USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Michele Paris

La consueta lista annuale dei miliardari del pianeta, pubblicata recentemente dalla rivista Forbes, ha registrato un sensibile aumento dei membri di questa sorta di club super-esclusivo in concomitanza con l’accelerazione generalizzata di politiche di regressione sociale imposte a miliardi di persone che vedono sempre più come un miraggio anche solo la parvenza di una vita dignitosa.

A fronte delle promesse e degli impegni a redistribuire più equamente le ricchezze, pronunciati nei parlamenti, nelle sedi dei governi o nel corso dei vertici internazionali, dove sono protagonisti i rappresentanti politici dei super-ricchi elencati da Forbes se non, talvolta, direttamente questi ultimi, i numeri reali continuano a indicare una tendenza diametralmente opposta.

Forbes ha rilevato per il 2016 ben 233 nuovi miliardari che hanno fatto salire il numero complessivo nel mondo a 2.043. Per la prima volta in 31 anni, la lista stilata dalla rivista statunitense include in questa occasione un numero di miliardari superiore alle duemila unità.

L’ingresso di un numero così alto di super-ricchi nell’elenco di Forbes ha determinato anche un aumento delle ricchezze complessive dei miliardari di circa il 18% rispetto all’anno precedente, portandole alla cifra quasi inconcepibile di 7.670 miliardi di dollari. Questo dato è superiore al PIL di tutti i paesi del mondo, a esclusione di quelli di Stati Uniti, Unione Europea nel suo insieme e Cina.

La persona più ricca del mondo è ovviamente ancora una volta il fondatore di Microsoft, Bill Gates, il quale ha beneficiato di un aumento di 11 miliardi di dollari delle proprie fortune, giunte ora a 86 miliardi. A inseguire Gates c’è il re della speculazione globale, Warren Buffett, con i suoi 86 anni e 75,6 miliardi di dollari il più anziano tra i primi dieci miliardari planetari.

Al terzo posto si trova poi il fondatore e CEO di Amazon, Jeff Bezos, il quale ha fatto registrare l’aumento di ricchezza più consistente nel 2016, pari a 27,6 miliardi di dollari, e ora (relativamente) a un passo da Buffett con un totale di 72,8 miliardi.

A conferma del livello altissimo di competizione ai vertici più estremi del capitalismo globale, il messicano Carlos Slim si è visto scivolare indietro di due posizioni nella classifica di Forbes – dalla quarta alla sesta – nonostante nel 2016 abbia aggiunto al proprio patrimonio qualcosa come 4,5 miliardi di dollari.

Prima di Slim si sono piazzati lo spagnolo Amancio Ortega (71,3 miliardi di dollari), numero uno della multinazionale Inditex, proprietaria del marchio di abbigliamento Zara, anch’egli in discesa di due posizioni, e Mark Zuckerberg (56 miliardi) di Facebook. A chiudere la “top ten” del privilegio più inarrivabile sono infine Larry Ellison (52,2 miliardi) di Oracle, i fratelli Charles e David Koch (48,3 miliardi a testa) delle Koch Industries e l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg (47,5 miliardi).

I dieci individui più facoltosi del pianeta possiedono complessivamente più di 610 miliardi di dollari, cioè più del PIL dell’Argentina o della Nigeria, paesi che contano rispettivamente 43 e 188 milioni di abitanti. Da un altro punto di vista, i primi otto della lista si spartiscono una quantità di ricchezze pari a quelle detenute dalla metà più povera della popolazione del pianeta, ovvero 3,6 miliardi di persone.

Anche nel 2016, gli Stati Uniti hanno fornito il maggior numero di miliardari (565), tra cui il neo presidente Trump, al numero 544 della classifica con 3,4 miliardi di dollari, seguiti da Cina (319) e Germania (114). Al quarto posto si trova l’India con ben 101 miliardari, nonostante in questo paese lo stipendio medio giornaliero si aggiri attorno ai 4 euro.

La lista più recente dei miliardari di Forbes è probabilmente il più noto dei numerosi studi e accorpamenti di dati che indicano come la crisi finanziaria del 2008-2009 abbia accelerato il processo di concentrazione della ricchezza al vertice della piramide sociale.

Questo scenario, anche se caratterizzato da un aumento del numero totale degli individui che possono permettersi virtualmente qualsiasi bene o lusso, non è in nessun modo un sintomo di salute del capitalismo internazionale, ma è piuttosto il segnale della corsa verso il disastro di un sistema economico insostenibile da tutti i punti di vista.

A rafforzare questa tesi è anche il fatto che l’incremento delle ricchezze per pochissimi privilegiati deriva in larga misura non da attività produttive che contribuiscono al benessere generale, sia pure in maniera relativa e limitata, bensì da operazioni finanziarie speculative che per lo più sottraggono risorse preziose alla società per alimentare un’accumulazione senza senso da parte dei possessori di grandi patrimoni.

Non a caso lo sfondamento del muro dei duemila miliardari è arrivato dopo mesi di crescita record degli indici di borsa, soprattutto negli Stati Uniti, grazie dapprima alle artificiose politiche “espansive” delle banche centrali e in seguito, sempre per quanto riguarda la situazione americana, alle prospettive di deregulation selvaggia del business fatte intravedere dall’amministrazione Trump.

A questo quadro fa da contrappunto una stagnazione, nella migliore delle ipotesi, dell’economia reale, ma anche tassi di disoccupazione ostinatamente elevati e contrazione del potere d’acquisto di lavoratori e classi medie.

In definitiva, la ricchezza smisurata celebrata da Forbes è possibile solo grazie a processi, uguali in tutti i paesi, che producono devastazione sociale precisamente per spostare le risorse economiche dalle classi più deboli alle élites. Mentre Gates, Buffett, Bezos e qualche altro migliaio di super-ricchi ingigantiscono i loro patrimoni, centinaia di milioni o miliardi di persone sono private di servizi pubblici vitali, del lavoro, dell’accesso alla cultura e all’istruzione, quando non alla stessa sopravvivenza.

La giustificazione offerta dai governi di tutto il mondo per l’implementazione di misure di austerity che sembrano non avere fine è indistintamente quella della scarsità delle risorse o della necessità di vivere secondo i mezzi esistenti, cioè sempre più esigui.

Come dimostra anche la classifica di Forbes, al contrario, il pianeta dispone abbondantemente della ricchezza necessaria a soddisfare le necessità fondamentali di tutti i suoi abitanti e a garantire livelli di vita decenti e sostenibili. L’ostacolo, tuttavia, è rappresentato da una distribuzione irrazionale e da una tendenza alla concentrazione di beni nelle mani di pochi che, nel quadro dell’attuale sistema economico e politico, risulta di fatto impossibile da invertire.

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