Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Michele Paris

La determinazione con cui il governo Socialista in Francia intende smantellare i diritti dei lavoratori si è risolta martedì in una nuova manovra anti-democratica che ha di fatto negato il voto dell’Assemblea Nazionale su un pacchetto legislativo dalle conseguenze enormi. Con un’iniziativa che dà al tempo stesso la misura della profonda impopolarità del presidente Hollande e del livello di crisi che attraversa la democrazia francese, il primo ministro Manuel Valls ha fatto appello all’articolo 49, paragrafo terzo, della Costituzione per forzare l’approvazione della cosiddetta “legge Khomri” di fronte all’opposizione di decine di deputati dello stesso Partito Socialista.

Il nome del provvedimento deriva da quello del ministro del Lavoro transalpino, Myriam El Khomri, e la sola presentazione di esso aveva scatenato settimane di scioperi e proteste in tutto il paese. Tra le misure più impopolari vi è in primo luogo la possibilità data ai vertici delle aziende di negoziare direttamente le condizioni di lavoro con i propri dipendenti, aggirando i contratti e le regolamentazioni nazionali per sfruttare la posizione di debolezza dei lavoratori. Inoltre, la nuova legge renderà più facili i licenziamenti e apre la strada alla cancellazione della settimana lavorativa di 35 ore.

Il governo francese continua a sostenere che la “legge Khomri” è necessaria per dare un impulso all’occupazione nel paese, anche se, come dimostrano i precedenti assalti alle conquiste dei lavoratori in altri paesi, la promozione della flessibilità corrisponde a precise politiche di classe e serve unicamente a consegnare maggiori poteri ai datori di lavoro, nonché a favorire i loro profitti.

Alla luce della fortissima opposizione tra i francesi, il governo aveva acconsentito ad alcuni modesti cambiamenti della legge, lasciando cadere ad esempio il tetto massimo di risarcimento che un giudice può ordinare per i lavoratori licenziati senza un valido motivo. Le modifiche avevano spinto gli industriali a ritirare il proprio appoggio al provvedimento, anche se esse non hanno fatto nulla per ammorbidire giovani e lavoratori. Un recentissimo sondaggio ha mostrato come il 78% dei francesi sia tuttora contrario alla “legge Khomri”.

Tramite l’invocazione dell’articolo 49 della Costituzione, il consiglio dei ministri può decidere di fare approvare una legge senza il voto della camera bassa (Assemblea Nazionale). In tal caso, la legge in questione passa direttamente all’attenzione del Senato e, in caso di approvazione, torna di nuovo all’Assemblea Nazionale, dove però il governo ha sempre la facoltà di appellarsi allo stesso articolo 49.

L’unica arma a disposizione dei deputati per bloccare la legislazione è a questo punto la presentazione, entro 24 ore, di una mozione di “censura” firmata da almeno un decimo dei membri dell’Assemblea. Il voto su tale mozione deve poi avvenire entro due giorni e, nel caso essa ottenga la maggioranza, la legge è respinta e il governo viene di fatto sfiduciato.

L’articolo 49 è stato utilizzato 84 volte dai governi francesi a partire dal 1958 e in nessun caso le mozioni di sfiducia che sono seguite hanno avuto successo. Ciò non accadrà nemmeno in questa occasione, nonostante le mozioni già presentate dall’opposizione di centro-destra, in quanto per ottenere la maggioranza avrebbero bisogno dell’appoggio di una sessantina di deputati Socialisti.

Questi ultimi, malgrado le proteste contro la legge, non hanno nessuna intenzione di precipitare una crisi di governo che, nell’eventualità di elezioni anticipate, manderebbe senza dubbio il Partito Socialista all’opposizione. Le ultime rilevazioni di opinione indicano infatti il livello di gradimento del presidente Hollande ben al di sotto del 20%.

Il colpo di mano di Valls e Hollande è dunque la prova dell’estrema debolezza di un governo che, dopo avere perso il sostengo di lavoratori, studenti e pensionati a causa di una lunga serie di misure anti-sociali, cerca in tutti i modi di mantenere una parvenza di legittimità facendo appello, peraltro senza nemmeno troppo successo, all’unica base di sostegno rimastagli, cioè i grandi poteri economico-finanziari domestici e internazionali.

Questa situazione non è nuova per l’esecutivo di Parigi, visto che già lo scorso anno era dovuto ricorrere all’articolo 49 per far passare in maniera forzata un pacchetto di legge sulle liberalizzazioni economiche, preparato dal ministro dell’Economia, Emmanuel Macron.

Il ricorso a simili manovre dimostra come le misure di austerity e di ristrutturazione in senso ultra-liberista dell’economia e della società, adottate dalla classe dirigente francese e non solo, non sono ormai più compatibili con le regole consolidate della democrazia parlamentare. La loro implementazione è perciò possibile solo grazie a scorciatoie anti-democratiche che rischiano però di aggravare le tensioni sociali già alle stelle, per non parlare delle conseguenze disastrose in termini elettorali che attendono partiti come quello Socialista in Francia.

La sostanziale assenza di scrupoli democratici e per la sorte dei lavoratori anche da parte dei “frondisti” Socialisti era già apparsa chiara all’indomani dell’approvazione della legge Macron, andata in porto senza conseguenze parlamentari per il governo. Le decine di deputati della maggioranza che si sono dichiarati contrari alla più recente iniziativa di Valls e Hollande sono ben consapevoli sia delle pressioni esistenti nel paese per bloccare la legge sia degli effetti rovinosi che essa avrà sul partito.

Tuttavia, la maggior parte di essi non è pronta a far cadere il governo, ma preferisce attaccare soltanto verbalmente Valls e perpetuare così la finzione dell’esistenza di un’opposizione interna all’austerity nel Partito Socialista, la quale, se anche presente, risulta evidentemente del tutto inefficace nonostante possa contare sul potenziale appoggio di milioni di francesi.

Mercoledì, in realtà, i partiti della sinistra all’Assemblea Nazionale hanno cercato di presentare una mozione di “censura” contro il governo, ma gli sforzi sono alla fine falliti per la mancanza di due firme sulla petizione. Secondo la stampa francese, i deputati Socialisti firmatari sarebbero stati appena una trentina.

Le organizzazioni sindacali e quelle degli studenti hanno intanto annunciato nuove manifestazioni e scioperi. La mobilitazione popolare è però andata relativamente scemando nelle ultime settimane in Francia, visto anche che varie sigle sindacali, pur opponendosi alla “legge Khomri”, hanno manifestato la loro disponibilità a negoziare cambiamenti al testo del provvedimento. Ciò ha indubbiamente contribuito a convincere il governo a procedere con la presentazione della legge e con il tentativo di imporne l’approvazione.

Le ultime vicende politiche in Francia confermano così il percorso verso l’inevitabile tracollo del Partito Socialista in vista delle elezioni presidenziali del 2017. Come ha già evidenziato il voto amministrativo dello scorso anno, a beneficiarne saranno inevitabilmente l’opposizione “moderata” e, soprattutto, l’estrema destra del Fronte Nazionale.

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