Nella vicenda della Global Sumud Flotilla, il governo e il Quirinale sono entrati a gamba tesa, indossando la maschera del buon senso per nascondere il volto della complicità con Tel Aviv. Pare di assistere alla cerimonia dell’opposto, per la quale invece di ammonire Israele a non commettere azioni di guerra contro imbarcazioni battenti bandiere internazionali - a maggior ragione, per quel che ci riguarda, italiane e con equipaggi italiani - si invita questi ultimi a retrocedere.

Non è solo una questione di logica inversa, c’è una questione di merito giuridico e politico. Le acque antistanti Gaza sono palestinesi e, se non sono palestinesi (ecco a cosa serve l’esistenza di uno Stato, anche a disporre di un territorio, di uno spazio aereo e di acque territoriali ed ecco a cosa serve non riconoscerlo) sono internazionali, non certo israeliane. Se i palestinesi che ci vivono non possono rivendicare come acque proprie quelle della loro costa, meno che mai può farlo chi non dispone di nessun diritto ad occuparle. Nel 2024 la Corte Internazionale di Giustizia ha confermato, in un parere consultivo richiesto dalla Assemblea Generale dell’Onu, che il blocco navale imposto dagli israeliani a Gaza è illegale e va rimosso.

Peraltro, lo stesso Diritto consuetudinario, prevede con la Convenzione di Montreal del 1982, la possibilità di acceso ai porti in acque territoriali per passaggi inoffensivi. Il passaggio è inoffensivo quando non pregiudichi pace, buon ordine e sicurezza dello Stato costiero e viene così inteso quando vi è la necessità di prestare soccorso a persone o altre navi.

Lo Stato d’Israele, sebbene privo di confini, non può rivendicare come propri dei territori illegittimamente e illegalmente occupati con la forza, privi di qualunque riconoscimento formale da parte degli organismi internazionali. Dunque affermare come fanno Meloni, Tajani e Crosetto che la Flotilla potrebbe entrare nelle acque appartenenti a Israele, significa riconoscere in fatto ciò che non è riconosciuto in Diritto. Significa dire che l’occupazione militare di Gaza e le pretese coloniali dell’espansionismo sionista sono legittime ed in linea con i principi che regolano il Diritto Internazionale.

Per questo l’intervento dell’establishment italiano è scomposto, tipico di chi non può dire apertamente di stare con Israele ma che teme le ripercussioni di una sua azione che dovesse causare lutti che, visto il carattere pacifico e disarmato della Flotilla, si configurerebbero come crimine di guerra.

Un governo che fosse stato appena degno di questo nome ammonirebbe quindi Netanyahu a non mettere in atto azioni militari, quali che siano, contro cittadini e imbarcazioni italiani che sono, a tutti gli effetti, territorio italiano in navigazione nelle acque internazionali. Gli ricorderebbe che il suo posizionamento nelle 12 miglia di acque palestinesi è illegale, che il blocco navale non è accettabile perché illegale.

Un governo decente, non importa se sovranista o globalista, avrebbe scandito con nettezza come un attacco alle imbarcazioni con bandiera italiana sarebbe considerato un atto di guerra all’Italia e, come tale, riceverebbe adeguata risposta. Invece niente di tutto questo. Il governo italiano, con il suo garante internazionale al Colle, ammonisce chi pure rispetta la legge del mare e i trattati internazionali vigenti, a non provocare i pirati.

Mattarella, del resto, interviene per due motivi. Il primo è che si rischia che diventi così lacerante il doppiopesismo con Russia e Israele con parole, fatti e slogan, dal rendere politicamente ed eticamente insostenibile l'avventura militare europea di cui lui stesso è tenace partecipe e puntualissimo istigatore. Lanciare l’allarme NATO per aerei russi che transitano nei corridoi aerei internazionali vicino ai Baltici e minacciare risposte militari, mentre si tace sull’occupazione illegale e criminale di Israele a Gaza e dell’occupazione di acque internazionali, avrebbe bisogno di virtuosismi verbali indigeribili, tipo dire che ciò che i corridoi aerei vanno rigidamente osservati, ma nei mari vige la legge del più forte.

Il secondo motivo è che si rende ben conto di come un attacco israeliano alla Flotilla che dovesse causare vittime, diverrebbe una vera e propria ecatombe per l’establishment, vuoi per la complicità con Israele dimostrata dall’inazione in un caso (Quirinale) che dalla condivisione della mattanza israeliana reiterata dall’altro (Palazzo Chigi).

La Meloni, dal canto suo, intuisce perfettamente quello che rischia lei e il suo governo nel caso i suoi camerati israeliani causassero morti o feriti in una flottiglia pacifista con una fregata militare italiana che assistesse inerme ad un attacco in acque internazionali. Semplicemente andrebbe a casa perchè i riverberi della sua complicità diverrebbero intollerabili per restare a Palazzo Chigi.

Quello che persino una invasata egocentrica ha potuto constatare, è che la solidarietà italiana con i palestinesi è gigantesca per dimensioni ed inedita per oltrepassare qualunque barriera ideologica, politica e culturale. Gli italiani, normalmente atti a digerire l’indigeribile, provano un sentimento di solidarietà con Gaza che mai e poi mai il governo della famiglia si sarebbe aspettato. Di fronte alle immagini di bambini assassinati, ospedali distrutti e presa per fame di un popolo dicono basta. E’ per questo che la sorte della Flotilla sta a cuore a milioni di italiani, per quanto un presidente del consiglio nota solo per le faccette e il servilismo possa confondere il paese con il partito.

Per intuito politico e per camaleontismo, le uniche due doti che le vengono riconosciute, Meloni (che nel 2015 chiedeva in parlamento il riconoscimento immediato della Palestina) vorrebbe poter intervenire con altre parole, ma non può; la necessità di tenere unito il blocco fascista internazionale con a capo Trump, la vede obbligata ad assistere impotente a qualunque decisione prenda Netanyahu e quindi le resta solo la recita buonista verso la Flotilla per sperare di limitare i danni che deriverebbero dallo scontro con l’IDF.

Particolarmente striduli e fuori luogo appaiono i fascistelli inviati nei talk show e nelle trasmissioni radiofoniche e televisive a difendere l’onore nano del governo, adducendo i costi che sarebbero sobbarcati per scortare la Flotilla con una fregata della marina militare. A parte l’ovvia considerazione che se non ritiene di difenderla ma solo prestare soccorso tanto valeva inviare un traghetto della Moby Prince, si dimenticano di quello che è costato il volo di Stato per riportare lo stupratore assassino in Libia o i migranti a spasso nell’Adriatico per i capricci elettorali della Meloni. Della quale non si può non cogliere il doppiopesismo che la invade quando si tratta del che fare con le prerogative dello Stato in ordine alla difesa dei propri concittadini. La loro appartenenza politica decide l’impegno del governo. Se ti chiami Forti c’è l’aereo di Stato, se ti chiami Salis votano per processarti dall’amico Orban.

La Flotilla ha il diritto di essere difesa perché svolge un’azione politica e umanitaria di supplenza di fronte all’inazione del governo italiano, che mette in campo il suo sostegno attivo a Israele ed alla complicità europea, che arriva a proibire anche solo l’esposizione di bandiere palestinesi per non disturbare i fondi sovrani sionisti.

La Flotilla dimostra che c’è una diplomazia dei popoli che è indifferente alle regole della politica, ai rapporti di forza e agli equilibri internazionale. Espone i corpi a difesa del principio di giustizia e si appropria dei principi migliori, tra questi quello sacro della solidarietà. Su quelle barche come nei camalli di Genova c’è l’azione migliore di questi ultimi anni nel nostro Paese. E vanno difese. A qualunque costo.

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