Trump e Putin al caminetto

di Fabrizio Casari

L’appuntamento è per il 15 Agosto in Alaska e sarà il primo del secondo mandato di Trump alla Casa Bianca. Il fatto che vi sarà un incontro è di per sé un fatto positivo, quando le due superpotenze nucleari dialogano il mondo intero respira meglio. Ma non è affatto detto che sia risolutivo: l’agenda è piuttosto fitta e sebbene l’Ucraina sia il punto di maggiore interesse politico e...
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La finta scoperta della Palestina

di Fabrizio Casari

Prima Parigi, poi Londra, quindi Toronto, forse Berlino. Sembrano essersi tutti convinti i governi europei e il canadese, di dover riconoscere la Palestina come Stato. Dunque con un procedimento formale, che include l’ufficializzazione delle relazioni diplomatiche bilaterali con tutto ciò che organizzativamente comporta, a cominciare dall’apertura dei rispettivi uffici diplomatici accreditati. C’è chi ritiene che l’iniziativa di per sé rappresenti un piccolo “strappo” nei confronti degli Stati Uniti, che hanno infatti già minacciato il Canada di ritorsioni ad ogni livello ove venisse confermato l’annuncio. Ma è solo teatrino, dargli valore sarebbe un ragionare tutto politicista, un machiavellismo di seconda mano, privo...
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di Michele Paris

Dopo mesi di complicate trattative, il governo afgano e quello americano hanno raggiunto domenica un accordo preliminare sulla partnership strategica che dovrebbe legare i due paesi per i dieci anni successivi alla data del 31 dicembre 2014, quando cioè le truppe di occupazione NATO abbandoneranno definitivamente il paese centro-asiatico.

Secondo i resoconti giornalistici, l’intesa è però più simbolica che sostanziale. Per cominciare, non è stato reso pubblico il testo dell’accordo, né è stata annunciata l’entità degli aiuti economici che gli Stati Uniti garantiranno a Kabul. Soprattutto, non si è accennato alla questione più delicata, vale a dire la permanenza di un contingente militare americano in Afghanistan dopo il 2014.

Quest’ultima condizione risulta fondamentale per Washington, il cui interesse è quello di rimanere a lungo nel paese, così da mantenere il controllo su un’area del globo con ingenti ricchezze energetiche e dove è in corso un’aspra competizione con Russia e Cina.

Un accordo più specifico tra USA e Afghanistan dovrebbe essere siglato entro qualche mese o, al più tardi, il prossimo anno, dopo ulteriori round di negoziati. È possibile che di fronte ad una serie di questioni spinose ancora aperte, in particolare quelle relative alla sovranità del futuro Afghanistan, e alla sempre crescente ostilità popolare verso gli Stati Uniti, le due parti abbiano deciso di procedere in maniera cauta, annunciando per il momento un’intesa di massima e lasciando la risoluzione dei dettagli più complessi ad una fase successiva.

In quest’ottica, un accordo su due questioni importanti era stato raggiunto nelle ultime settimane, riguardo cioè al trasferimento dei detenuti in mano americana alle autorità afgane e ai raid notturni condotti dalle forze speciali a stelle e strisce, ai quali è stata data una parvenza di legittimità secondo la legge locale pur lasciandoli sostanzialmente sotto esclusivo controllo statunitense.

I più recenti episodi che hanno provocato frizioni tra USA e Afghanistan e scatenato l’odio popolare verso gli occupanti, da ultimo la pubblicazione da parte del Los Angeles Times di alcune immagini con soldati americani in posa con i corpi smembrati di militanti afgani, non sembra creare troppi problemi al regime di Hamid Karzai, il quale necessita di una partnership a lunga scadenza con Washington, da cui dipende interamente per la propria sopravvivenza.

Parallelamente, un accordo di ampio respiro con il governo afgano è di primaria importanza anche per gli Stati Uniti, i quali dovendo fronteggiare una realtà sul campo in rapido deterioramento, nonostante le pretese di successo propagandate dai vertici militari, intendono assicurarsi una presenza stabile in quest’area del pianeta facendo affidamento su un governo fantoccio pronto ad assecondare i loro interessi strategici.

Questa realtà è come al solito ammantata dalla retorica della democrazia e della necessità di portare la libertà al popolo afgano. Così, nelle parole dell’ambasciatore americano a Kabul, Ryan C. Crocker, apparso domenica di fronte al Consiglio per la Sicurezza Nazionale dell’Afghanistan, “l’accordo testimonia dell’impegno americano per un Afghanistan unito, democratico, stabile e sicuro”.

In realtà, l’accordo e l’inevitabile prolungata presenza dei militari americani nel paese non porteranno ad una maggiore stabilità, ma produrranno al contrario nuove tensioni nella regione, dal momento che incontreranno l’ostilità di paesi come Iran, Pakistan e Cina. La finalizzazione della partnership, in ogni caso, rimane vincolata al ruolo che giocherà la resistenza talebana, soprattutto dopo il recente fallimento dei colloqui di pace con gli americani e il governo del presidente Karzai.

L’accordo annunciato domenica è stato redatto dall’ambasciatore Crocker e dal consigliere afgano per la sicurezza nazionale, Rangin Dadfar Spanta. Il testo passerà ora all’esame dello stesso Karzai, del parlamento afgano e della Casa Bianca, mentre diventerà effettivo solo con la firma dei due presidenti, verosimilmente in occasione del summit NATO in programma a Chicago per la fine del prossimo mese di maggio.

La bozza di intesa giunge pochi giorni dopo un altro vertice del Patto Atlantico andato in scena a Bruxelles e che ha visto gli Stati Uniti impegnati a raccogliere consensi tra gli alleati per stanziare il denaro necessario a mantenere le forze di sicurezza afgane. Qualche giorno prima, Karzai aveva chiesto agli americani di garantire la somma annua di 2 miliardi di dollari per questo scopo.

Complessivamente, l’esercito e la polizia afgana dovrebbero costare circa 4 miliardi l’anno e, oltre alla quota promessa dagli USA e a 500 milioni di dollari a carico del governo di Kabul, il resto dovrà essere reperito tra gli altri governi della NATO, in gran parte alle prese tuttavia con la persistente crisi economica e del debito.

Come previsto, l’annuncio dell’accordo di domenica è stato subito accolto duramente dai talebani, i quali in un comunicato ufficiale hanno elencato dal loro punto di vista i veri scopi della partnership, spesso cogliendo perfettamente nel segno.

Secondo gli studenti del Corano, il primo obiettivo del trattato è quello di “assicurarsi l’accesso ai giacimenti petroliferi dell’Asia centrale e del Mar Caspio”; seguono l’ostacolo allo sviluppo di un “movimento in favore di un governo autenticamente islamico”, l’instaurazione di un regime “secolare e liberale in Afghanistan”, la “creazione di un esercito ostile all’Islam e a protezione degli interessi occidentali” e la  “minaccia verso i paesi islamici della regione e l’impedimento alla creazione di legami politici e militari tra di essi e l’Afghanistan”.

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