La controrivoluzione del presidente

di Michele Paris

La gigantesca legge di spesa voluta da Donald Trump è vicina all’approvazione definitiva del Congresso di Washington dopo che il Senato l’ha licenziata con il più ristretto dei margini nella notte di martedì. Nota come “Grande e Bellissima Legge”, quest’ultima farà aumentare ancora di più un debito pubblico già fuori controllo negli Stati Uniti, con implicazioni enormi sia sul...
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Come gocce d'acqua

di Sara Michelucci

Scava nell'intimo l'ultimo film di Stefano Chiantini, Come gocce d'acqua. Jenny (Sara Silvestro) e Alvaro (Edoardo Pesce) sono padre e figlia. Lei è una giovane promessa del nuoto, lui un uomo silenzioso dal cuore ruvido. Il loro è un rapporto idilliaco fino a quando Alvaro lascia Margherita (Barbara Chichiarelli), la madre di Jenny, generando una profonda rottura con la ragazza. Ma quando Alvaro viene colto da un malore che lo costringe a cure e assistenza quotidiane, Jenny non riesce a voltargli le spalle e quella che in apparenza è una situazione difficile da accettare e gestire si rivela un’occasione per scoprire verità nascoste, svelare i lati più celati di entrambi, provare a rinascere e crescere insieme. "Attraverso lo stile...
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Certo, ora l’ex Premier cerca di minimizzare, di tirarsi fuori. I voucher – dice – non c’entrano niente con il mio Pd, li hanno creati e potenziati i precedenti governi di centrosinistra. Vero, peccato che il renzianissimo Jobs Act abbia alzato del 40 per cento il tetto dei buoni lavoro, favorendone il proliferare.

Del resto, fino a ieri i voucher andavano bene a tutti, nella sostanza. Fino a ieri erano uno strumento utile a far emergere il lavoro nero, e pazienza se consentivano di pagare con degli scontrini migliaia di lavoratori che avrebbero avuto diritto a un contratto. Fino a ieri bastava giusto qualche correttivo, un tocco di cipria sul naso, bastava “aumentarne la tracciabilità”, per dirla con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. E oggi cosa è cambiato?

È cambiato tutto, a quanto pare. Venerdì il governo cancellerà i voucher, forse tenendoli in vita solo per le famiglie (il che equivale a eliminarli, come fa notare Tito Boeri, numero uno dell’Inps). E non proporrà alcuno strumento alternativo per retribuire i lavori saltuari. Un colpo di bianchetto e basta, addirittura via decreto, per fare prima ed evitare il confronto parlamentare. Perciò le opzioni sono due: o era sbagliato il Jobs Act, o è sbagliato quello che stanno facendo ora.

La risposta è la prima, ma non interessa a nessuno. Le motivazioni alla base di questo furore legislativo sui voucher non c’entrano nulla con il mercato del lavoro italiano. È tutta politica, e l’unico obiettivo è impedire il referendum del 28 maggio.

Non c’è da stupirsi: il renzismo è per sua natura indisponibile a farsi giudicare dai cittadini. Basti pensare che – come ammise candidamente Poletti – erano tutti pronti a far cadere il governo Gentiloni pur di rinviare il referendum sull’articolo 18, poi tolto di mezzo dalla Corte Costituzionale.

Sapevano che sarebbe stata una nuova Caporetto, un nuovo 4 dicembre. E ora la consultazione sui voucher rappresenta una minaccia simile. È per questo che i dem battono in ritirata: sanno che nella mente degli elettori questo nuovo referendum diventerebbe un giudizio sul Jobs Act e quindi, ancora una volta, su Renzi. E sanno benissimo che ne uscirebbero sconfitti.

Ma ovviamente il diretto interessato non ha alcuna intenzione di esporsi a un nuovo 4 dicembre proprio adesso. Come potrebbe continuare con la retorica del “rialziamoci”, del “rimettiamoci in cammino”, se prendesse un’altra batosta?

Senza contare che due mesi di campagna elettorale su un tema legato al lavoro rischierebbero di compattare e dare voce a quella cricca dispersa e corpuscolare dei fuoriusciti dal Pd. I ribelli che Renzi vuole “seppellire”, ipse dixit.

Alla fine, si risolve tutto in un’unica preoccupazione: evitare che gli italiani girino la testa verso sinistra. Non tanto per quello che troverebbero (Roberto Speranza…). Ma perché non troverebbero il Pd.

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