A poco più di una settimana dall’assassinio dell’attivista ultra-conservatore Charlie Kirk, ha già fatto numerose vittime la caccia alle streghe ordinata dalla Casa Bianca contro i presunti mandanti e chiunque si azzardi a mettere in dubbio la versione ufficiale dei fatti o l’integrità morale del defunto sostenitore del presidente Trump. La conseguenza probabilmente più clamorosa di questa campagna repressiva costruita a tavolino dall’amministrazione repubblicana è per ora la cancellazione improvvisa del popolare show televisivo serale della ABC, Jimmy Kimmel Live!.

Il conduttore si è visto chiudere il suo programma dopo l’intervento dei vertici della rete, di proprietà della Disney, e di quelli del colosso delle telecomunicazioni Nexstar Media Group, a cui la ABC è affiliata, in seguito a una battuta del suo monologo durante la trasmissione di lunedì sera. L’opinione espressa da Kimmel sull’assassinio di Kirk non è stata in nessun modo provocatoria né lontana dalla realtà, ma ha anzi descritto piuttosto accuratamente il tentativo di strumentalizzazione da parte dei sostenitori di Trump dell’assassinio avvenuto mercoledì scorso nel campus di una università dello Utah.

Kimmel ha in sostanza affermato che la “gang MAGA” sta “tentando disperatamente” di dare un’immagine del responsabile della morte di Kirk che sia la più lontana possibile da come sono gli stessi sostenitori del presidente. E da questa rappresentazione del presunto assassino, il movimento MAGA cerca di ricavare i maggiori vantaggi politici possibili. Che sia in corso una colossale strumentalizzazione dell’assassinio è evidentemente fuori discussione, così come è innegabile il fatto che la Casa Bianca e gli ambienti ultra-reazionari a cui fa riferimento si siano precipitati a definire “di sinistra” gli orientamenti politici e ideologici del sospettato, il 22enne Tyler Robinson.

In realtà, quest’ultimo sembra più che altro ispirato all’ambiente dei videogiochi e della sottocultura dei social media, oltre che influenzato dall’inclinazione libertaria della sua famiglia, solidamente repubblicana, in materia di armi. Allo stesso modo, non è ancora emersa una motivazione precisa dell’assassinio, visto anche che Robinson non sembra per il momento intenzionato a collaborare con le indagini. La criminalizzazione della “sinistra” e del dissenso in generale è d’altra parte già in atto da mesi e si è intensificata dopo la morte violenta di Charlie Kirk, subito trasformato in una sorta di martire della “libertà di espressione”, presumibilmente da celebrare reprimendola senza il minimo scrupolo.

L’uscita di scena forzata di Jimmy Kimmel è stata immediatamente salutata con soddisfazione da Trump nel corso della sua visita nel Regno Unito. Punizioni simili per il mancato allineamento politico alla Casa Bianca sono auspicate ora anche per altri famosi comici che conducono show simili a quello di Kimmel, come Jimmy Fallon e Seth Meyers sulla NBC. A cadere sotto i colpi della censura nell’era trumpiana era stato peraltro già Stephen Colbert lo scorso luglio, quando la CBS aveva annunciato la cancellazione del suo The Late Show, ufficialmente per via del crollo degli ascolti. Secondo lo stesso giornalista, la ragione era invece la sua denuncia dell’accordo da 16 milioni di dollari siglato dalla rete con l’amministrazione Trump per chiudere una causa su un’intervista trasmessa dal programma “60 minutes” nel 2024 che il presidente non aveva gradito.

Se da un lato c’è il fattore della censura pura e semplice, che è parte integrante della deriva autoritaria in corso nel secondo mandato del presidente repubblicano, dall’altro c’è l’opportunismo e la vigliaccheria delle corporation americane nel settore delle telecomunicazioni. In linea generale, i vertici di queste ultime non vogliono mettersi contro un presidente che non tollera critiche o opinioni contrarie e che usa il proprio ufficio per colpire i rivali politici senza nessuno scrupolo, men che meno di natura legale. Da considerare ci sono però anche gli affari ed è appunto questo il caso di Jimmy Kimmel.

Il suo licenziamento è scattato dopo che Nexstar Media Group, proprietaria o partner di centinaia di stazioni televisive in tutti gli Stati Uniti, aveva annunciato lo stop alla trasmissione dello show sulle proprie reti. Questa corporation sta aspettando l’approvazione dell’autorità federale americana delle telecomunicazioni (FCC) per l’acquisizione da oltre 6 miliardi di dollari di un'altra società del settore: Tegna. Essendo la decisione di fatto nelle mani dell’amministrazione Trump, è evidente che i vertici di Nexstar non hanno intenzione di assecondare nulla che possa influire negativamente sull’esito del procedimento.

Proprio il numero uno della FCC, Brendan Carr, ostentando metodi quasi mafiosi, era intervenuto mercoledì mattina in un podcast di estrema destra per ordinare di fatto la chiusura del programma di Jimmy Kimmel, lasciando intendere che, in assenza di provvedimenti della ABC, la sua agenzia avrebbe avuto del “lavoro extra da fare”. Nell’arco letteralmente di poche ore è così arrivata la decisione di Nexstar Media Group, determinante per il provvedimento punitivo di ABC/Disney.

Il capo della divisione TV di Nexstar, Andrew Alford, ha definito “offensive e insensibili” le parole di Kimmel “sulla morte di Kirk”, visto anche il “momento critico per il dibattito politico” in America. Il commento sulla strumentalizzazione MAGA dell’assassinio, a suo dire, “non riflette la gamma di opinioni o valori delle comunità” in cui la sua società opera, così che la messa in onda del Jimmy Kimmel Live! “non è attualmente nell’interesse del pubblico”. Inutile rimarcare che “l’interesse pubblico” corrisponde in questo caso a quello finanziario di Nexstar, oltre che di quello politico dell’amministrazione Trump. Soprattutto, l’attacco a Kimmel si basa su una realtà totalmente manipolata, visto che il presentatore non ha nemmeno commentato le circostanze della morte del propagandista trumpiano, tantomeno in termini offensivi, ma si è limitato a descrivere, e in maniera corretta, l’uso politico che di essa sta facendo la Casa Bianca e il Partito Repubblicano.

Quello che sta accadendo oltreoceano sembra l’imposizione di una specie di “giuramento fascista” o di test di fedeltà al presidente o agli pseudo-principi MAGA, così da mettere a tacere qualsiasi voce contraria. Come accennato all’inizio, ci sono infatti molti altri esempi di sospensioni o licenziamenti seguiti a quelli che vengono caratterizzati come commenti “irrispettosi” sulla morte o la figura di Charlie Kirk. Il provvedimento più tempestivo è stato quello ai danni dell’analista politico Matthew Dowd, liquidato sommariamente dalla MSNBC a poche ore dai fatti per avere commentato l’ovvio in diretta TV, ovvero che le “parole di odio” di Kirk avevano potuto generare appunto un clima di odio e violenza.

Le società che hanno in questi giorni messo da parte dipendenti o collaboratori perché colpevoli di avere “festeggiato” sui social la morte di Kirk oppure denunciato le sue posizioni in molti casi oggettivamente fasciste sono numerose e tra le più note si possono citare United Airlines, Fox Sports e Nasdaq. Addirittura il Servizio Segreto, responsabile della sicurezza del presidente e dei vertici istituzionali USA, avrebbe degradato uno dei suoi agenti dopo che ha scritto un post in cui diceva – piuttosto correttamente – che Kirk era solito “vomitare odio e razzismo” nei suoi show.

Varie università hanno a loro volta licenziato o sospeso dipendenti o docenti ed espulso studenti sempre per avere pubblicato in rete post “inappropriati”. Il Washington Post di proprietà di Jeff Bezos ha infine anch’esso interrotto la collaborazione con l’opinionista Karen Attiah. La sua colpa: avere postato una citazione di Kirk nella quale sosteneva che le donne afroamericane, tra cui la ex first lady Michelle Obama e la giudice della Corte Suprema Ketanji Brown Jackson, non hanno “capacità cerebrale sufficiente per essere prese sul serio” e perciò devono “rubare qualche ‘slot’ a persone bianche”.

Questa campagna per distruggere la libertà di espressione garantita dalla Costituzione USA è apertamente incoraggiata o, per meglio dire, pilotata dalla Casa Bianca. A confermarlo è stata tra l’altro un’apparizione a inizio settimana sullo show via internet che curava Kirk del vice-presidente J. D. Vance. Quest’ultimo ha invitato a segnalare ai loro datori di lavoro tutti coloro che esprimono opinioni contrarie alla linea ufficiale sull’assassinio dell’attivista o che ne denunciano le posizioni ideologiche, chiaramente per favorirne il licenziamento o peggio. A fianco di Vance c’era il vice capo di gabinetto del presidente, il fascista Stephen Miller, il quale ha invece minacciato di scatenare tutta la forza dello stato contro le fantomatiche “reti terroristiche di sinistra” che starebbero dilagando negli Stati Uniti, a suo dire responsabili dirette della morte di Charlie Kirk.

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