Gaza, sterminio e resistenza

di Mario Lombardo

La resistenza palestinese a Gaza continua a portare a termine operazioni complesse e altamente efficaci contro le forze sioniste di occupazione nonostante una situazione a dir poco catastrofica e l’avanzamento a passo spedito dei piani di pulizia etnica di Trump e Netanyahu. La visita di lunedì a Washington del primo ministro/criminale di guerra israeliano ha assunto, visti gli scenari...
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Stati Uniti sull’orlo del default

di Fabrizio Casari

Il Congresso statunitense ha approvato in extremis il mega-progetto di legge promosso dal presidente Trump, che prevede tagli fiscali pagati con la sicurezza sociale degli statunitensi. Approvata con 218 voti favorevoli e 214 contrari, la legge aumenta enormemente la spesa pubblica per permettere il più grande banchetto della storia alle grandi aziende sistemiche. Per Trump rappresenta una vittoria importante ma fragile: dato l’ampio margine della sua maggioranza, si registra quantomeno una frattura all’interno dei repubblicani. Il cuore del pacchetto è costituito da 4.500 miliardi di dollari in tagli fiscali per i più ricchi, già approvati nel 2017 durante il primo mandato di Trump. È inoltre prevista un’enorme spesa, pari a...
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di Carlo Musilli

Nessuno ne sentiva la mancanza, ma il 27 febbraio la Troika farà ritorno in Grecia. Ancora. I rappresentanti dei creditori internazionali (Ue, Bce e Fmi) si incontreranno per decidere quali nuove riforme imporre ad Atene in cambio della seconda tranche del prestito da 85 miliardi sottoscritto nell’agosto del 2015. Soldi con cui la Grecia potrà rimborsare un debito di 7,2 miliardi di crediti in scadenza a luglio ed evitare così la bancarotta. Ancora.

Tutto come da copione? No, almeno secondo Jeroen Dijsselbloem. Il Presidente dente dell’Eurogruppo assicura che stavolta la Troika e il governo greco “lavoreranno su un ulteriore pacchetto di misure adottando un cambiamento di politica economica, con una minore enfasi sull’austerità di bilancio e una maggiore attenzione su profonde riforme economiche”.

Il tono suona amichevole, ma è interessato e falso. Interessato perché quest’anno nell’agenda dell'Ue ci sono elezioni importantissime e le polemiche sulla Grecia rischiano di favorire gli euroscettici. Naturalmente Dijsselbloem assicura che è tutto “completamente indipendente dal ciclo elettorale”, del resto “vi sono sempre elezioni da qualche parte in Europa”. Il buon Jeroen dimentica però di precisare che nei prossimi mesi si voterà nella sua Olanda (a marzo), in Francia (aprile-maggio) e in Germania (settembre). Non proprio le repubbliche baltiche.

Fin qui l’interesse. Passiamo alla falsità. Dijsselbloem favoleggia di “minore enfasi sull’austerità”, ma nella sostanza è proprio di austerità che si continua a parlare. I componenti della Troika hanno già concordato di chiedere alla Grecia, in cambio degli aiuti, misure restrittive per altri 3,6 miliardi, il 2% del Pil. Le clausole di salvaguardia scatterebbero se non venisse centrato l’obiettivo dell’avanzo primario al 3,5% del Pil (una meta praticamente irraggiungibile) e prevedono i soliti tagli alle pensioni oltre a misure per ampliare la base imponibile.

Con questi interventi – che per ora il governo Tsipras non ha adottato – i creditori europei vogliono in primo luogo convincere l’Fmi a rientrare nella partita. L’anno scorso, infatti, il Fondo monetario ha smesso di pagare aiuti ad Atene perché non riteneva sostenibile un programma che potrebbe far lievitare il debito pubblico ellenico dall’attuale 180 al 275% del Pil entro il 2060.

Su questo punto l’Fmi ha ragione da vendere. Per avere un’idea di quanto sia non solo inutile ma perfino dannosa la medicina dell’austerità basta dare uno sguardo alla macelleria sociale prodotta in Grecia negli ultimi otto anni. Qualche numero: il Pil è crollato del 25%, la pressione fiscale è aumentata dal 38 al 52%, il tasso di disoccupazione è al 27% e sale al 60% fra i giovani, il Pil pro capite (calcolato dallo stesso Fmi) è crollato del 56%, passando dai 32.198 dollari del 2008 ai 18.078 dollari del 2016.

E ancora: il 50% della popolazione vive di sole rendite previdenziali, il 43% dei pensionati riceve meno di 660 euro al mese (dal 2010 le pensioni sono state tagliate 11 volte), il 15% dei greci (1,6 milioni di persone) vive sotto la soglia di povertà con un reddito inferiore a 180 euro al mese, cioè 6 euro al giorno. Ma ancora non basta. Dopo aver ridotto la Grecia in questo stato la Troika pretende d’imporle nuove misure di austerità. Vuole continuare su questa strada distruttiva a ogni costo, contro ogni evidenza, difendendo l’indifendibile.

Il fallimento è totale. L’austerità non ha aiutato il Pil greco, gli ha dato il colpo di grazia. Non ha nemmeno migliorato i conti pubblici: li ha affossati. Ed è proprio per questo che Atene non sarà mai in grado di produrre il surplus di bilancio che servirebbe a ripagare i suoi debiti. Il gioco perverso è sempre lo stesso: la Grecia non si risolleva a causa dell’austerità e, siccome non si risolleva, la Troika le impone nuova austerità.

Finché si continua su questa strada è assurdo immaginare che un giorno Atene riuscirà a tornare sul mercato, finanziare da sola tutto il proprio debito pubblico e ripagare per intero i prestiti ricevuti. In realtà – come lo stesso Fmi sostiene da tempo – l’unica soluzione sarebbe abbattere il debito ellenico. I creditori europei lo sanno da anni, ma continuano con questo schema Ponzi (debiti nuovi per ripagare i debiti vecchi) che tiene artificialmente in vita i conti di Atene ma intanto uccide il Paese. Tutti gli anni è sempre la stessa storia. E pensiamo davvero che possa finire oggi, a pochi mesi dalle elezioni in Germania?

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