Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Michele Paris

La deriva autoritaria seguita al trionfo elettorale del partito di centro-destra Fidesz in Ungheria ha fatto segnare una nuova tappa nei giorni precedenti il Natale. Una serie di misure anti-democratiche è stata infatti approvata dal Parlamento di Budapest, dove il partito del premier Victor Orbán detiene un’ampia maggioranza che negli ultimi mesi gli ha permesso di ampliare i poteri dell’esecutivo in maniera preoccupante, nonostante le proteste interne e delle istituzioni europee.

Venerdì scorso il Parlamento ungherese ha licenziato una nuova legge elettorale che espande il sistema maggioritario, a detta degli osservatori favorendo il partito Fidesz che già dispone di una maggioranza di due terzi dopo le elezioni dell’aprile 2010. Il voto della scorsa settimana è stato boicottato dall’opposizione socialista (MSZP) e dai verdi (LMP), mentre all’esterno dell’aula andavano in scena manifestazioni per cercare di bloccare la legiferazione. Nel corso degli scontri con la polizia sono finiti in manette anche alcuni parlamentari dell’opposizione, tra cui il due volte ex primo ministro socialista Ferenc Gyurcsany.

Nella stessa sessione precedente il Natale, è stata approvata anche una drastica restrizione dei tempi di intervento concessi durante i dibattiti ai parlamentari dell’opposizione - i quali avranno ora solo 15 minuti a disposizione - così come la nomina di nuovi giudici della Corte Costituzionale scelti dall’esecutivo. Il più alto tribunale ungherese ha recentemente bocciato alcune parti delle leggi volute da Fidesz, come quella sul controllo dei media e le modifiche al codice civile, ma le sue competenze - già ristrette in materia di bilancio - saranno ulteriormente ridotte con l’entrata in vigore della nuova costituzione il primo gennaio 2012, peraltro approvata senza un solo voto dell’opposizione.

Tra le altre più recenti iniziative del governo di Orbán va ricordata anche quella che poco meno di due settimane fa ha revocato la concessione delle frequenze radiofoniche ad una stazione allineata con l’opposizione, Klubradio, per concederle ad un’altra vicina all’esecutivo. Quest’ultima misura s’inserisce all’interno di una strategia ben precisa, tesa a porre sotto il controllo del governo le stazioni radio e quelle televisive, sia pubbliche che private.

Sul fronte economico, è stata poi fissata in Costituzione la tassa ad aliquota fissa (flat tax) del 16 per cento che potrà essere modificata solo con il voto dei due terzi dei membri del Parlamento, legando le mani ai futuri governi. In precedenza, un’altra modifica alla Costituzione aveva stabilito l’obbligo del pareggio di bilancio, a partire però dal 2016 e non dal 2012 come chiedeva l’Unione Europea

Lo scontro più duro con Bruxelles riguarda tuttavia una nuova legge tuttora in discussione a Budapest e che riguarda la Banca Centrale ungherese. Il gabinetto di Victor Orbán intende infatti ridurne notevolmente l’autonomia, espandendo l’influenza dell’esecutivo sulla politica monetaria per mezzo di nuove nomine di rappresentanti del governo ai vertici della stessa Banca Centrale. Il rifiuto da parte del governo ungherese di ritirare questa proposta di legge ha spinto l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale a congelare le discussioni in corso con Budapest per l’erogazione di un nuovo prestito del FMI.

L’Ungheria sta d’altra parte facendo i conti con una situazione economica a dir poco complicata. I redimenti dei suoi bond hanno toccato i livelli più alti dal 2009, quando il paese fu salvato dal default proprio grazie ad un’infusione di denaro del Fondo Monetario. Le previsioni per il prossimo anno, inoltre, sono anche peggiori, con l’inflazione che salirà oltre il 5 per cento e la disoccupazione al 12 per cento, mentre scenderanno sensibilmente le entrate fiscali e il PIL.

Questo scenario ha già causato una rapida caduta dei livelli di popolarità del partito Fidesz di governo, il quale lo scorso anno aveva potuto approfittare della diffusa avversione nel paese verso i socialisti. Oltre al partito del premier Orbán, a raccogliere ampi consensi tra l’elettorato ungherese era stata anche la formazione di estrema destra anti-semita, Jobbik, che aveva conquistato quasi il 17 per cento dei voti e 47 seggi in parlamento. Con un partito socialista screditato, appare probabile dunque che a beneficiare del possibile declino di Fidesz nei prossimi appuntamenti elettorali sarà proprio Jobbik.

La svolta autoritaria e anti-democratica intrapresa dal governo ungherese in questi mesi, come già anticipato, ha destato le preoccupazioni della comunità internazionale. Oltre alle autorità europee, a protestare nei confronti di Budapest è stata, solo qualche giorno fa, anche il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, la quale ha indirizzato una lettera al primo ministro Orbán esprimendo i timori di Washington per l’erosione delle libertà democratiche in Ungheria. Niente di più.

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