Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Michele Paris

In un clima di violenza diffusa e con un dispiegamento di forze di sicurezza senza precedenti, nelle elezioni di sabato gli elettori pakistani hanno offerto una terza occasione di formare il governo del paese all’ex premier conservatore Nawaz Sharif. Il suo partito - Lega Musulmana del Pakistan-N (PML-N) - dovrebbe infatti conquistare circa 130 dei 268 seggi disponibili all’Assemblea Nazionale, staccando nettamente le altre due principali formazioni, il partito Tehreek-e-Insaf (PTI) dell’ex stella del cricket, Imran Khan, e il Partito Popolare Pakistano (PPP) attualmente al potere.

Al contrario di quanto avevano indicato gli sparuti sondaggi della vigilia, Nawaz e il suo partito hanno ottenuto una vittoria con un margine di vantaggio consistente, soprattutto grazie al dominio fatto registrare nella roccaforte del Punjab, frustrando le ambizioni del PTI di giocare almeno il ruolo di ago della bilancia nel dopo-elezioni.

Malgrado le minacce e le intimidazioni dei Talebani pakistani, l’affluenza è stata molto più alta rispetto al 44% del precedente appuntamento elettorale del 2008. Secondo un portavoce della Commissione Elettorale citato dalla BBC, tra il 60% e l’80% dei votanti si sarebbe recato alle urne nella giornata di sabato.

Anche le ultime ore prima dell’apertura dei seggi erano state segnate da violenze, con 11 morti e 40 feriti in un’esplosione nella megalopoli di Karachi contro una sede del Partito Nazionale Awami (ANP), formazione di ispirazione secolare facente parte della coalizione di governo uscente teoricamente di centro-sinistra. Altri attacchi terroristici sono stati poi registrati nella provincia sud-occidentale del Belucistan e nella città di Peshawar, non lontano dal confine con l’Afghanistan.

Numerose sono state anche le segnalazioni di brogli, soprattutto a Karachi, dove i risultati in decine di seggi sono stati invalidati.

Un delegato del PTI ha rivelato al quotidiano pakistano Express Tribune che le violazioni e gli abusi comunicati alla Commissione Elettorale sono stati più di 800. Anche per questo motivo, il dato definitivo del voto sarà annunciato solo tra alcuni giorni.

Relativamente deludente è stata poi la prestazione del PTI di Imran Khan, il quale secondo i media avrebbe dovuto beneficiare in termini elettorali della grave caduta da una piattaforma provvisoria, patita martedì scorso nel corso di un comizio a Lahore. Dopo una campagna elettorale basata sulla lotta alla corruzione e sulla necessità di cambiamento, trovando un qualche seguito tra i giovani e la borghesia urbana, il suo partito si è aggiudicato una trentina di seggi.

Il PTI, il cui leader ha escluso l’ingresso in una coalizione di governo con il PML-N, dovrebbe però conquistare il controllo della delicata provincia Khyber Pakhtunkhwa, situata al confine nord-occidentale con l’Afghanistan e teatro delle operazioni “anti-terrorismo” degli Stati Uniti, oggetto delle accese critiche dello stesso Imran prima del voto.

Sconfitto pesantemente come previsto è stato il PPP del presidente Asif Ali Zardari, il cui numero di seggi secondo le proiezioni dovrebbe essere di poco superiore ai 30, circa il doppio di quelli attribuiti al principale alleato di governo, il Movimento Muttahida Qaumi (MQM). Oltre al profondo malcontento provocato dai cinque anni di governo, segnati da politiche che hanno impoverito la gran parte della popolazione pakistana e dalla stretta collaborazione con Washington, il PPP e gli altri partiti secolari sono stati anche penalizzati dagli attacchi contro i loro candidati condotti dai Talebani, responsabili inoltre giovedì scorso del rapimento di uno dei figli dell’ex primo ministro, Yousaf Raza Gilani, anch’egli candidato all’Assemblea Nazionale.

A testimoniare il declino del PPP è stata la pesante sconfitta patita addirittura dal primo ministro uscente, Raja Pervaiz Ashraf, incapace di mantenere il suo seggio in Parlamento nel distretto di Rawalpindi.

Nawaz Sharif, da parte sua, è considerato non sufficientemente duro con l’integralismo islamista che opera nel paese, tanto che viene guardato ufficialmente con qualche sospetto dagli Stati Uniti e dall’Occidente. I suoi tentativi di ridurre l’influenza dei militari, tradizionale bastione dell’alleanza del Pakistan con gli USA, portarono inoltre alla sua umiliante deposizione nel 1999 - seguita dall’arresto e dall’esilio in Arabia Saudita - in seguito ad un colpo di stato che installò al potere il generale Musharraf, successivamente allineatosi alle richieste americane dopo l’invasione dell’Afghanistan nell’autunno del 2001.

Come ha evidenziato un’analisi del Washington Post di qualche giorno fa, Nawaz si sarebbe però ora trasformato in uno “statista maturo”, pronto a guidare il Pakistan in un momento in cui “la complicata alleanza con gli Stati Uniti appare sempre più vitale per combattere l’estremismo islamista e per portare a termine la guerra in Afghanistan”.

In altre parole, nonostante la retorica anti-americana utilizzata in campagna elettorale, Nawaz Sharif sarà pronto ad un accomodamento con il principale alleato di Islamabad, assicurando inoltre, vista la sua tradizionale predisposizione per politiche “business-friendly”, la prossima implementazione di misure economiche impopolari, come previsto dall’accordo in fase di definizione con il Fondo Monetario Internazionale per l’erogazione di un prestito di emergenza da 5 miliardi di dollari al Pakistan.

Il successo di sabato, tuttavia, non dovrebbe consentire al PML-N di Nawaz di contare su una maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, costringendolo a cercare alleati per formare il suo terzo governo del Pakistan, dopo quelli presieduti tra il 1990 e il 1993 e tra il 1997 e l’ottobre del 1999.

Anche se la stampa internazionale ha elogiato il Pakistan per il primo trasferimento di poteri della propria storia portato a termine in maniera pacifica e secondo le regole democratiche, il paese centro-asiatico continua a versare in una situazione di grave crisi economica e sociale, nonché a trovarsi perennemente sull’orlo della guerra civile e attraversato da violenze settarie.

Tornando al governo in Pakistan, dunque, Nawaz Sharif dovrà fare i conti con problematiche gigantesche, difficilmente risolvibili con un’agenda che prevede liberalizzazioni e deregulation in ambito economico, percorrendo inoltre un sentiero molto stretto tra le tensioni sociali crescenti, le pressioni americane e la volontà delle potenti Forze Armate di non perdere il ruolo di primo piano giocato durante tutta la travagliata storia di questo paese.

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