Droni russi e bugie polacche

di Mario Lombardo

Sullo sconfinamento dei droni russi in Polonia nelle prime ore di mercoledì non sono ancora emerse notizie chiare né prove certe, ma il governo di Varsavia e il resto della NATO non hanno come al solito esitato a lanciare una nuova ondata di attacchi e denunce contro Mosca per la presunta aggressione e il pericolo di escalation che essa comporterebbe. Questo atteggiamento di isteria a comando...
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Israele, terrore senza confini

di Michele Paris

Per anni, i governi americani hanno insistito con i regimi arabi mediorientali per far credere che la minaccia esistenziale che incombeva su di essi era rappresentata dall’Iran e, per estensione, dall’Asse della Resistenza. Martedì, però, se qualcuno credeva ancora a questa favola, l’attacco terroristico di Israele contro il Qatar per liquidare la leadership di Hamas ha mostrato nella maniera più chiara possibile dove risiede la vera minaccia per l’intera regione. L’entità ebraica ha agito oltretutto con il totale accordo dell’amministrazione Trump, nonostante le smentite, e il gravissimo episodio potrebbe non essere un caso isolato, anche se rischia di innescare un riallineamento strategico o, quanto meno, un ripensamento...
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di Mario Braconi

Sul numero di Rolling Stones in edicola il 25 giugno verrà pubblicato un lungo articolo con cui il giornalista Michael Hastings ha tratteggiato un bel ritratto del Generale Stanley McChrystal, Comandante delle forze statunitensi in Afghanistan (USFOR-A) e dell'ISAF (International Security Assistance Force, anche se i soldati americani lo hanno soprannominato "I Suck At Fighting" - faccio la guerra da schifo, oppure "In Sandals And Flipflops", ovvero "in sandali ed infradito") - in poche parole, il capo di tutte le forze americane in Afghanistan. O, almeno, lo era, fino alle dichiarazioni su Obama e Afghanistan che gli sono costate il comando.

Eccellente pezzo di giornalismo in grado di coniugare l’analisi politica con lo studio psicologico del personaggio, in cui i fatti chiamano le valutazioni, senza per questo perdere il gusto per divertenti dettagli di colore. Un collage delle impressioni in presa diretta di Hastings, che ha ronzato attorno al generale per circa un mese, e delle opinioni (non di rado abrasive, sempre lontane dal protocollo) del suo variegato team (il cosiddetto "Team America"), da cui ha tratto il meglio dopo che una lunga serie libagioni li ha resi allegramente privi di freni inibitori.

Hastings è un giornalista di razza, un tipico rappresentante di quel giornalismo anglosassone, vivido ed obiettivo, che è l'invidia dei colleghi degli altri continenti. Particolare ammirazione suscita il sangue freddo con cui Michael ci racconta la guerra americana in Medio Oriente, che, tra le tante migliaia di vite innocenti, si è rubato l'amore della sua vita: la compagna Andrea Parhamovich, dipendente della sede di Baghdad del National Democratic Institute for International Affairs, uccisa a nemmeno trent'anni nel 2007 in un agguato terrorista diretto al convoglio su cui viaggiava.

Piaccia o meno ammetterlo, lo Stanley McChrystal di Hastings è un personaggio non comune. Figlio di un generale ed uscito negli anni Settanta da West Point con un punteggio di 299 (su 855), "una seria ipoteca per una persona che si è abituati a considerare brillante", al termine di un cursus honorum segnato da oltre cento ore di punizioni per ubriachezza e insubordinazione, ha dimostrato sin da giovane un vero talento nel rivoluzionare le organizzazioni obsolete, introducendo negli Anni Ottanta, da comandante del III battaglione dei Rangers corsi di MMA (mixed martial arts), marce con zaini pesanti e dotando tutti i soldati di visori notturni.

Pur non mancando di educazione giuridica e letteraria - ha studiato Scienze politiche e Relazioni internazionali ad Harvard e ha scritto diversi racconti - ha la meritata fama di "duro". E non solo grazie a quelle che si potrebbero bollare come gag alla Chuck Norris: il mito che si nutre con molta parsimonia è ben manutenuto, dato che lo stesso Hastings lo ha visto mettere qualcosa sotto i denti una sola volta nel corso del mese in cui lo ha frequentato per l'inchiesta. Inoltre, ha fatto fabbricare per una serie di nunchaku (coppia di corti bastoni da combattimento legati da una corta catena, arma tipica di diverse discipline marziali orientali) con su incisi il suo nome e le quattro stelle del grado, e sembra si trovi più a suo agio citando Bruce Lee che non Sun Tzu.

E' stato capo della Joint Special Operations Command (JSOC), un gruppo di élite altamente letale, noto per aver ucciso o catturato migliaia di rivoltosi (tra cui Ab? Musab al-Zarq?w?, assassinato in un raid congiunto americano-giordano nel 2006). E’ stato implicato in alcune vicende non particolarmente commendevoli, perfino per un militare con un bel po' di pelo sullo stomaco come lui: la cortina di bugie attorno alla morte del caporale Pat Tilman, in realtà ucciso dal cosiddetto "fuoco amico", porta la firma di McChrystal, che è stato pure implicato in un caso di torture presso una prigione sotto il suo controllo, Camp Nama in Iraq.

A dispetto delle ombre, Hastings tiene a precisare che è stato proprio McChrystal ad emanare le direttive più severe finalizzate ad evitare morti di civili in Afghanistan: "E’ la matematica della rivolta: per ogni innocente che facciamo fuori, ci creiamo dieci nuovi nemici" - questo il pensiero alla base della "dottrina" MacChrystal. Chi si mette al volante dei convogli militari americani, dunque, eviti la guida spericolata per cui sono note le truppe americane nel paese, limiti netti per gli attacchi aerei, rarissimi i raid notturni. Pare che il comando ISAF abbia cominciato a prendere in considerazione metodi premianti per chi NON uccide gente; per quanto possa sembrare paradossale, si tratta di un potenziale salto quantico nelle strategie militari - un tipo di cambiamento intuitivamente non molto ben accolto in un contesto culturale dominato dalle due t (terrore e testosterone).

Hastings cita un episodio che completa il quadro di un uomo difficile da catalogare: mentre si trovava in un avamposto nei pressi di Kandahar, probabilmente anche allo scopo di dimostrare alla truppa il suo sangue freddo, MacChrystal riceve una mail da un soldato di 25 anni, Israel Arroyo, che gli muove un'accusa molto dura e diretta: "Le scrivo perché si dice che a lei non importi nulla dei soldati: con le sue direttive contro i danni collaterali ci ha reso molto più difficile difenderci". McChrystal risponde di persona e si presenta di persona alla postazione di Arroyo con una pattuglia appiedata - "non una dannata operazione di immagine a base di passeggiate al mercato con foto ricordo inclusa, una vera operazione in una zona di guerra altamente pericolosa" - chiosa Hastings (che ci sia un pizzico di agiografia o di colore narrativo o no, sono cose che colpiscono).

Quando il terzo uomo del gruppo dei 25 di cui fa parte Arroyo viene ucciso in un'azione di guerra, Arroyo scrive di nuovo al generale per sapere se si presenterà al funerale del compagno. McChrystal arriva il giorno successivo: organizza una riunione nella quale parla apertamente ai suoi uomini in un'atmosfera tesa, a dispetto della quale si sforza in ogni modo di motivarli ed incoraggiarli. Ammetterà con il giornalista, più tardi: "Questa è la parte filosofica della teoria della counterinsurgency che funziona tanto bene quando mi trovo davanti gente dei think tank... Ma mi pare non abbia un gran successo quando la propino alle truppe al fronte...". E proprio in questo paradosso insanabile, scambiare la violenza per diplomazia, sta il dramma (e il fascino un po' malato) di McChrystal.

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