Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e in Europa. I quasi 61 miliardi appena stanziati non faranno però nulla per cambiare il corso della guerra e, se anche dovessero riuscire a rimandare la resa ucraina, aggraveranno con ogni probabilità i livelli di distruzione e morte nel paese dell’ex Unione Sovietica. La propaganda di governi e media ufficiali, scattata subito dopo il voto in...
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di Mario Lombardo

Nel fine settimana appena trascorso, il livello di discredito raggiunto dal sistema politico della Repubblica Ceca è apparso in tutta la sua evidenza dal fatto che il partito teoricamente vincitore delle elezioni di sabato ha incassato il suo peggiore risultato dalla divisione del paese centro-europeo dalla Slovacchia nel 1993.

A conquistare il maggior numero di seggi è stato il Partito Social Democratico Ceco (CSSD), il quale con il 20,6% dei consensi ha fatto registrare una flessione superiore al punto e mezzo percentuale rispetto al precedente appuntamento con le urne.

Il suo leader, il 42enne Bohuslav Sobotka, dovrebbe comunque ricevere l’incarico di formare un nuovo governo, anche se i 50 seggi conquistati dal suo partito sui 200 totali della Camera bassa del Parlamento di Praga renderà necessaria un’alleanza con almeno altri due partiti.

L’ago della bilancia potrebbe essere così l’Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO), fondato soltanto nel 2011 dal secondo uomo più ricco della Repubblica Ceca, l’imprenditore Andrej Babis. Questo partito di ispirazione populista ha saputo capitalizzare la profonda ostilità diffusa tra la popolazione per l’intera classe politica del paese, diventando il secondo partito ceco con il 18,7% e 47 seggi.

Il più probabile partner di governo dei Social Democratici rimane però il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM) che potrebbe entrare per la prima volta al governo dopo la caduta del regime stalinista nel 1989 e due decenni di isolamento politico. Il KSCM ha sfiorato il 15%, assicurandosi 33 seggi e la seconda migliore prestazione elettorale dal 1990.

A complicare gli scenari post-elettorali c’è il dichiarato rifiuto da parte dell’ultramiliardario Babis ad entrare in un esecutivo con partiti di sinistra, così che Sobotka potrebbe optare per la formazione di un governo di minoranza assieme ai Comunisti. Dopo il voto, tuttavia, Babis ha in quache modo ammorbidito i toni, affermando di essere intenzionato ad aprire ad un’iniziativa politica di Sobotka se dovesse essere rispettato il programma del suo partito.

Secondo gli osservatori, in ogni caso, la frammentazione del panorama politico ceco evidenziata dai risultati delle elezioni di sabato non farà altro che prolungare l’instabilità a Praga dopo mesi di tensioni e scandali che hanno scosso l’intero sistema.

Il voto del fine settimana, infatti, era stato indetto con svariati mesi di anticipo rispetto alla normale scadenza in seguito alla caduta nel giugno scorso del governo di centro-destra dell’ex premier, Petr Necas, coinvolto in un clamoroso caso di corruzione e intercettazioni illegali.

L’impopolarità del gabinetto guidato da quest’ultimo era però già risultata chiara nelle elezioni presidenziali del mese di febbraio, quando a imporsi sui cadidati di centro-destra era stato l’ex comunista ed ex socialdemocratico Milos Zeman.

I partiti di destra sono stati così puniti in maniera severa dagli elettori. In particolare, il Partito Democratico Civico (ODS) di Necas è passato dal 20,2% del 2010 al 7,7% di sabato, con un’emoraggia di 37 seggi. Sia pure anch’esso in netta flessione, meglio dell’ODS ha fatto il partito TOP09 dell’ex ministro degli Esteri Karel Schwarzenberg con quasi il 12% dei consensi e 26 seggi. Quest’ultimo partito conservatore, secondo alcuni, potrebbe anche diventare un possibile interlocutore di governo del CSSD, visto che i due partiti hanno recentemente dato vita all’amministrazione della città di Praga.

Oltre agli scandali in cui è stato coinvolto, il governo uscente - sostituito da un gabinetto provvisorio nel mese di luglio - e i partiti che lo componevano sono stati penalizzati anche e soprattutto per l’impopolarità delle misure di austerity messe in atto negli ultimi anni in concomitanza con il deteriorarsi della situazione economica della Repubblica Ceca.

Parallelamente, i socialdemocratici e i comunisti, anche se incapaci di suscitare particolari entusiasmi, hanno potuto limitare i danni grazie ad una campagna elettorale nella quale hanno proposto, tra l’altro, un improbabile aumento della spesa pubblica e delle tasse per i redditi più elevati.

Questi due partiti, in definitiva, hanno però ampiamente deluso le aspettative della vigilia, dal momento che i sondaggi pubblicati dopo la caduta del governo Necas avevano a lungo indicato per loro la più che concreta possibilità di ottenere una comoda maggioranza nella camera bassa del Parlamento ceco.

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