Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Tania Careddu

Dai duecento ai quattrocento miliardi di dollari. A tanto (e per difetto, se si considera che le stime sui proventi vengono calcolate sulla base dei soli sequestri effettuati) ammonta il business globale del narcotraffico. Il Calcolo è dell’ONU ed é basato solo sui dati provenienti dalla informazioni prodotte dalle autorità di polizia, che somma la quantità di droga in circolazione al prezzo degli stupefacenti nei vari Paesi.

Sulla scena ci sono tutti i protagonisti: produttori e intermediari, con i gruppi criminali che gestiscono le transazioni; quindi i consumatori, il cosiddetto "bacino d'utenza". Il narcotraffico, come altri business, segue l'onda delle trasformazione dei rapporti di forza e dei procesi economici che li generano. Il più significativo riguarda il messico, passato nell'ultimo decennio da paese distributore a paese produttore e distributore.

In Messico i Narcos producono e distribuiscono la maggior parte della droga circolante che invade il mercato degli Stati Uniti, primo paese al mondo per domanda. Poi c’é l’Afghanistan, centro fondamentale per la coltivazione e la produzione dei derivati degli oppiacei, tipo l’eroina, dove l’occupazione militare statunitense non pare limitare la produzione, che negli ultimi anni si è raddoppiata. Poi c’é l’Africa bianca ai primi posti per l’hashish e quindi l’Europa centro-settentrionale per le droghe sintetiche mentre Bolivia, Perù e Colombia sono tra i più importanti produttori di cocaina.

Alcuni corridoi nello schema del narcotraffico sono noti: l’Africa occidentale, dove i carichi di cocaina arrivano dal Sud America e vengono smistati verso l’Europa e in cui la principale porta d’ingresso è la Spagna. Poi ci sono gruppi specifici che gestiscono determinati prodotti: la mafia israeliana domina l’industria olandese dell’ecstasy e il suo mercato negli Stati Uniti; quella nigeriana si occupa del trasporto di cocaina dall’Africa all’Europa; i cartelli messicani dirigono la produzione e il trasporto negli Stati Uniti, il maggior consumatore mondiale di droga. Ci sono poi gruppi terroristici e paramilitari che garantiscono la protezione dei campi di produzione o dei trasporti, vedi il gruppo jihadista Boko Haram in Africa occidentale.

Ramificato, capillare, il narcotraffico è estremamente integrato nel sistema economico e sociale mondiale, tanto da essere finanziariamente rilevante per tanti Paesi: in Messico rappresenta un PIL occulto pari a quello ufficiale, al punto che la definizione di Narco-Stato risulta appropriata. Ma anche in altri paesi, sebbene a livelli minori, incide seriamente: in Bolivia, per esempio, dagli anni ottanta in poi questo tipo di commercio ha permesso una discreta crescita del PIL annuo; in Perù, il 15 per cento dei contadini dipende dalla coltivazione di coca e in Colombia.

Ma combatterlo con la militarizzazione e il proibizionismo, come hanno tentato di fare alcuni governi negli ultimi decenni, è una strategia fallimentare. Prova ne sia, dal lato dell’offerta di droga, il pugno di ferro in Messico è solo servito a superare gli equilibri precedenti e ha dato luogo alle lotte intestine tra i cartelli oggi alle prese con una maggiore parcellizzazione e con l’aumento esponenziale di terrore. Peraltro l’ampiezza e la profondità del fenomeno porta alla luce ogni giorno di più il ruolo di parti importanti delle forze di sicurezza e dei boss della politica che li dirigono e se ne servono per accumulare potere e ricchezze oltre ogni immaginazione.

I Narcos messicani, dispersi in gruppi ogni volta più feroci e audaci militarmente, hanno ormai surclassato anche i cartelli colombiani nella produzione e distribuzione ed hanno ampliato il loro raggio d’azione verso l’America Centrale e poi arrivando anche nel Cono Sud, ovvero investendo in pieno il Venezuela, l’Argentina e il Brasile.

Secondo uno studio realizzato nel 2011 e riportato nel dossier redatto dalla Caritas Il narcotraffico come una metastasi, le nazioni con il maggior consumo di droghe endovena sono il Brasile con cinquecentoquarantamila persone, il Cile con più di quarantaduemila persone e l’Argentina con quasi sessantaseimila, essendo pure il Paese con il più alto uso di cocaina di tutta l’America Latina. Che resta il continente responsabile di buona parte della quantità mondiale di tale droga, con 21 Paesi coinvolti su 24.

Ma il narcotraffico serve anche a ridisegnare politiche di controllo militare esterne e ad internazionalizzare il ruolo di organismi che operano ufficialemente contro il narcotraffico ma puntano soprattutto a controllare paesi e governi. la DEA ne è un esempio concreto. Difficile arginare un business che, nonostante tutto e solo per pochi, genera ricchezza, riscrive gerarchie e impone il comando dei nuovi poteri contro le vittime di sempre.

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