Sudcorea, dal golpe alla svolta

di Michele Paris

Il tentato colpo di stato di sei mesi fa e la successiva rimozione del presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, al termine di un procedimento di impeachment, hanno pesato in maniera decisiva sull’esito del voto anticipato di martedì nel paese del nord-est asiatico per eleggere il suo successore. A vincere è stato infatti il candidato di centro-sinistra Lee Jae-myung con un margine piuttosto...
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Ucraina, verso il baratro

di Fabrizio Casari

La portata degli attacchi terroristici ucraini in territorio russo è certamente degna di nota, pur avendo raggiunto un obiettivo minimo rispetto a quello che raccontano i propagandisti ucraini, fonte di milioni di bugie in tre anni di guerra. Non sono 41 ma 4 gli aerei colpiti e solo due distrutti dall’attacco dei droni sugli aeroporti russi. La farneticante teoria apparsa sui media italiani circa la sostanziale distruzione del dispositivo strategico delle forze armate russe è degna di un fumetto di fantascienza. Non a caso è ospitata, appunto dal gruppo Gedi, Caltagirone e dal Corsera, inesauribili fonti di palle continue sul conflitto in Ucraina, sulla sua genesi, storia e cronache militari, che li rendono simili ai fogli...
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Il bacino che alimenta quelle falde è parte in Cisgiordania, e parte in Israele, e fornisce acqua ad una popolazione di oltre 3 milioni di persone, 2,3 milioni di palestinesi e 235.000 coloni israeliani in territorio palestinese, a cui si aggiunge mezzo milione di israeliani entro i confini internazionalmente riconosciuti di Israele. Dalla pubblicazione di quel rapporto qualcosa è cambiato: il governo tedesco ha costruito un impianto per il trattamento di rifiuti solidi vicino a Ramallah e la Banca Mondiale, con l'Unione europea, ha completato una discarica vicino a Jenin. Ma resta il pericolo di contaminazione delle falde acquifere, sostengono i membri di Friends of the Earth israelo-palestino-giordani. Ancora oggi.

La gestione del ciclo dei rifiuti - e ovviamente non si parla di comuni rifiuti urbani - è certamente l'aspetto meno noto della vita quotidiana nei territori palestinesi di Cisgiordania. Eppure è una vera crisi, una vera emergenza per certi versi più delicata di quella campana: tocca un bene che in una zona semidesertica è tanto raro quanto prezioso: l’acqua potabile. Un'emergenza che preoccupa i gruppi ambientalisti sia palestinesi sia israeliani: il moltiplicarsi di discariche di rifiuti tossici. Quel servizio televisivo di Al Jazeera ha raccontato il caso di Jima'in, un villaggio nel distretto di Nablus: qualche settimana fa gli abitanti si sono lamentati che camion israeliani andavano a scaricare rifiuti tossici sul loro territorio.

In merito a questi sversamenti, assolutamente illeciti, il vicedirettore del settore ambientale dell'Autorità Nazionale Palestinese, Ayman Abu Thaher, non ha esitato a dichiarare che non si tratta di un caso isolato: "Da anni gli israeliani usano la Cisgiordania come alternativa facile per scaricare i loro rifiuti, a spese della salute dei palestinesi". Il funzionario dell'ANP sostiene che molte industrie israeliane preferiscono questa soluzione di stampo mafioso, piuttosto che portare i loro scarichi tossico-nocivi nella discarica apposita per i rifiuti speciali, situata a Ramot Havav, nell'Israele meridionale. Spiega anche che nel 1985 una ditta produttrice di pesticidi per l'agricoltura ha chiuso il suo stabilimento a Kfar Sava, in territorio israeliano, per ingiunzione del tribunale locale, che aveva accolto le petizioni degli abitanti locali contro l'inquinamento.

L'attività produttiva è stata spostata in un nuovo stabilimento a Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale, a pochi metri dagli insediamenti palestinesi. Anche questo, accusa Abu Thaher, non è un caso isolato: "Un certo numero di aziende israeliane si sono spostate in Cisgiordania per sfuggire alle strette normative che in Israele governano lo smaltimento degli scarichi, in particolare tossici". Al Jazeera ha intervistato anche Tzali Greenberg, portavoce del ministero per l'ambiente israeliano. Greenberg ha dichiarato che invece Israele applica le sue normative ambientali anche alle aziende che operano in territori palestinesi, e chi viola le regole viene perseguito: "Segnalateci le irregolarità, saremo felici di intervenire", ha concluso.

Greenberg viene però smentito dall'Applied Research Institute (ARI), un istituto indipendente di ricerca ambientale di Gerusalemme, il quale sostiene invece che le autorità israeliane sono piuttosto tolleranti, quando si tratta di scarichi tossici che avvengono in territorio palestinese.
Secondo l'ARI, che gli scarichi provenienti dagli insediamenti israeliani in territorio palestinese includono sia reflui domestici, sia sostanze tossiche agricole, amianto, batterie, cemento, alluminio.

Tutto questo non fa che aggravare la gestione del ciclo dei rifiuti palestinese, basato su discariche improvvisate anche per le restrizioni ai movimenti imposte dall'esercito israeliano, oltre ad una mancata gestione dei rifiuti speciali. Infine, secondo Friends of the Earth, è comparsa una nuova minaccia alla salute degli abitanti della Cisgiordania: i frequenti roghi di rifiuti speciali di provenienza israeliana.
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