Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Michele Paris

Mentre prosegue il tour elettorale del presidente Obama negli Stati Uniti per la rielezione nel 2012 con un messaggio di speranza per la classe media americana, una recente analisi della sua rete di finanziatori indica quali siano le vere forze dietro lo sforzo per conquistare un secondo mandato alla Casa Bianca. L’indagine è stata condotta dal Washington Post e rivela come Barack Obama abbia finora incassato molto più denaro proveniente dal settore finanziario rispetto a tutti i suoi rivali repubblicani.

Nonostante la retorica populista profusa da Obama nelle ultime settimane e il tentativo di appropriarsi in qualche modo del movimento “Occupy Wall Street”, il mondo della finanza americano non sembra preoccuparsi troppo per una presunta svolta a sinistra del presidente. I fondi raccolti da quest’ultimo in quest’ambito superano infatti quelli combinati di tutti i candidati in corsa per la nomination repubblicana.

Ciò che consente a Obama di far segnare numeri così importanti é anche il dettato stesso della legge elettorale americana, secondo la quale il presidente in carica, essendo già il candidato sicuro del proprio partito per le presidenziali del 2012, può raccogliere fin da ora denaro non solo per la propria campagna elettorale ma anche da destinare al Comitato Nazionale del Partito Democratico. I repubblicani devono invece per il momento limitarsi a chiedere donazioni per loro stessi, mentre il Comitato Repubblicano potrà contare sui finanziamento raccolti a proprio favore dal candidato alla presidenza solo quando la nominationsarà ufficialmente assegnata.

Secondo la legge elettorale USA, Obama e i candidati repubblicani possono ricevere da ogni singolo donatore un massimo di 5.000 dollari per l’intero ciclo elettorale del 2012. Per il momento, solo Obama può però riscuotere fino a 30.800 $ per il Comitato Nazionale Democratico per ogni anno solare. Ciò significa che il presidente democratico può contare su un maggiore flusso di denaro, pur disponendo teoricamente di un numero più ristretto di finanziatori.

Tra i vertici e i dipendenti di banche, hedge funds, compagnie di assicurazioni, servizi immobiliari e altre società del mondo finanziario che lo avevano lanciato nel 2008, Obama dimostra quindi di aver conservato una solida base di finanziatori. Questa sezione dell’élite finanziaria americana è in definitiva la stessa che tre anni fa lo aveva selezionato e spinto alla Casa Bianca come candidato del cambiamento dopo otto anni di amministrazione Bush.

In questi primi mesi di campagna Obama ha incassato 15,6 milioni di dollari dall’industria finanziaria, di cui 12 destinati al Comitato Nazionale Democratico. Il favorito per la nomination in casa repubblicana, Mitt Romney, ha raccolto meno della metà di questa cifra, mentre il suo principale sfidante, Rick Perry, circa due milioni. I rimanenti candidati repubblicani, invece, non superano singolarmente i 400 mila dollari.

Escludendo il denaro che andrà al partito, i fondi ottenuti da Obama potrebbero apparire limitati. Bisogna tenere presente, tuttavia, non solo i limiti di donazione imposti per legge ai singoli candidati (5.000 dollari) ma soprattutto che le risorse destinate al Comitato finiranno comunque in gran parte a finanziare la competizione democratica più importante del 21012, cioè quella di Obama per la Casa Bianca.

Come esempio del consenso di cui gode l’attuale inquilino della Casa Bianca negli ambienti finanziari, il Washington Post cita le cifre sborsate dai dipendenti della compagnia Bain Capital di Boston, co-fondata proprio da Mitt Romney. Da questa compagnia il candidato repubblicano ha avuto finora “solo” 34 mila dollari da 18 donatori, contro i 76 mila di Obama, sia pure elargiti da appena tre suoi sostenitori.

Quello che più conta rilevare, in ogni caso, è il fatto che tutti i candidati in corsa per la Casa Bianca - democratici e repubblicani - stanno facendo a gara per assicurarsi l’appoggio e gli assegni dei big della finanza. Ciò dimostra ancora una volta a quali interessi sarà chiamato a rispondere il prossimo presidente degli Stati Uniti.

Come sottolinea poi il Washington Post, i persistenti profondi legami con Wall Street sono difficili da conciliare con i toni da paladino della classe media che Obama sta esibendo in questo periodo. In realtà, la contraddizione è solo apparente, poiché l’appello di Obama alle classi più disagiate è puramente una mossa strategica messa in atto soltanto per cercare di mobilitare la base elettorale democratica in vista del voto del prossimo anno.

Sulla vera natura dei contrasti tra il presidente e Wall Street, di cui i media d’oltreoceano continuano parlare, fa luce poi una dichiarazione rilasciata ancora al Washington Post da un anonimo finanziatore di Obama. Secondo questo banchiere la disaffezione di Wall Street nei confronti di Obama “è ingigantita”. A suo dire, un contingente di manager del settore finanziario di New York, Chicago e dalla California rimane fermamente nel campo di Obama, la cui la politica economica condividein pieno.

Ancora più rivelatrice della doppiezza di Obama è infine la caratterizzazione che lo stesso “executive” fa al giornale americano degli attacchi lanciati dal presidente al mondo finanziario. Infatti, secondo quest’ultimo, “è probabilmente utile da un punto di vista politico se Obama non viene visto come l’uomo di Wall Street”. La parvenza di un sistema apparentemente democratico va insomma salvaguardata, anche se gli ordini continueranno a venire impartiti dall’élite economica e finanziaria che controlla le leve del potere a Washington.

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