e il pericolo di escalation che essa comporterebbe. Questo atteggiamento di isteria a comando è in genere il primo segnale che si sta assistendo a un’operazione preparata a tavolino, ovvero a una “false flag”, con lo scopo sì di favorire un’escalation militare, ma da parte europea contro la Russia e con il coinvolgimento degli Stati Uniti. I fattori da considerare per fare luce sulla vicenda sono in ogni caso molteplici, ma una...
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di Carlo Musilli

L’accusa è pesante e la fonte autorevole. Secondo il Financial Times, il governo di Parigi avrebbe cercato di coprire dati scomodi sull’inquinamento prodotto da alcuni modelli Renault, casa automobilistica di cui lo Stato francese è azionista al 20 percento. In particolare, sarebbero state riscontrate “significative omissioni” sul modo in cui l’azienda avrebbe ridotto le emissioni dei gas delle sue auto diesel nei test ufficiali.

Il quotidiano britannico fa riferimento al report realizzato da una commissione indipendente sulle prestazioni di diversi modelli. L’analisi era stata richiesta dall’esecutivo di Manuel Valls dopo lo scoppio dello scandalo Dieselgate che l’anno scorso ha travolto Volkswagen, colpevole di aver alterato per anni i test sull’inquinamento causato da alcune delle sue auto a gasolio.

Dalle conclusioni del rapporto francese, pubblicate lo scorso luglio, emerge che alcuni modelli Renault avrebbero emesso ossidi di azoto (NOx, gas che causano malattie respiratorie) in quantità fra le nove e le 11 volte superiori ai limiti imposti dalle leggi dell’Unione Europea.

Il report evita però di specificare che nel modello Captur della Renault il dispositivo NOx trap (che intrappola gli ossidi di azoto) sarebbe andato in sovraffaticamento nel corso dei test per l’omologazione, ma non su strada. La discrepanza fa sorgere il sospetto che la casa automobilistica possa aver alterato il risultato dei test, facendo in modo che le emissioni risultassero inferiori a quelle normalmente prodotte dai veicoli.

Il Financial Times cita come fonti tre dei 17 membri della commissione nominata dal governo. Nessuno di loro accusa Renault di aver usato dispositivi illegali per truccare le emissioni, perché non esistono prove in questo senso, ma tutti e tre ritengono che sarebbero necessari ulteriori approfondimenti per capire come mai le auto riuscissero a ottenere risultati nella norma sui rulli, per poi fallire le prove in condizioni di guida normali.

“Non possiamo essere sicuri che il software Renault riconosca la procedura di test - ha detto un membro della commissione - ma sembra che il filtro anti-NOx sia stato progettato per soddisfare questa condizione operativa altamente specifica”. Del resto, il quotidiano ricorda che fu proprio il disallineamento fra i risultati dei test in strada e in laboratorio a mettere in allerta gli investigatori Usa sul fatto che Volkswagen aveva installato meccanismi per manipolare le emissioni durante i test.

Quanto agli omissis del rapporto francese, una fonte governativa sentita dal giornale britannico ha ammesso che l’esecutivo di Parigi “è sensibile alla all’immagine delle aziende in cui ha investito”. Il conflitto d’interessi è perciò evidente e il sospetto è che alcuni membri della commissione siano stati magnanimi nei confronti della Renault su richiesta del governo, per non danneggiare il brand di un’azienda partecipata dallo Stato.

Il ministero dell’Ambiente francese, guidato da Ségolène Royal, ha però respinto le accuse, sottolineando che il report tiene conto delle opinioni di tutti i membri della commissione. Anche la casa automobilistica si è difesa, negando di aver utilizzato software per alterare i risultati dei test sulle emissioni e sostenendo che “i modelli sono conformi alle leggi e alle norme di ciascun mercato nel quale sono venduti”.

Eppure, l’ambiguità del rapporto Stato-impresa rimane. Charlotte Lepitre, membro della commissione e dirigente di France Nature Environnement (che raccoglie tutte le associazioni ambientaliste francesi), ha detto senza mezzi termini che “il report è stato fondamentalmente scritto dallo Stato, che ha poi deciso cosa sarebbe dovuto rimanere confidenziale”. A questo punto spetta al governo Valls chiarire la vicenda. Magari commissionando un report sul report.

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