Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Eugenio Roscini Vitali

Dopo 1941 giorni di prigionia il caporale israeliano Gilad Shalit è tornato a casa, a Mitzpe Hila, in Galilea. La liberazione è avvenuta grazie alla mediazione del Cairo e ad un accordo che prevede il rilascio di 1027 prigionieri palestinesi, 477 dei quali scarcerati a poche dalla consegna di Shalit alle autorità egiziane e 550  nei prossimi mesi. Tra quelli che hanno già ottenuto la libertà ci sono 27 donne e 42 detenuti considerati particolarmente pericolosi, terroristi che per motivi di sicurezza non potranno rientrare nei Territori e verranno esiliati in  Siria (16), Qatar (15), Turchia (10) e Giordania (1); 163 i palestinesi residenti in Cisgiordania saranno invece confinati nella Striscia di Gaza.

La decisione israeliana di isolare gli elementi ritenuti più pericolosi ha subito scatenato la reazione delle principali associazioni palestinesi impegnate nella difesa dei diritti umani: attraverso un comunicato stampa le organizzazioni Al-Haq e Addameer hanno sottolineato che la deportazione forzata dei prigionieri è da considerarsi un atto in aperta violazione con le regole dettate dalla Convenzione di Ginevra e con il diritto umanitario internazionale.

Tra i 477 prigionieri che hanno lasciato le carceri israeliane si contano 290 ergastolani, più della metà dei quali con pene multiple che in molti casi superano la decina. Per citare alcuni esempi basta ricordare le condanne di Khamis Zaki Abd al-Hadi, membro delle Brigate Qassam con 21 ergastoli per una serie di attacchi contro il Neghev occidentale; Yussuf Taher Mahmud al-Qaram, 15 ergastoli aver introdotto in Israele le bombe utilizzate nell’attentato di Haifa del 2001; Ghanim Abd al-Hadi Rafa, 16 ergastoli per aver partecipato all'attentato contro l'autobus n. 405 Tel Aviv-Gerusalemme che il 6 luglio 1989 causò 16 vittime e 27 feriti; al-Jaaba, Fadi Muhammad Ibrahim, 18 ergastoli per aver preso parte ad Haifa all’attacco che il 5 marzo 2003 uccise 17 passeggeri dell’autobus n. 37; Douglas Muhammad Waal Muhammad Nablus, 15 ergastoli per  l’attacco al ristorante Sbarro; al-Hashlimun Mus'ab Ismail, 17 ergastoli per l’attentato che il 31 agosto 2004 a Beersheba provocò la morte di 16 israeliani.

Più della metà dei detenuti rientrati in Cisgiordania saranno soggetti a restrizioni; un centinaio di essi risiederà in Giudea, Samaria e a Gerusalemme est. Esiliate due delle 27 donne che hanno ottenuto la libertà grazie all'accordo tra Hamas e lo Stato ebraico: Amana Mona, condannata all’ergastolo per l’omicidio del sedicenne israeliano Ofir Rahum, studente di Ashqelon attirato in un agguato attraverso un appuntamento fissato durante una chat in Internet, e  Ahlam Tamimi, giornalista palestinese accusata di aver partecipato all’attentato che il 9 agosto 2001 devastò il ristorante Sbarro di Gerusalemme e causò la morte di 15 civili e 130 feriti.

Dall’elenco di coloro che lasceranno le carceri mancano i nomi di leader politici che potrebbero infondere un nuovo impulso alla resistenza palestinese: personaggi come Ahmad Saadat, figura di spicco del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese (FPLP) condannato a 30 anni di carcere per aver partecipato all'assassinio dell'ex ministro israeliano del Turismo, Rehavam Zeevi, e Marwan Barghuti, segretario generale di al-Fatah in Cisgiordania condannato a 5 ergastoli per aver pianificato altrettanti omicidi e a 40 anni di carcere per atti di terrorismo.

Tra gli uomini di Hamas destinati a scontare la pena ci sono invece Abbas al-Sayyid, capo di una cellula combattente con base a Tulkarm e “cervello” dell’attentato suicida del 27 marzo 2002 contro il Park Hotel di Netanya, e Ibrahim Hamed, comandante dell’ala militare del Movimento Islamico in Giudea e Samaria condannato per gli attentati che tra il 2001 e il 2003 hanno colpito Piazza Zion, il Cafe Moment e il Cafe Hillel di Gerusalemme.

Mentre Hamas festeggia il rilascio dei prigionieri come una vittoria militare, in Israele non tutti appoggiano l’inedita linea del dialogo imposta da Netanyahu e l'idea che per ridare la libertà a Gilad Shalit sia stato giusto raggiungere un accordo evidentemente sproporzionato. La parte che ufficialmente non ha digerito la liberazione di centinaia di palestinesi rappresenta il 20% della popolazione e in seno alla comunità rabbinica la percentuale è ancora più ampia.

Da una parte troviamo personaggi di spicco come il rabbino Rav Ovadia Yosef, capo spirituale del partito Shas che riconosce con gioia il risultato raggiunto dal governo; dall'altra c'è chi non nasconde il suo dissenso, come l'influente rabbino Avihai Rontzki, ex Generale di Brigata e guida spirituale dell'esercito israeliano che sulla questione ha invitato i soldati del Tzahal «ad uccidere i terroristi nei loro letti». In un articolo pubblicato da Haaretz, Rontzki cita il caso della famiglia Fogel, sterminata la sera dello scorso 11 marzo nell’insediamento ebraico di Itamar, nella Cisgiordania settentrionale, e chiede che i palestinesi che si rendono colpevoli di omicidi nei confronti degli israeliani siano «semplicemente sterminati».

Anche se la decisione di Netanyahu è stata certificata dal parere positivo dei vertici delle Forze Armate e dallo stesso capo dell'agenzia d'intelligence interna dello Shin Bet, Yoram Cohen, nel giorno della liberazione dei detenuti palestinesi in Israele le proteste non sono mancate. A ribadire la posizione del rabbino Rontzki e di chi ha interpretato lo scambio come un cedimento al terrorismo ci ha pensato da un gruppo di attivisti dell'estrema destra più radicale che all'uscita del carcere di massima sicurezza di HaSharon ha inscenato una protesta non autorizzata.

Tra loro c'era Itamar Ben-Gvir, il leader dei coloni di Kiryat Arba che nel settembre scorso aveva minacciato di marciare sugli uffici del comando delle forze armate israeliane e sui villaggi arabi in Cisgiordania per protestare contro le richieste palestinesi di entrare a pieno titolo nell’ONU. Fermato e arrestato insieme ad altri cinque attivisti per aver cercato di fermare i mezzi che trasportavano i detenuti verso la Cisgiordania e Gaza, Ben-Gvir è stato comunque rilasciato con sentenza della Corte di Petah Tikva. Shalit é libero, dunque, ma la sua liberazione ha aperto nuove tensioni e la contrapposizione tra le diverse anime del suo panorama politico agiterà ancora a lungo Israele.

 

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