Ecuador: la "valanga" referendaria

di Juan J.Paz-y-Miño Cepeda

Il 21 aprile (2024), su iniziativa del governo di Daniel Noboa, presidente dell'Ecuador, si è svolta una consultazione e un referendum su 11 quesiti, tre dei quali riguardavano il ruolo delle forze armate nella lotta contro la delinquenza e la criminalità organizzata, a sostegno della polizia; altri tre sull'estradizione degli ecuadoriani, sull'aumento delle pene e sulla scontata esecuzione di...
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Zamora

di Sara Michelucci

Una commedia sagace che vede Neri Marcorè di nuovo alla regia con Zamora. Il trentenne Walter Vismara ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell'animo prima ancora che di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all'altro la fabbrica chiude e il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un'azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto. Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si...
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di Carlo Musilli 

Il primo destinatario di queste parole è naturalmente il Partito Democratico e il casus belli è la riforma dell'articolo 18. Dopo aver cancellato il concetto stesso di concertazione con i sindacati, ridotti a interlocutori occasionali con cui scambiare quattro chiacchiere di cortesia prima di imporre la propria linea, Monti sta ora svuotando di qualsiasi significato il ruolo del Parlamento.

Fin qui i tecnici bocconiani hanno operato sempre per decreto, blindando sistematicamente i testi con il ricorso alla fiducia. Le ragioni? Sempre le stesse: dobbiamo rassicurare i mercati, tempi certi e ridotti nell'approvazione dei provvedimenti sono fondamentali per non dilapidare la ritrovata credibilità a livello internazionale.

La riforma del mercato del lavoro arriverà però in Parlamento come disegno di legge ordinario. Il governo ha scelto di seguire questa strada dopo le consultazioni con il Presidente della Repubblica, che ha giustamente fatto notare come un decreto su un tema così delicato sarebbe stato visto come un colpo di mano politicamente inaccettabile. Il problema è che anche in questo caso sembra trattarsi più che altro di un gesto di cortesia: l'Esecutivo concede per una volta a deputati e senatori la possibilità di guadagnarsi lo stipendio, a patto che si tratti di una mera finzione. Tutto quello che devono fare è dire ancora una volta "sì", senza azzardarsi a modificare l'impostazione di fondo del Ddl.

Lo scontro si è acceso in particolare sui licenziamenti per motivi economici. La riforma Fornero cancella in questi casi la possibilità del reintegro per i lavoratori mandati via ingiustamente, che avranno diritto a un semplice indennizzo. Si tratta di una modifica che fa scivolare l'Italia a destra della stessa Germania: il famoso "modello tedesco" prevede infatti che il giudice possa scegliere fra indennizzo o reintegro in caso di licenziamento ingiusto sia per motivi economici che disciplinari. Senza contare che si applica alle aziende con oltre dieci (e non quindici) dipendenti e che dev’essere concertato con i sindacati. Ora, con quale faccia Bersani & Company potranno mai approvare una riforma del genere e poi pretendere il voto degli elettori di sinistra?

D'altra parte, Monti sa benissimo che nessuno dei partiti si prenderà mai la responsabilità di far cadere il suo governo. Tantomeno il Pd, che ha fatto delle divisioni interne un segno distintivo e al momento non riesce più a vincere nemmeno le sue stesse primarie. Senza contare che, prima di andare alle urne per le politiche, molti democratici sperano ancora nella riforma elettorale, che consentirebbe di allentare gli scomodi lacci del patto di Vasto con Sel e Idv.

Forte di questa consapevolezza, il Professore tira dritto, probabilmente anche perché cedere oggi al Pd sul fronte del lavoro lo costringerebbe a dimostrarsi in futuro altrettanto arrendevole con il Pdl sul capitolo giustizia, magari con l'abolizione di quel reato di concussione che dà tanto fastidio a Berlusconi nel caso Ruby. Non dimentichiamo però le ampie concessioni già fatte ai pidiellini nel decreto liberalizzazioni, da cui sono sparite in corso d'opera una valanga di norme che avrebbero danneggiato il bacino elettorale destrorso (tassisti in primis).

Nei sondaggi la popolarità di Monti sta inevitabilmente calando, ma questo era prevedibile. Il governo degli accademici può fare tranquillamente a meno del consenso popolare, ma i partiti che lo sostengono in Parlamento no. E fra poco ci sono le amministrative. Il Pd farebbe bene a ricordarselo. 

   

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