Ue-Russia, contro legge e logica

di Fabrizio Casari

Truppe, armi e propaganda, ma non solo. I soldi, non mancano mai i soldi. Quando si volesse cercare un elemento simbolico per descrivere la crisi d’identità politica e di prospettiva dell’Unione Europea, ormai estensione statunitense, c'è la vicenda del sequestro dei beni russi a seguito del conflitto in Ucraina. La vicenda in sé, infatti, presenta una miscela di subordinazione ideologica,...
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Rafah e ONU, Israele al bivio

di Mario Lombardo

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato lunedì per la prima volta dall’inizio dell’aggressione israeliana una risoluzione che chiede l’immediato cessate il fuoco nella striscia di Gaza. Il provvedimento è passato con 14 voti a favore e la sola astensione degli Stati Uniti, che hanno rinunciato al potere di veto, provocando una durissima reazione da parte del regime israeliano. Per tutta risposta, Netanyahu ha annullato la visita a Washington di una delegazione che avrebbe dovuto discutere con la Casa Bianca la possibile operazione militare nella città di Rafah, al confine tra la striscia e l’Egitto. Questa iniziativa, dalle implicazioni potenzialmente devastanti, resta al centro dell’attenzione della...
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di Michele Paris

Dopo l’abbattimento di un aereo da guerra turco al largo della costa siriana venerdì scorso, la tensione tra Damasco e Ankara continua a rimanere oltre i livelli di guardia. Inizialmente, la reazione del governo di Erdogan era stata in realtà contenuta ma i toni si sono fatti più accesi a partire dalla giornata di domenica, con ogni probabilità in seguito a consultazioni con gli Stati Uniti, tanto che la Turchia ha chiesto per oggi la convocazione d’urgenza di un meeting tra i membri della NATO a Bruxelles per decidere la risposta da adottare nei confronti della Siria.

Secondo la ricostruzione delle autorità di Damasco, l’aereo turco, un jet F-4 Phantom, aveva violato lo spazio aereo siriano volando a bassa quota a pochi chilometri dalla città costiera di Latakia, non lontano dalla località di Tartus che ospita l’unica base navale russa nel Mediterraneo. Per gettare acqua sul fuoco, la Siria aveva subito dichiarato che l’incidente non rappresenta un attacco contro la Turchia, bensì “un atto in difesa della nostra sovranità”.

Da Ankara, subito dopo l’abbattimento, era giunta l’ammissione di un possibile sorvolo “accidentale” dello spazio aereo siriano durante una ricognizione di routine, mentre i due paesi si erano subito impegnati congiuntamente con squadre di soccorso alla ricerca dei resti del velivolo e dei membri dell’equipaggio.

Domenica, invece, Ankara ha optato per una linea più dura nei confronti di Damasco, sostenendo che l’aereo da guerra è stato abbattuto mentre sorvolava acque internazionali a 21 chilometri dalla costa siriana. Il Phantom dell’aeronautica turca era entrato brevemente nello spazio aereo siriano ma è stato preso di mira e neutralizzato svariati minuti dopo esserne uscito. Per Ankara, inoltre, le autorità siriane sapevano che l’aereo era turco e non avrebbero fatto nulla per mettersi in contatto con l’equipaggio.

Il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha così fatto sapere di aver chiesto una riunione di urgenza della NATO secondo il dettato dell’Articolo 4 del Trattato, che prevede consultazioni tra i 28 paesi membri quando uno di questi ultimi ritiene che sia minacciata la sua integrità territoriale, la sua indipendenza politica o la sua sicurezza. Com’è evidente, nessuna di queste minacce incombe sulla Turchia dopo i fatti di venerdì. Davutoglu, peraltro, ha evitato alcun riferimento diretto all’Articolo 5, secondo il quale è previsto un intervento armato dell’Alleanza quando viene attaccato un paese membro.

Come hanno dimostrato numerosi resoconti giornalistici in questi mesi, a ben vedere, l’ospitalità fornita dalla Turchia ai gruppi “ribelli” anti-Assad e il traffico di armi verso il confine meridionale grazie al finanziamento di Arabia Saudita e Qatar con la supervisione americana, appare se mai Ankara a rappresentare una chiara minaccia alla sicurezza e all’integrità territoriale siriana.

C’è da chiedersi, inoltre, quali sarebbero state le reazioni dell’Occidente e dello stesso governo Erdogan a parti invertite, cioè se un aereo da guerra siriano avesse invaso lo spazio aereo turco o di un altro paese della regione alleato degli Stati Uniti. In ogni caso, non è emersa finora alcuna evidenza del fatto che i turchi abbiano informato i siriani, come sarebbe stato opportuno, nel caso quella in corso venerdì sulle acque del mediterraneo sia stata effettivamente un’esercitazione, come sostiene Ankara. Una mancanza grave e foriera di conseguenze alla luce della profonda crisi che caratterizza i rapporti tra i due paesi vicini fin dall’esplosione del conflitto in Siria.

Ciononostante, dopo l’incontro di domenica con Davutoglu, il segretario di Stato USA, Hillary Clinton, ha emesso un comunicato ufficiale con il quale Washington ha condannato fermamente quello che è stato definito un “atto inaccettabile”. Sulla stessa linea d’onda è apparso anche il ministro degli Esteri britannico, William Hague, per il quale l’abbattimento del velivolo turco è stato un gesto “oltraggioso”. L’Unione Europea, a sua volta, ha condannato l’episodio e, nella giornata di lunedì, ha approvato una serie di nuove sanzioni contro Damasco nel corso di un vertice in Lussemburgo.

Anche se l’occasione è stata immediatamente sfruttata da alcuni governi per una nuova escalation dei toni contro il regime di Assad, la risposta di molti paesi è stata relativamente contenuta e si è risolta finora in un appello ad Ankara per mantenere la calma. Il meeting NATO di oggi contribuirà comunque a fare maggiore chiarezza su come i paesi membri intenderanno sfruttare l’incidente di venerdì per aumentare le pressioni su Damasco.

L’episodio del Phantom turco, secondo alcuni, potrebbe segnare una tappa importante nella crisi siriana e costituirebbe anche un messaggio esplicito lanciato alla Turchia, il cui governo islamista moderato è passato da poco più di un anno da una stretta partnership con Damasco - nell’ottica della cosiddetta politica di “zero problemi con i paesi vicini”, elaborata dallo stesso Davutoglu - alla dura condanna del regime di Assad.

Come ha scritto, ad esempio, la testata on-line Asia Times lunedì, l’abbattimento dell’aereo al largo di Latakia può mandare svariati segnali da Damasco verso la Turchia e i suoi alleati occidentali, tra cui quello che il sistema di difesa anti-aereo siriano è efficiente e letale, nel caso fosse nelle previsioni un’azione militare simile a quella riservata alla Libia lo scorso anno, e che Ankara sarà chiamata a pagare un prezzo se intende continuare a interferire negli affari della Siria.

A questo proposito, piuttosto esplicito è stato sabato il portavoce del ministero degli Esteri siriano, Jihad Makdissi, il quale, dopo aver smentito che il suo paese intende cercare un’escalation con il vicino settentrionale, ha affermato chiaramente che Damasco “vorrebbe che la Turchia cambiasse la propria posizione riguardo la Siria”.

Infine, l’azione della contraerea siriana di venerdì potrebbe essere stata sia una sommessa prova di forza da parte del regime di Assad, così da evidenziare i limiti della superiorità militare di Ankara, sia la dimostrazione di come la crisi in corso da oltre un anno in Siria potrebbe facilmente innescare un rovinoso conflitto regionale, con conseguenze pesanti per tutti i paesi vicini, a cominciare proprio dalla stabilità della Turchia.

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