Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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Il popolo dei contribuenti, prima ancora di quello delle Libertà, ha plaudito all’evento come panacea di tutti i mali, contro un tributo considerato da molti vessatorio e ingiusto. Però i conti si fanno in genere con l’oste e i sindaci, come comprensibile, non hanno gradito molto lo sconto fiscale deciso a Roma, senza esserne nemmeno interpellati. I comuni, nella loro parziale autonomia operativa e fiscale, si basavano sull’imposta locale sugli immobili proprio come entrata principale e fondamentale per la copertura di molti dei servizi garantiti al cittadino: trasporti, asili nido, mantenimento di strade e uffici amministrativi. Appare quindi chiaro che, a partire dal Campidoglio fino ai piccoli municipi montani, i primi cittadini sono stati obbligati a imboccare serie misure come reazione alla detassazione voluta dal governo: ridurre o quanto meno ridimensionare i servizi erogati oppure provvedervi con altrettante entrate alternative, a partire da multe o innovative gabelle.

A giugno tutto questo, a costo di qualche mugugno, era cosa ormai digerita, quando nel cuore dell’estate, nella sera di Ferragosto, il più federalista dei ministri del governo, Umberto Bossi, dal tradizionale palco bresciano di Ponte di Legno, solleva di nuovo il problema. Promette di mettere le cose a posto: “L’Ici la rimetto”. Contro ogni ipotesi di accusa di appartenere al governo “delle tasse”, ha aggiunto pure che questa parziale retromarcia non sarebbe un aggravio per le tasche del contribuente, ma piuttosto un’azione legittima e in favore del cittadino. Il federalismo, suo ventennale cavallo di battaglia, impone che le regioni, le province e i comuni possano direttamente utilizzare i soldi delle comunità locali, senza interferenze di Roma o delle altre zone sprecone del Paese. Solo una fiscalità autonoma e indipendente, più vicina al contribuente, è la migliore garanzia che i tributi siano spesi solo e unicamente per il vantaggio di chi produce e paga le tasse. Sulla stessa lunghezza d’onda appare un altro ministro del Caroccio, Roberto Calderoli, che dal suo incarico di Semplificazione legislativa propone la decimazione del numero delle imposte, per una sola a unico vantaggio dei comuni, sgravando la collettività di inutili impasti burocratici e passaggi intermedi mangiasoldi.

Ancora non si hanno repliche ufficiali del premier o del suo “ragioniere” nonché più bossiano tra i berluscones, ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Però è facile capire che, all’indomani delle lodi di Newsweek sull’esemplare condotta del Berlusconi IV, queste affermazioni del Senatùr possano creare qualche mal di pancia all’interno della maggioranza. Ne sono esempio le prime affermazioni di Fabrizio Cicchitto e di Tommaso Foti, deputati del Popolo delle Libertà, che vogliono ribadire la differenza tra i tagli dell’attuale governo e le vessazioni tributarie volute dai vari Amato e Prodi negli ultimi anni.

Nascono quindi spiragli di alleanze trasversali, ipotesi di dialogo alternativo, se si considera che proprio città come Venezia o Torino hanno come primi cittadini, esponenti di punta dell’intellighenzia di Sinistra. Massimo Cacciari e Sergio Chiamparino, omologo ombra di Bossi come ministro delle Riforme, sono interlocutori obbligati, se la Lega vuol imporre i suoi diktat agli alleati di governo, trovando consensi al di là del guado. Però sia l’opposizione sia i sindacati sembrano profondamente contrari al ritorno al passato, dopo aver subito accuse su accuse del Cavaliere per aver fatto tirar la cinghia agli italiani, mentre lui in cento giorni ha abolito l’Ici e detassato gli straordinari.

Intanto si registra una prima importante reazione proviene dall’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dal suo vicepresidente, il sindaco di Ancora Fabio Sturani, che si mostra preoccupato dalle posizioni ondivaghe del governo, fino ad oggi poco attento alla stabilità economica dei comuni. Il carico funzionale, voluto dal federalismo sia di Sinistra che di Destra, non è oggi equilibrato da altrettanta autonomia decisionale e dalla possibilità di copertura finanziaria adeguata.

Comunque vadano le cose, il sole scotta ancora e Bossi potrebbe osare ancora di più. Se Famiglia cristiana avesse ancora da ridire sui provvedimenti fascisti e xenofobi del governo, il Nord potrebbe proporre la reintroduzione dell’Ici anche per gli enti religiosi, di cui Roma ladrona è ben fornita.
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