Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
> Leggi tutto...

di Mario Lombardo

Con un discorso al quartier generale dell’Unione Africana nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, martedì si è chiuso il viaggo in Africa orientale del presidente americano, Barack Obama. Prima dell’intervento che ha chiuso l’attesa trasferta, l’inquilino della Casa Bianca aveva visitato il Kenya, paese natale del padre, e successivamente incontrato il primo ministro etiope, Hailemariam Desalegn.

Il punto centrale dell’intervento di martedì è stato l’invito ai leader africani a rispettare le norme costituzionali dei loro paesi e a farsi da parte una volta esaurito il mandato assegnato dagli elettori. Il riferimento immediato è stato il caso del Burundi, dove una grave crisi politica è scoppiata lo scorso mese di aprile in seguito alla decisione del presidente, Pierre Nkurunziza, di candidarsi alla guida del paese per la terza volta.

La mossa di Nkurunziza aveva provocato accese proteste popolari e un tentativo di colpo di stato da parte di una sezione delle forze armate, dal momento che la Costituzione del Burundi prevede un massimo di due mandati. Nonostante le pressioni internazionali, il presidente ha però partecipato al voto di settimana scorsa, conquistando un nuovo mandato.

Nel discorso di Obama non sono inoltre mancati i riferimenti ai diritti umani, alla corruzione che pervade i sistemi di governo africani e alla necessità di combatterla, principalmente per creare un clima favorevole agli investimenti internazionali.

Nelle ore precedenti l’apparizione alla sede dell’Unione Africana, invece, il presidente USA aveva visitato una fabbrica etiope che opera nel settore alimentare, dove ha presentato una serie di iniziative del suo governo destinate teoricamente ad alleviare la fame nel continente.

Piuttosto controverso era stato poi l’incontro con il premier etiope, il cui governo - definito da Obama come “democraticamente eletto” - il presidente USA ha ringraziato per essere un partner fidato nella “guerra al terrore”. Le parole di Obama hanno suscitato parecchie critiche anche tra gli stessi sostenitori della sua amministrazione.

Il partito al potere in Etiopia - Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo (EPRDF) - nel mese di maggio aveva conquistato ogni singolo seggio in palio nelle elezioni parlamentari, universalmente considerate irregolari. Ben poco democratico è anche il sistema politico e la società dell’Etiopia, caratterizzati dalla regolare repressione degli oppositori e dalla censura dei mezzi di informazione indipendenti.

Obama ha comunque provato a lanciare qualche critica benevola a Desalegn, esortando il suo regime a tollerare il dissenso, ammettendo che in Etiopia resta ancora “parecchio lavoro da fare” sul fronte democratico ma riconoscendo le sfide e le difficoltà che questo paese deve affrontare dopo un lungo periodo di dittatura.

Al di là delle diatribe sulle questioni dei diritti umani e delle pressioni che Obama ha fatto o avrebbe potuto fare ai leader di Kenya ed Etiopia, entrambi i paesi visitati in questi giorni rappresentano partner strategici importanti degli Stati Uniti in un’area cruciale del continente africano.

I temi della sicurezza e della lotta al terrorismo islamista sono stati ampiamente discussi sui media di tutto il mondo, con al centro l’impegno dell’amministrazione Obama a sostenere lo sforzo di Kenya ed Etiopia soprattutto contro le milizie di al-Shabaab in Somalia.

Un’altra questione sull’agenda di Obama nel corso della visita di cinque giorni in Africa è stata poi la guerra civile che da oltre un anno sta insanguinando il Sudan del Sud, paese creato pochi anni fa su iniziativa degli Stati Uniti per indebolire il Sudan, importante produttore di petrolio il cui regime ha stabilito profondi legami con la Cina.

Il conflitto in corso ha provocato una vera catastrofe umanitaria e Obama ha cercato di rinvigorire gli sforzi diplomatici per una soluzione pacifica, mettendo però in guardia fin dall’inizio circa l’improbabilità di giungere a risultati concreti durante la sua presenza in Africa.

Se la visita dei giorni scorsi è stata promossa sui giornali ufficiali come una sorta di ritorno a casa per Obama o, tutt’al più, un tentativo disinteressato di consolidare la guerra al terrorismo, quest’ultimo aspetto nasconde in realtà ancora una volta la volontà americana di mantenere ed espandere il controllo su un’area strategicamente importante del globo.

I paesi dell’Africa orientale rappresentano infatti il punto d’incontro tra una vasta area ricca di risorse del sottosuolo e vie d’acqua attraversate da rotte commerciali vitali per l’economia mondiale, in particolare sul fronte delle forniture petrolifere.

Sia in questa regione che, più in generale, nell’intera Africa, gli Stati Uniti stanno cercando infine di contrastare l’espansione della Cina, la quale ha da tempo abbondantemente superato gli USA come primo partner commerciale del continente. I segni della presenza cinese in Africa sono ormai ovunque, inclusa la stessa Etiopia, e dal punto di vista economico è difficile pensare che Washington possa scalzare Pechino nel breve o medio periodo.

Per questa ragione, in Africa come altrove, gli Stati Uniti cercano di compensare l’influenza e il peso economico perduti a favore della Cina incrementando la propria presenza militare, giustificata da necessità di “stabilizzazione” e dall’infinita “guerra al terrore”.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Trump, intrigo a New York

di Mario Lombardo

Si è aperto questa settimana a New York il primo dei quattro processi in cui l’ex presidente repubblicano Donald Trump è coinvolto negli Stati Uniti. Il caso è quello collegato al pagamento alla vigilia delle elezioni del 2016 di una cifra superiore ai 130 mila dollari alla pornostar Stormy Daniels (Stephanie Gregory...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy