Le dichiarazioni e le notizie circolate nei giorni scorsi sul possibile prossimo impiego di militari NATO o di singoli paesi membri nella guerra in Ucraina hanno prevedibilmente aggravato il clima già rovente delle relazioni tra Russia e Occidente. L’ennesimo avvertimento del Cremlino a evitare ulteriori escalation dello scontro non hanno in apparenza prodotto alcun frutto, ma i vertici del Patto Atlantico e i leader maggiormente impegnati nelle provocazioni verso Mosca, come il presidente francese Macron, potrebbero rivedere le rispettive posizioni dopo la decisione di Putin di pianificare esercitazioni militari con armi tattiche nucleari.

 

La notizia è arrivata lunedì e il ministero della Difesa di Mosca ha collegato esplicitamente le manovre programmate alla necessità di “aumentare la preparazione” nel portare a termine “obiettivi di combattimento” in conseguenza delle “dichiarazioni provocatorie e alle minacce di alcuni leader occidentali”. Le armi “tattiche” nucleari si distinguono, ancorché informalmente, da quelle “strategiche” per dimensioni, capacità distruttive e gittata. La loro costruzione nel periodo della Guerra Fredda rispondeva alla richiesta di disponibilità di armi nucleari che potevano consentire una maggiore manovrabilità e per soddisfare obiettivi militari più limitati rispetto a quelle “strategiche”.

Sempre lunedì, il ministero degli Esteri russo ha poi convocato l’ambasciatore britannico a Mosca per avvertire il suo governo che qualsiasi eventuale bombardamento ucraino in territorio russo potrebbe essere seguito da ritorsioni contro obiettivi militari del Regno Unito, situati in Ucraina e non solo. L’ammonimento ha seguito le parole del ministro degli Esteri di Londra, David Cameron, secondo il quale l’Ucraina ha il diritto di utilizzare le armi fornite dal suo paese per colpire obiettivi dentro i confini russi.

Nei giorni scorsi erano state invece ancora una volta le parole di Macron a far discutere sull’opportunità di una partecipazione diretta delle forze armate occidentali nella guerra. Una “rivelazione” riportata da La Repubblica ha inoltre fatto conoscere la posizione semi-ufficiale della NATO sulla stessa esplosiva questione. uQuestQuestQueste uscite seguono uno schema abbastanza consolidato. L’Occidente alza cioè il livello della retorica bellica, con tutti i rischi del caso, quando la situazione sul campo per il regime di Zelensky si fa drammatica o, nello specifico, in concomitanza con il completamento di operazioni militari russe che rappresentano altrettante sconfitte strategiche per Kiev.

Non è quindi probabilmente un caso che il nuovo round di provocazioni coincida con l’annuncio da parte russa della liberazione della località di Ocheretino, situata a nord di Donetsk e considerata, come in precedenza Avdeevka, uno snodo logistico cruciale per le forze ucraine. Vicina a cadere sarebbe anche Chasov Yar, a ovest di Bakhmut, dove le truppe ucraine sono ridotte all’osso. A proposito di questa cittadina, scrive Analisi Difesa, il controllo su di essa da parte russa “aprirebbe la strada verso Kramatorsk e la conquista completa della regione di Donetsk”.

L’intervento di Macron è avvenuto tramite due recenti interviste. Nella prima, a The Economist, il presidente francese ha nuovamente affermato che “niente può essere escluso” riguardo l’invio di soldati francesi a combattere direttamente la Russia in Ucraina. Per Macron, una simile iniziativa sarebbe da prendere in considerazione se Mosca dovesse sfondare le linee ucraine e se arrivasse una richiesta di intervento da parte di Kiev. A giustificazione di un provvedimento suicida che rischierebbe di trascinare l’intera Europa in un conflitto rovinoso, l’inquilino dell’Eliseo ribadisce poi le solite accuse senza contesto contro Putin di essere l’aggressore e i rischi di una vittoria russa soprattutto per i paesi confinanti con l’Ucraina.

Come spiega il già citato articolo di Analisi Difesa, il ripetersi delle dichiarazioni di Macron su questo argomento, nonostante l’opposizione di quasi tutti gli alleati NATO e, ancora di più, dell’opinione pubblica francese, può essere in qualche modo collegato al tentativo di Parigi di sfruttare la “minaccia russa sull’Europa per far guadagnare alla Francia la leadership continentale”. Un obiettivo di lunga data di almeno una parte della classe dirigente transalpina, che ha evidentemente visto nella crisi russo-ucraina l’occasione per perseguire le proprie illusioni, puntando anche sul “fatto che [in sede UE] solo Parigi possiede un deterrente nucleare”.

Va però evidenziato che Macron, anche per via della ambizioni appena descritte, sente che l’umiliazione che attende la NATO e l’Occidente in Ucraina rappresenterebbe un colpo forse mortale alla credibilità di una leadership che ha investito enormemente in termini di risorse e di propaganda per far credere alle proprie popolazioni che la causa da combattere era giusta e che la Russia si sarebbe sciolta come neve al sole.

Truppe francesi sul campo in Ucraina potrebbero peraltro essere già presenti, oltre ai “mercenari” e ai “consiglieri” di cui si è avuta conferma qualche tempo fa. L’ex sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti, Stephen Bryen, dal suo blog ospitato dalla piattaforma Substack ha scritto nel fine settimana che Parigi ha inviato un centinaio di uomini prelevati dal Terzo Reggimento di Fanteria, definito “uno dei principali elementi della Legione Straniera francese”. Si tratterebbe della prima tranche di un contingente di circa 1.500 soldati destinati a sostenere lo sforzo della 54esima Brigata Meccanizzata ucraina nella città di Slavyansk, nel “oblast” di Donetsk.

Bryen si chiede legittimamente quali saranno le implicazioni di questa decisione dell’Eliseo in relazione al coinvolgimento della NATO, essendo un’iniziativa presa autonomamente da Parigi. La domanda ancora più importante ha a che fare con il genere di contributo che qualche centinaio o addirittura migliaio di militari occidentali possa dare alle forze armate ucraine allo sbando. Più in generale, lo stesso aumentato impegno NATO in Ucraina non farebbe che ingigantire le lacune mostrate in questi due anni di guerra di fronte alla solidità del sistema militare-industriale russo.

C’è quindi un problema militare prima ancora che politico. Sempre Analisi Difesa fa notare come abbia poco o nessun senso rimandare l’invio di truppe UE/NATO una volta che le linee ucraine saranno crollate. Se vi è la percezione che queste ultime siano in serio pericolo e le dichiarazioni come quelle di Macron riflettono l’esistenza di piani concreti, sarebbe opportuno inviare truppe NATO “subito per puntellare le postazioni difensive e respingere gli attacchi dei russi che ormai hanno successo lungo tutta la prima linea”.

L’impressione è evidentemente che a Parigi, così come a Bruxelles e a Washington, si continui a rilanciare con nuove provocazioni senza un progetto percorribile per evitare il tracollo ucraino e la vittoria di Mosca. Soprattutto perché questi due anni di guerra hanno mostrato in primo luogo alle cancellerie occidentali l’inadeguatezza dei loro sistemi bellici e di quelli industriali che dovrebbero sostenerli. L’unica strategia è così di continuare a inviare armi, di sollecitare la coscrizione di massa degli ucraini e di minacciare un intervento militare diretto che, oltre a invitare attacchi russi sul territorio dei paesi UE, finirebbe per indebolire ulteriormente la NATO e l’Europa.

In questo scenario si colloca l’articolo di Repubblica circa le “linee rosse” fissate dalla NATO, oltre le quali potrebbe materializzarsi appunto un intervento dell’Alleanza in Ucraina. La fonte “molto confidenziale” della notizia pubblicata domenica spiega, poco sorprendentemente, che il piano in questione è stato studiato in conseguenza dei timori crescenti per il possibile collasso delle forze di Kiev. Più probabilmente, la “rivelazione” è un’operazione di propaganda con cui, vista la situazione disperata, si cerca di mandare un messaggio a Mosca per scoraggiare o rallentare l’offensiva in corso minacciando un coinvolgimento diretto delle forze NATO.

In ogni caso, il primo paletto che la Russia non deve oltrepassare è l’ingresso di “soggetti terzi” nel conflitto, come ad esempio la Bielorussia. È chiara in questo caso la preoccupazione che l’apertura di un fronte al confine ucraino-bielorusso possa mettere sotto pressione ancora di più le forze di Kiev, minacciando uno sfondamento anche in questa direzione.

La seconda “linea rossa” si riferisce invece a possibili “provocazioni militari” russe contro la Polonia, i paesi baltici o la Moldavia. Anche qui, la realtà sembra essere un’altra, dal momento che Mosca non ha alcun interesse a condurre operazioni nei paesi citati, se non in risposta a reali provocazioni di questi ultimi con l’obiettivo di far scattare un attacco russo che potrebbe essere sfruttato come casus belli dalla NATO.

Tutto ciò resta comunque e almeno per il momento a livello teorico. Repubblica precisa infatti che “non esistono piani operativi che prevedano l’invio di uomini, ma soltanto valutazioni su possibili piani di emergenza”. Anche dal punto di vista politico, gli ostacoli a un invio di militari occidentali in Ucraina sarebbero notevoli, a cominciare dall’opposizione dei paesi più scettici verso le politiche ultra-provocatorie della NATO, come Ungheria e Slovacchia.

Un’iniziativa di questo genere, in definitiva, oltre a non aiutare in nessun modo l’Ucraina, rischierebbe seriamente di mettere in discussione la tenuta, l’utilità e l’esistenza stessa dell’Alleanza Atlantica.

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