USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Eugenio Roscini Vitali

Gerusalemme potrebbe autorizzare un blitz per liberare Gilad Shalit, il soldato delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) catturato il 25 giugno 2006 da un commando palestinese a Kerem Shalom, kibbutz  non lontano dall’omonimo varco al confine con l’Egitto e la Striscia di Gaza. Sembra infatti che, per paura di un’imminente azione di forza, i carcerieri costringerebbero il soldato israeliano a cambiare rifugio anche due volte alla settimana e, per eliminare ogni forma di collaborazione con il nemico ed evitare possibili fughe di notizie sui nascondigli usati, le forze di sicurezza palestinesi avrebbero dato il via ad una massiccia ondata di arresti.

La notizia, pubblicata da un portale d’informazione internet con base a Gaza, rilancia quanto rivelato da una fonte interna alle brigate Ezzedine al-Qassam, il gruppo radicale ufficialmente conosciuto come braccio armato di Hamas. In passato era stato lo stesso movimento di resistenza islamico a denunciare la presenza di numerose spie israeliane tra la popolazione palestinese della Striscia di Gaza e i molteplici tentativi, tutti sventati, con i quali gli uomini dello Shin Bet avrebbero cercato di chiudere la questione Shalit.

Le trattative per il rilascio del caporale israeliano sono praticamente ad un punto morto e neanche la mediazione russa sembra aver ammorbidito la posizione palestinese. Durante la visita in Siria dell’11 maggio scorso, il presidente russo Medvedev, aveva chiesto al leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, l’immediato rilascio del soldato israeliano. Ma secondo il portavoce del Cremlino, Natalya Timakova, il movimento islamico non è disposto a fare alcuna concessione senza aver prima raggiunto un accordo “onorevole” sullo scambio di prigionieri con Israele.

A margine dell’incontro di Damasco, Izzat al-Rishq, esponete in esilio del comitato politico di Hamas, ha accusato Benjamin Netanyahu di voler far fallire l’accordo sullo scambio dei prigionieri e ha etichettato la posizione israeliana come un evidente tentativo di voler chiudere la crisi con un accordo “vuoto”. Dopo mesi di trattative, lo scorso novembre l’Egitto e la Germania avevano mediato un’intesa di massima, che prevedeva la liberazione di Gilad Shalit in cambio di più di mille detenuti palestinesi; ma una serie di dettagli relativi al numero e alla natura delle persone da liberare e la mancanza del nome di alcune figure di spicco nella lista dei prigionieri, ha fatto naufragare il tentativo.

Dal caso del sergente Nachson Wachsman, catturato da Hamas il 4 ottobre 1994, Gilad Shalit è il primo soldato israeliano caduto nelle mani dei palestinesi. Shalit è stato rapito all’alba del 25 giugno 2006 da un commando di guerriglieri palestinesi, penetrato in territorio israeliano attraversato un tunnel scavato tra i sobborghi di Rafah e la zona di Kerem Shalom, kibbutz  a poche centinaia di metri dall’omonimo valico di passaggio che collega la Striscia di Gaza, Israele e l’Egitto. Come ritorsione all’attacco (nel quale persero la vita due soldati israeliani ed altri quattro rimasero feriti) e allo scopo di rintracciare e liberare il prigioniero, il 28 giugno 2006 Gerusalemme diede il via all’Operazione Piogge Estive, un’azione militare che nell’arco di cinque mesi causerò la morte di 402 palestinesi, 117 dei quali civili, e circa mille feriti.

Hamas ha poi diffuso notizie su Shalit durante la breve guerra civile del 2007 con Fatah e nel 2008, quando ha chiesto di riaprire le trattative ponendo come condizione per il rilascio del soldato israeliano il pagamento di un riscatto miliardario o il rilascio di 250 prigionieri. Allora fu lo Stato ebraico a tentennare e questo creò la forte reazioni della famiglia del soldato e di una buona parte della stampa israeliana. Il 2 ottobre 2009 i palestinesi hanno diffuso un video nel quale Gilad Shalit è riapparso dopo 1195 giorni di prigionia in buone condizioni e con in mano un giornale datato 14 settembre 2009; il 25 aprile 2010 Hamas ha avvertito con una videocassetta shock che il caporale israeliano non tornerà libero fin quando non verranno accettate le condizioni palestinesi.

In Israele l’opinione pubblica spinge per la liberazione di Shalit, ma Netanyahu non ha mai nascosto le sue preoccupazioni per la liberazione di personaggi di rilievo della resistenza isalmica, attivisti che potrebbero andare ad incrementare le fila dei gruppi più violenti. All’interno dell’esecutivo c’è poi chi si oppone a qualsiasi trattativa e questo mette in seria difficoltà un governo nel quale la presenza dei partiti sionisti radicali è decisiva.

Rispondendo alla linea emersa dal meeting di Ankara, nel quale Russia e Turchia hanno convenuto che il movimento di resistenza islamico non può essere escluso dal processo di pace mediorientale, il ministro degli esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha dichiarato che l’azione portata avanti da Hamas è equiparabile a quella del terrorismo ceceno e che il suo leader, Khaled Meshal, è paragonabile a Shamil Basayev: “I Paesi sviluppati non possono separare il terrorismo buono da quello cattivo sulla base della sua collocazione geografica”.

E per confermare la sua posizione, Lieberman ha ricordato che nella sua storia il gruppo integralista ha ucciso migliaia di innocenti, molti dei quali ebrei provenienti dai Paesi dall’ex Unione Sovietica: “Lo Stato ebraico supporta incondizionatamente la Russia nella lotta contro il terrorismo ceceno e per questo ci aspettiamo che Mosca faccia lo stesso con Israele nella lotta contro Hamas”.

 

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