Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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Trump, intrigo a New York

di Mario Lombardo

Si è aperto questa settimana a New York il primo dei quattro processi in cui l’ex presidente repubblicano Donald Trump è coinvolto negli Stati Uniti. Il caso è quello collegato al pagamento alla vigilia delle elezioni del 2016 di una cifra superiore ai 130 mila dollari alla pornostar Stormy Daniels (Stephanie Gregory Clifford) per ottenere il suo silenzio sulla relazione extraconiugale che avrebbe avuto con Trump. La vicenda legale è di importanza decisamente trascurabile. Sia il merito sia i tempi del processo sono stati calcolati per colpire politicamente l’ex inquilino della Casa Bianca durante una campagna elettorale che entrerà nel vivo nei prossimi mesi. Trump ha partecipato alla prima udienza in aula nella giornata di...
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di Carlo Musilli 

Il Sudan ha accettato la secessione del Sud: il 99% dei votanti delle regioni meridionali ha scelto l'indipendenza. E' stato questo il termine di un processo iniziato con l'accordo di pace siglato a Nairobi nel 2005, che pose fine, almeno formalmente, a una guerra civile durata 22 anni. Il conflitto, costato la vita a oltre due milioni di persone, ha messo a confronto i musulmani arabi del nord e la regione autonoma del sud, abitata da circa 6 milioni di africani cristiani. I risultati definitivi del referendum arriveranno solo il 14 febbraio. Se, come pare ovvio, saranno confermati, il nuovo Paese sarà libero di dichiarare ufficialmente la propria indipendenza il prossimo 9 luglio.

Può sembrare una storia a lieto fine, ma non lo è. Semplicemente perché ancora siamo ben lontani dalla fine. Il governo del Sudan ha scelto la strada del pragmatismo, l'unica possibile. Il sanguinario presidente al Bashir, infatti, è messo da più parti sotto pressione. Giudicato due anni fa colpevole dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l'umanità nel Darfur, oggi il dittatore si ritrova anche parecchi problemi in casa. E non solo al sud: le rivolte popolari in Tunisia e in Egitto sembrano aver incoraggiato alcuni gruppi a protestare contro il governo anche nel nord del Paese. A sua volta, lo strappo che si è consumato con successo in Sudan potrebbe rinvigorire altri movimenti indipendentisti africani: il Mthwakazi Liberation, che vuole dividere il Matabeleland dallo Zimbabwe, e il gruppo etnico dei Lozi, che punta all'autonomia nella parte occidentale dello Zambia.

Nonostante tutto, al Bashir sa benissimo che la strada per la secessione è ancora lunga e piena di ostacoli. Partiamo dal piano politico. Non è ancora chiaro quale percorso seguirà il confine fra i due stati ed è verosimile che in diversi casi si possa arrivare allo scontro. La regione centrale di Abyei, ad esempio (10 mila chilometri quadrati fertili e ricchi di petrolio) è contesa fra le due parti. C'è poi la questione del diritto di cittadinanza nel nuovo stato: a quali sudanesi sarà riconosciuto? In che modo?

Sul piano economico, come prevedibile, il discorso assume toni drammatici. Il Sudan ha un debito pubblico da 36 miliardi di dollari che i nuovi cittadini del sud non hanno nessuna intenzione di tenersi sulle spalle. Ma oltre ai soldi da pagare, c'è anche la ricchezza da produrre. I negoziati più difficili saranno proprio quelli relativi alle risorse economiche. I due stati dovranno trovare un accordo per spartirsi i terreni più produttivi, alcuni dei quali bagnati dal Nilo, le miniere d'oro, il gas naturale e, soprattutto, il petrolio.

Sarà proprio questo il punto più delicato della trattativa. Sia il nord che il sud del Paese fondano la stragrande maggioranza della propria economia sull'oro nero. Ma, purtroppo per loro, anche a secessione avvenuta, nessuno dei due territori potrà fare a meno dell'altro. Se nel sud, prevalentemente rurale, si trovano i tre quarti dei giacimenti, l'unico oleodotto del paese arriva a Port Sudan, nel nord. Qui sorgono anche tutte le infrastrutture per la lavorazione.

Non è certo facile immaginare che gli abitanti delle regioni meridionali scelgano di privarsi, seppure in parte, della loro unica ricchezza. Si fa strada così il progetto per un nuovo oleodotto tra Juba (Sudan meridionale) e Lamu (Kenya), che costringerebbe il nord a sperare in una produzione autonoma da sviluppare attraverso giacimenti nel mar Rosso.
E' inoltre probabile che nel nuovo stato meridionale si formino diversi gruppi in contrasto fra loro per il controllo delle risorse. Conflitti che potenzialmente si aggiungeranno a quelli lungo il nuovo confine, in corrispondenza dei territori più contesi. Tutto questo in una delle regioni più sottosviluppate del mondo.
 

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